Prologo

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Prologo

Il suono dei passi che correvano veloci nel fango era l'unico rumore che si potesse sentire nella foresta notturna. La bambina saltava con agilità le radici e schivava i rami che le si paravano di fronte senza battere ciglio. Persino il suo lungo vestito bianco non le era di impedimento mentre compiva quelle difficili manovre. Le scarpe erano rimaste al castello, così come tutto ciò che possedeva, ma i suoi piccoli piedi non incontravano ostacoli mentre si muoveva immersa nella più completa natura.

Aveva paura, come avrebbe potuto non averne? Il trucco era continuare a muoversi, salto dopo salto, senza pensare, senza parlare, senza guardarsi indietro. Se l'avessero presa, la Regina Nera l'avrebbe sicuramente uccisa, o peggio, rinchiusa di nuovo. Mesi e mesi di terrore sarebbero stati buttati al vento e lei non avrebbe potuto far altro se non gridare.

Ancora.

Il rumore dei cavalli alle sue spalle le fece aumentare il passo, anche se ormai era allo stremo delle proprie forze.

"Da questa parte" Una voce risuonò nella sua testa.

Gli alberi sembravano volerle indicare la strada. Chiuse gli occhi e si fece guidare dall'istinto verso la parte più oscura della foresta. Le fronde degli alberi si smuovevano dietro di lei, come se una forza primordiale le avesse svegliate ed avesse permesso loro di muoversi dopo secoli e secoli di letargo.

Le urla strazianti dei cacciatori arrivarono dopo pochi istanti, ma la bambina continuò a correre senza distrarsi. Poteva sentire il suono delle loro ossa spezzarsi e del sangue strisciare nel terreno. Goccia dopo goccia. Poteva percepire l'odore di urina e lacrime di chi aveva capito che non ci fosse alcuna speranza di sopravvivenza.

Aprì gli occhi di scatto in preda alla disperazione ed inciampò in una fossa poco profonda nascosta da un mucchio di foglie secche. Provò a rialzarsi, ma una fitta alla caviglia la rispedì a terra nel giro di pochi secondi.

Le lacrime cominciarono ad annebbiarle la vista, ma provò comunque ad issarsi fuori con le mani da quella che stare per diventare la sua tomba.

Una volta fuori, fu assordata dal silenzio che la circondava: niente più pianti, niente più combattimenti, niente di niente. Le piante erano ritornate ad essere immobili e gli animali sembravano essere stati pietrificati nelle loro posizioni. Piccoli occhi la fissavano nel buio della foresta, ma non con intenzioni maligne: erano solo curiosi di sapere chi avesse interrotto la loro pace.

La bambina si lasciò cadere con lo sguardo rivolto verso il cielo e sentì le palpebre pesanti chiudersi contro la sua volontà. Il suo bel vestito bianco era ormai completamente squarciato e la treccia in cui aveva raccolto i suoi lunghi capelli bianchi si era sciolta.

Aveva paura. Era sola. Ma era libera. 

Endhor - La profezia perduta #Wattys2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora