Supermarket

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«che merda» sussurra Ben tenendomi al suo fianco, mentre rientriamo barcollanti e storditi in casa, dopo una furente serata passata in discoteca.

Aaron canta, è felice come non l'ho mai visto, tiene Emily sulle spalle e continua a ballare come se non fossero le 5 di mattina, e ci fosse ancora la musica a palla.

Ho passato la mia intera vita a sognare le feste in discoteca che si vedono nei film, e posso dire che non sarei potuta rimanere più delusa.

Ho odiato profondamente ogni istante di queste ultime ore, ed il che non è affatto da me.

Il caldo che c'era era bestiale, le persone stavano tutte appiccicate, e pur volendo ballare in pista, non riuscivo nemmeno a fare un movimento, che tutti mi salivano sopra.

Ben non mi ha lasciata un attimo, e sottolineo un solo attimo, e così hanno fatto gli altri ragazzi. L'invadenza che ho visto questa sera, non l'avevo mai vissuta in vita mia.

Persone che nemmeno conosci ubriache marce, che allungano le mani per toccarti, come fossi di loro proprietà. La cosa peggiore era quella sensazione di impotenza, che ti fa percepire il mondo così grande intorno a te, che sei solo una formichina senza potere ne forza di volontà.

Sara prima di partire mi aveva avvertita, lei che qui già c'è stata l'anno scorso, ma io avevo preferito non crederle, completamente sicura di poter gestire qualsiasi cosa.

Adesso posso dirlo con certezza: l'alcol è per le persone tristi, che ridono per circostanza, non capendo nemmeno dove si trovano. Chi è felice non ha bisogno di bere per divertirsi.

«balla con me» mi urla Aaron strappandomi da Ben, mentre io rido a guardarlo.

«c'mon baby»  continua allegro, ed io inizio uno stupido balletto senza senso con lui.

È ubriaco marcio direte voi, ha bevuto un solo bicchiere vi rispondo io. È rimasto così stordito dalla musica a palla, che ora si sente leggero tanto da poter volare.

Dopo circa 2 minuti di balli casuali salgo in camera mia, dove trovo Ben, che non si era fermato con noi in salone a fare festa.

«che merda...» sussurra di nuovo tenendosi le tempie.

«lo hai già detto» mi tolgo il fastidioso vestitino che indosso.

«lo so, volevo solo ribadirlo» chiude gli occhi, probabilmente infastidito dalle luci.

«non era ciò che immaginavo» vado a spegnere l'interruttore, e mi metto vicino a Ben sul letto, con la testa appoggiata alla sua spalla.

«vuoi veramente parlare di queste cose alle 5 di mattina?» si gira con il corpo nella mia direzione, ed avvolge un braccio attorno al mio bacino.

«si» sussurro impercettibilmente, facendogli fare un piccolo sorriso.

«cosa non si fa per chi si ama» sbuffa piano.

«dii quello che ti pare, ti ascolto» mi accarezza i capelli, posso vedere che fa fatica a rimanere sveglio.

«quando ero piccola avevo un amico...» ammetto sorridendo al ricordo.

«uno solo? Ti facevo più tipa da migliaia di amichetti» mi interrompe con l'intenzione di scherzare.

«questo era più importante di tutti gli  altri» gli spiego nostalgica.

«un giorno magari me lo presenti» mi dice con nonchalance.

«si, magari un giorno andiamo al cimitero insieme» annuisco guardandolo.

«cazzo non avevo capito scusa scusa-» farfuglia dandosi uno schiaffo in viso, facendomi fare una piccola risata.

«tranqui» gli accarezzo una guancia.

«si chiamava Cesare ed aveva 12 anni, io al tempo invece ero ancora all'asilo» mi tornano in mente migliaia di flashback.

Ben non mi interrompe, mi guarda serio, come se cercasse di cogliere dal mio volto ogni mia singola espressione, così da poterle salvare nella sua testa. Mi sembra quasi di essere tornata alla nostra prima chiacchierata seria, quel giorno così lontano, nel seminterrato di White.

«da quello che avevo capito, le psicologhe che mi hanno seguito per tutta la mia infanzia avevano spiegato a mia madre che io avevo creato un rapporto unico con mio padre, ma che avevo bisogno di creare un legame anche con lei, per far sì che la piccola me si sentisse a pieno in famiglia, e così mia madre ha deciso di portarmi a fare la spesa con lei» rido da sola per l'ultima parte, contagiando anche lui.

«il supermercato non mi piaceva, avevo solo 5 anni, e lo trovavo noiosissimo. Un giorno, per caso, ho fatto amicizia con un bambino, Cesare, lui abitava lì vicino, e andava nel parcheggio per divertirsi» continuo impassibile.

«all'inizio mamma era titubante, quale donna sana di mente lascerebbe sua figlia con un bambino di 12 anni completamente sconosciuto? Ringraziando il cielo la mia, altrimenti non avrei mai potuto incontrare una persona speciale come Cesare» mi prende la mano e la stringe nella sua.

«Cesare era sempre stanco, lo costringevo a giocare, però lui dopo 5 minuti era già stufo, e allora si sdraiava, all'inizio sul pavimento, poi col passare del tempo sul suo letto. Io continuavo a girargli intorno come nulla fosse, ridevo e mi divertivo, a volte mi fingevo medico, altre chef, maestra, o qualunque cosa io volessi essere, e lui era lì ad ascoltarmi» lascio cadere una lacrima, che Ben asciuga prontamente, come se non aspettasse altro.

«poi un giorno sono andata in vacanza, ed al mio ritorno Cesare non c'era più. Mamma mi aveva detto che si era trasferito in un posto più bello, io non gli avevo creduto, ma non potevo fare nulla. Pochi anni dopo ho incontrato sua madre, mi ha raccontato la verità: Cesare era morto quella stessa estate, il 18 agosto» finisco.

«settimana prossima...» sussurra Ben capendo il perché di questo ricordo improvviso.

«settimana prossima...» confermo io avvicinando la mia faccia alla sua.

«la vita è imprevedibile. Chi lo sa dove saremo domani? Ben io non voglio perderti per una cazzata madornale, Non voglio e basta...- provo a dire prima di venire interrotta.

«non ti obbligherò, sta a te decidere, però te lo chiedo, baciami» sussurra fissandomi le labbra sorridente, ed io non posso fare altro che esaudire questo nostro desiderio condiviso, ed unire le mie labbra con le sue, dopo un tempo che mi era sembrato interminabile.

Sono di nuovo a casa.

Lollypops #wattys202Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora