Chi è Zulema Zahir

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Zulema Zahir, questo è il mio nome. Sono nata al Cairo, in Egitto e l'arabo è la mia lingua madre. Mi considero una donna matura, sulla quarantina/cinquantina, non sto a dirvi di preciso la mia età. Il mio aspetto mi piace, ma non è sempre stato così; ho i capelli neri, di cui mi piace cambiarne la lunghezza, la frangetta da una vita e gli occhi di un verde strano, più vicino al marrone. Fin da piccola ho sempre avuto uno scorpione come animale da compagnia, un animale con il quale mi sono sempre identificata; lo scorpione è un animale freddo, che pensa solo a sé stesso, velenoso, letale, veloce, elegante...è sempre stato il mio porta fortuna. Ho deciso di partire dall'inizio, dove tutto ha iniziato ad andare a puttane, è qui che le cose si fanno interessanti. Più andavo avanti con la mia vita, più mi sentivo soffocare, perciò questa storia prendetela come un mio sfogo finale. Finii nei guai diverse volte ma l'influenza che Karim aveva sulle persone potenti, era alta perciò mi parava sempre il culo.
Avevo circa 12 anni, quando sono scappata da mia madre; mio padre se n'è andato quando avevo 2 anni per sposarsi una ragazzina di 13/14 anni...queste usanze sono una vera merda, è per questo che sono fuggita. Mia madre mi obbligò a sposare un uomo di 40 anni, non appena mi venne il mio primo ciclo, ma fortunatamente mi diedi una svegliata e qualche giorno dopo il matrimonio, mi tolsi il velo e iniziai a correre, il più veloce possibile. Dove andai? Da Karim, il fratello di una vecchia amica di mia madre. Loro vivevano al Cairo, in centro città, mentre io venivo dalla campagna, quasi a trenta chilometri. Mi feci tutta la strada a piedi pur di arrivarci. E perché proprio da lui? All'epoca ero una ragazzina ingenua e innocua e in giro si diceva che lui era un uomo forte e indipendente e che per guadagnarsi da vivere, sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa; era un gran lavoratore, coraggioso e onesto. Il che mi affascinava anche se tutte quelle cose erano ironiche. La sorella di Karim, aveva appena avuto un bambino, Hanbal, così pensai di poterla aiutare ad accudirlo in cambio di un tetto. Per mia fortuna accettarono, capirono la mia situazione e Karim mi disse che ormai mi considerava come sua figlia, si era deciso ad "istruirmi" alla sua maniera, per poterlo aiutare con tutte le cazzate che mi hanno portata fin qui oggi. Lui era la cosa più vicina ad un padre che potessi mai avere e per questo lo ringrazierò a vita.
Ed ecco che arrivò il giorno che mi cambiò radicalmente la vita. Un giorno sbraitai, avevo 17 anni ma nonostante questo Karim mi considerava ancora piccola per farmi "lavorare"con lui.
- che cazzo Karim, non sono più la bambina di 5 anni fa che venne qui a piangere da te...
- niente da fare Zulema, non puoi venire con me.
- se non mi insegnerai tu ad usare una pistola, allora lo farò da sola.
- non ti azzardare a toccare una pistola senza il mio permesso. Potresti farti del male.
- tu non mi dici cosa devo o non devo fare, chiaro? Sono scappata da mia madre proprio per questo e in più tu non sei mio padre.
- tu non sai a cosa vai incontro.
- credi che non sappia tutto ciò che fai? Credi che sia troppo piccola per accorgermi che fai lavori sporchi?
- io ti ho insegnato a cavartela nella vita, ma non a metterti nei guai; se insegui la mia strada finirai per rovinarti e io non voglio questo per te.
- solo perché sono una donna? Va' al diavolo!
Karim, nonostante abbia vissuto con lui per qualche anno, non capì fino alla fine di che pasta ero fatta. All'epoca dovevo ancora sbocciare, quindi non lo biasimo, ma il fatto è che sono sempre stata così, FORTE. Dovevo solo accorgermene.
