Benvenuto.

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Quella mattina il vento si tirava con sé tutto ciò che era appoggiato a terra e io guardavo tutto quel caos dalla finestra di una stanza serrata. La folla correva per prendere quei quattro biglietti di un treno gratis e io ero lì nel cuore gelato di un vecchio collegio in un posto di cui non conoscevo neanche il nome e che io preferisco definirlo "Santiago Del Cile".

Il collegio è un vecchio palazzo rovinato dagli anni, all'entrata c'è un cancello grigio, ma le suore lo aprono solo per necessità, come gite o provviste di cibo.

Più avanti c'è un altro portone marrone, facile da aprire ma zeppo di sorveglianza. I sorveglianti indossano una divisa color verde e un cappellino con su scritto il proprio nome e hanno tutti i capelli corti, perché Sorella Katrin vuole ordine, ordine e soltanto ordine.

Ci sono poi i corridoi di un colore bianco rovinato. Le finestre sono serrate e per guardare fuori puoi solamente ansimare di fronte al vetro, come faccio sempre io.

Noi ragazzi indossiamo una divisa.

A tutti noi è stato regalato uno stemma, c'è chi decide di metterlo e chi invece lo abbandona nel cassetto.

Io cosa faccio? Bene!

Io faccio parte della seconda categoria, abbandono tutto ciò che mi danno nel cassetto a destra della mia camera.

Si tratta di uno stemma color marrone, con un sole disegnato al centro. Non posso neanche immaginarlo che mi sale un nodo alla gola.

Odio il sole e odio le persone.

«Amore mio non devi stare in pena, questa vita è una catena, qualche volta fa un po' male. Guarda come sono tranquillo io, anche se attraverso il bosco con l'aiuto del buon Dio, stando sempre attenti al lupo! Attenti al lupo, attenti al lupo!» Comincio a cantare e a muovermi al centro della stanza.

Da piccolo ero divertente, solare e socievole. Mia madre con il suo compagno, mi hanno abbandonato qui quando avevo quattordici anni e ne ho versato di lacrime. Un giorno poi ho deciso di lasciarmi tutto alle spalle diventando aggressivo, qualunque cosa avessi tra le mani la rimpicciolivo in piccolissimi pezzettini e tuttora ho ancora questa mania e credo rimarrà sempre dentro me.

Però se devo essere onesto, non è andata proprio così, questa è la versione che racconto a chi chiede qualche informazione su di me. Anche se devo dire che non capita mai, io non parlo con le persone, non instauro legami, né amicizie e né rapporti.

«Ferdinando, ci sono delle regole qui. Non puoi cantare canzoni a tuo piacimento!» Urla Sorella Katrin, mentre si incammina con passo veloce verso il giardino.

Ho sedici anni, sono magro ma non sottile, le mie spalle sono abbastanza sviluppate. La mia pelle è chiara, tranne le mie guance che sono morbide e anche se ci sono 0° sono color rosso.

In questo collegio cerco di fare quasi sempre ciò che voglio, come ho sempre fatto al di fuori.

Mia madre non mi controllava perché il lavoro occupava la maggior parte del tempo ed io uscivo quando volevo.

In questo collegio regnano le regole e il rispetto, appunto fuori al portone c'è un cartello con su scritto "Rispetta le regole o", ma questo lo spiegano anche le sorelle ogni domenica mattina. Le chiamo in questo modo, ma in realtà sono suore e dal mio punto di vista rispettare le regole è una perdita di tempo.

«Ferdinando sei ottuso? Sta per arrivare un nuovo ragazzo. Metti in ordine questa stanza!» Urla di nuovo Katrin.

«Va bene, va bene.» Rispondo annoiato e mi lancio sul letto a peso morto, aspettando il nuovo arrivato.

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