Rabbia.

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Fernando.

«Apri questo scatolone!» Urla Markus.

«Ragazzi, aspettate... e se ci fosse qualche bomba?» Chiede Raul senza respiro.

«Una bomba? Ma ci sei?» Dico.

«Apri, non perdere tempo cazzo!» Cominciamo a scassinare lo scatolone.

«Un altro scatolo?»

«Un altro?»

Uno scatolo?

«C'è un altro foglio.» Markus mi porge un foglio rovinato.

«Ma basta, raga!» Rispondo, apro la bustina e comincio a leggere, mi scende una lacrima.

Conoscete quella sensazione di quando qualcosa vi segue per tutto il vostro percorso e non vi lascia vivere?
Purtroppo quest'avventura è terminata, nel migliore dei modi.
Avevate paura di provarci, di avventurarvi per paura di perdervi, fin quando qualcuno di voi ha creduto che ci fosse un tesoro e diciamocela tutta, davanti a dei diamanti nessuno rifiuta e sapete che vi dico? Siete davvero coraggiosi.
Prima di aprire lo scatolone, riunitevi tutti e sei e apritelo insieme.
Buona vita.
                                                     -Faccia triste.

«Dobbiamo riunirci, tutto il gruppo!» Aggiunge Raul.

«Non credo che resterete ancora per molto, qui dentro!» Risponde Markus.

«Ferdinando, per te c'è tua madre. Raul a te c'è tua zia!» Urla d'un tratto Sorella Katrin.

Che ci fa mia madre qui?

Io non ci torno a casa, neanche se mi puntano una pistola alla gola.

***

«Io non torno a casa!» Continuo a ripetere oramai esausto.

«Invece si, io sono tua madre e le decisioni spettano a me!»

«Ah si? E tutto quel tempo, chi prendeva le decisioni?» Chiedo ironico.

«Stai esagerando!»

«Non esagero, per niente!» Urlo.

«Io sono tua madre!» Urla più di me.

«Ed io sono tuo figlio cazzo, il tuo primo figlio...L'hai concepito da sola, non mi hai mai dato il latte dal tuo seno, non hai mai visto un film in cameretta con me, non sei mai venuta ad una mia recita, non mi hai mai visto giocare a pallone, non abbiamo mai pranzato soli, io e te.
No, ci doveva essere il tuo compagno, mi hai regalato una PlayStation per togliermi dalle palle, ti rendi conto?
Si?
Secondo me no, eri talmente ossessionata dai soldi, dal bene materiale, da un cantante, dall'amore verso il tuo compagno che non sei riuscita mai, neanche per un secondo...a guardare tuo figlio che ti supplicava con uno sguardo, di mangiare con lui un maledetto gelato.
Mi hai distrutto il cuore, mi hai riempito di complessi come se già non ne tenessi, mi hai fatto piangere a singhiozzi, quasi come sapevo di essere rimasto solo, non ho avuto amici, non ho avuto mai un abbraccio, non ho avuto mai, niente di niente.
Mi hai rinchiuso qui, quando ero ancora un bambino, quando avevo bisogno ancora di una figura materna, ti ho aspettato ogni notte, ogni secondo con la speranza che un giorno ti vedevo arrivare, magari di tutta fretta e distruggere quel muro che avevi creato.
Non ho mai smesso un giorno di pensarti.
Non ti sei mai comportata da madre e non puoi farlo ora!» Concludo ormai in lacrime, mentre lancio in valigia le mie cose, mia madre resta muta.

«Scusami» Aggiunge.

«Scusami? Quando tu non c'eri in casa... il tuo compagno abusava di me. Ero soltanto un bambino. Mi obbligava a fare cose che non volevo fare, mi minacciava, mi diceva che se non avessi fatto ciò che voleva lui, tu non ne saresti uscita viva! Sai cosa significa?»

«Cosa dici?» Alza lo sguardo restando immobile.

«Sì. È la verità!»

«Vieni via con me, ti prego. Mi farò perdonare!» Mi chiede piano.

«Il perdono? Vuoi il perdono da parte mia?» Continuo ad urlare.

«Ferdinando, ti prego!» Mi supplica.

«Chiamami Fernando, cazzo!» Urlo lanciando dei libri per terra, lei si porta le mani tra i capelli e sento dei singhiozzi.

«Perché piangi? Cosa diavolo piangi a fare?»

«Ti prego figlio mio, ti supplico, perdonami.»

«Basta, basta, basta, finiscila di blaterare. Vattene dalla mia stanza!» Urlo e comincio a portarmi le mani alle tempie per non sentire più nessun'altra parola. Sono stanco del suo essere la vittima della situazione.

«Fernando ti prego» Mi accarezza il braccio.

«Ancora? Devi smetterla, devi andartene da questa camera!» Le indico la porta furiosamente e chiudo la valigia.

Mi giro dandole le spalle e d'un tratto sento la porta chiudersi.                                                   

Respiro, respiro ma i miei occhi si posano sulla foto che ho sul davanzale, ci sono io da piccolo e così perdo il controllo. Comincio a dare di matto, prendo un libro alla volta e comincio a stacciarne le pagine.

«Ferdinando...» Mi chiama Raul.

«Che vuoi? Che cazzo volete tutti da me?»

«Ho visto tua madre piangere. Perché stai così? Perché sei così arrabbiato con lei?»

«Il fatto è che mi manca, mi manca così tanto. Mi manca la persona che odio più di me stesso, la persona che quando avevo ancora bisogno del suo affetto mi ha lasciato solo, senza importarsene. Sto male lo capisci? Mi manca mia madre, mi manca così e mi è mancata così tanto, così tanto che di notte piangevo a dirotto, a singhiozzo. Speravo in un suo ritorno, in un suo fottuto ritorno. Non c'è mai stata, Raul, mai. Mi ha distrutto.» Urlo e mi lancio sul letto.

«Ma lei vuole avere un rapporto con te, ora.»

«Ora? Che me ne faccio del suo rapporto ora? Vai a farti fottere anche tu.»  Continuo ad urlare e gli giro le spalle.

«La smetti? Vuoi smetterla di mandare tutti via?»

«Raul ti prego, io non posso esserti amico!»

«Ti voglio bene Fernando.» Esclama Raul, mi nascondo sotto le coperte e mi scappa un sorriso.

Qualcuno mi vuole bene.

In piena notte mi sveglio ma non riesco ad alzarmi, mia madre è inginocchiata al mio petto e dorme.


Ciao ragazzi, cosa ne pensate? Siamo quasi alla fine della storia.
Ferdinando perdonerà la madre?
Aspetto vostre risposte.

Al prossimo aggiornamento 😘

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