Uscii di casa e incontrai un ragazzo del quartiere, che da un po' di tempo mi ronzava intorno. Era un tipo abbastanza carino, sui 25 anni, ma non faceva assolutamente per me; lo vedevo più come una specie di amico, anche perché sapeva tutto di me, di mia madre, eccetera. Lo consideravo simpatico, mi aiutava con le borse della spesa...pensate un po', era anche gentile; finché quel pomeriggio mi fece aprire gli occhi.
- tutto bene?
- lascia stare, in quella casa mi considerano ancora "piccola"
Dissi, mentre stavo accendendo una sigaretta.
- beh, io non ti considero piccola. Adesso fumi anche?
- non sono affari tuoi. E comunque fumo quando voglio e davanti a chi voglio. Non è che se sei un uomo, non posso fumare davanti a te...
- no, non volevo arrivare a questo. Andiamo a farci un giro in macchina? Ti va?
- sì, certo. Ho bisogno di distrarmi.
Dopo circa 5 chilometri, fermò la macchina e la parcheggiò in un posto un po' nascosto.
- perché ci siamo fermati?
- voglio un po' di tranquillità, io vengo sempre qui quando sono arrabbiato.
- ahhhh
Dissi ruotando gli occhi, con un'aria un po' annoiata.
- quando voglio stare tranquillo, solo e magari...con qualcuno di speciale per me.
- ok, allora possiamo anche andarcene.
- no aspetta, è così bello qui.
Iniziò a baciarmi, prima sulla guancia, poi sul collo.
- no, no, no, aspetta. Fermati.
Gli dissi. Ma lui continuò, non voleva fermarsi.
- adesso basta, hai capito male. Sto dicendo sul serio.
Non si fermò neanche per scherzo. Mi afferrò i fianchi e mi sbatté nei posti dietro dell'auto. Si fiondò su di me con tutto il suo peso e mi fece voltare. Mi afferrò di nuovo i fianchi e poi iniziò a toccarmi ovunque, in particolare il seno.
- lasciami! Lasciami, stronzo!
Continuavo a gridare mentre lui iniziava a sfilarmi i pantaloni e a sbottonarmi la camicia. Dopo qualche secondo, mi ricordai che eravamo in un posto desolato, nessuno poteva sentirmi, né tantomeno aiutarmi. Mi dimenavo ma non ero abbastanza forte da liberarmi. Ho sempre avuto un corpo fragile e in confronto ad un ragazzo di 1 metro e 80, non avevo chance. Rassegnata, cominciai a piangere in silenzio mentre lui mi violentava; in quel momento l'unica cosa a cui pensavo era 'quanto cazzo vorrei una pistola'. Poi mi resi conto che l'unica cosa importante era ammazzare quel figlio di puttana, lentamente, facendolo soffrire, come lui ha fatto soffrire me.
Quando tutto finì, lui si adagiò sul sedile e io mi affrettai a scendere dalla macchina. Una volta fuori, mi rivestii e corsi via. Dopo un'ora circa, tornai a casa.
- ti sembra l'ora per tornare a casa? È quasi pronta la cena!
Urlò Karim. Io non risposi e mi misi a tavola. Non parlai per rutta la sera e neanche nei giorni successivi. Una settimana dopo, lo rividi per strada; mi bloccai e dopo lo guardai dritto negli occhi. Non avevo paura perché la via era colma di gente che faceva acquisti nei negozi di alimentari. Cambiai strada, nella speranza di evitarlo ma lui mi chiamò.
- Zulema! Zulema!
- con quale cazzo di coraggio mi stai parlando? Vaffanculo, lasciami in pace.
- oppure? Che fai, mi denunci? Cosa dirai ai poliziotti, che sei stata stuprata? Pfff in un paese maschilista come questo...
- ti consiglio di smetterla amico.
- che paura mi fai...ah e ti consiglio io una cosa. Non fare cazzate ragazzina, perché altrimenti ti riporto da tua madre sollevandoti di peso.
- stronzate...
- no, no. Io e lei abbiamo fatto un accordo.
- che accordo?
- lo scoprirai.

Ciao a tutti sono Raya, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Personalmente mi sono divertita molto a scriverlo, soprattutto perché qui conosciamo le origini della nostra amata Zulema. Fatemi sapere cosa ne pensate e se trovate interessanti questi tipi di storie un po' rivisitate. Ciao e a prestooo!!❤️

Muore solo chi viene dimenticato (la storia di Zulema Zahir)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora