Novembre.
"Se un giorno non mi vedessi più varcare la soglia della porta
come sono solita fare,
alza gli occhi al cielo turchese di un nuovo giorno
e cercami fra le stelle che accendono la luce delle volte celeste,
fra le odorose ginestre gialle che incorniciano le nostre colline.
Cercami negli occhi di chi ami.
Cercami nel silenzio del tuo cuore."Di certo non è proprio un bel giorno. Mi sento sola, oggi più di ieri, domani più di oggi.
Lo spirito di chi non c'è si fa sentire, e i miei occhi, appena aperti, non trasmettono nulla, se non paura e stanchezza.
Si, perché sono stanca, sono stanca di dover andare dietro a persone che mi impongono di fare cose. Ma ho anche paura, perché quelle persone non posso perderle, perché sono le uniche che mi rimangono, a parte mio padre.
Non ho un rapporto chissà quanto stretto con mio padre, è il solito rispetto tra padre e figlia che condividono un enorme vuoto e lutto.
Un lutto ch'è passato da anni, un vuoto che non si è mai colmato, che continua ad esserci senza una fine.
Questa sono io. Il giorno 2 novembre.
Il contatto con il pavimento gelido e i miei piedi mi fa rabbrividire, mi maledico per non aver indossato le calze ieri sera.
Ma ero così furiosa che mi sono rannicchiata sotto le coperte e ho lasciato che le lacrime mi divorassero del tutto. Intanto mio padre continua a urlarmi di scendere perché è tardi e non gli ho ancora spiegato il motivo per cui non andassi a scuola.
«Buongiorno.» annuncia lui, «'Giorno.» mormoro, «Allora? Perché non vuoi andare a scuola?» domanda sedendosi accanto a me, «Non riuscirei a sopportare una giornata del genere.» confesso, «Perché? Cece... dovresti andare, non puoi mancare.» mi spiega, «Non mi compiaci con quel soprannome.» ammetto turbata, «Non ho intenzione di provare a compiacerti, voglio sapere solo perché, sono tuo padre.» si affievolisce, «Ho litigato con Harry.» rivelo con lo sguardo perso nella piccola tazza di caffè, «Per-...» domanda prima di interromperlo, «Ho la necessità di andare da mamma, grazie.» dico alzandomi e dirigendomi in bagno per lavarmi e vestiti.Dopo un quarto d'ora esco di lì rigenerata e più fresca apparentemente, prendo il cappotto, il cellulare, la borsa ed esco. Il tragitto è silenzioso ma rumoroso allo stesso tempo. C'è questa pioggiarellina fastidiosa che batte fitta sui finestrini incessantemente.
«Ci vediamo dopo. Io sono a lavoro.» mi informa, io annuisco, scendo dall'auto e apro l'ombrello, lasciando mio padre preoccupato alle mie spalle.
Mi incammino impaurita e sola, estremamente sola, verso la cappella, lasciando la borsa una volta arrivata, «Celine. Ciao.» mi sorride flebile Anne, «Annie... che ci fai qui?» domando, «Volevo salutarla, e tu? Sei sola?» domanda confusa, «Si, papà è andato a lavoro, è venuto qui già ieri.» dico, «Capisco. Harry mi ha detto che avete litigato.» confessa dopo attimi di silenzio, «Ti dice proprio tutto, eh.» ridacchio, «Sai quanto tiene a te. Mi dispiace per ciò ch'è successo. Non sei andata a scuola per questo, vero?» domanda, «Tanti motivi, ma è uno tra questi anche.» mormoro, «Capisco, allora vi lascio sole, se hai bisogno di un passaggio sono qui, faccio un giro, basta un colpo di telefono.» mi sorride, «Grazie.» sussurro rimanendo definitivamente sola... come se non lo fossi già.
«Ciao mamma. Come va? Spero a te bene, perché a me no. Mi manchi tanto. Ho litigato con Harry come ben sai. Ma partiamo dall'inizio, ti staresti chiedendo perché giustamente, beh... Eleanor ha baciato Liam, il ragazzo nuovo, ed io per vendetta ho baciato Zayn. Ma in tutto ciò, tra me e Liam c'era un certo tipo di rapporto, hai capito, insomma. E ora mi sono ritrovata da sola perché Harry ha capito tutto. Cosa faccio? Se ora tu fossi qui sarebbe più semplice, avresti chiesto ad Anne di parlare con suo figlio, avremmo litigato dinnanzi a voi, mentre papà se la ride sul divano. E invece... tu invece non ci sei. Sai quante volte ho pensato di non farcela? Forse troppe, non so se lo sai. Ma di sicuro mi guardi, mi stai ascoltando proprio in questo momento mentre mi lascio impietosire. Forse è stata una cattiva idea non andare a scuola, papà dice così, ma io avevo bisogno di venire qui a parlarti e chiederti scusa, perché so per certo che non sei fiera di me, che sono una piagnucolona e competitiva del cazzo. Ti chiedo scusa perché sono stata assente, c'era solo papà mentre io studiavo e non riuscivo a ritagliarmi neanche un po' di tempo per te, ma ti giuro che il mio cervello pensava solo a te. Tutto era collegato a te.» concludo, «Rimarrei ancora ma credo sia il momento di andare. Veglia su di noi, sulla mia famiglia, e indirizzami verso la strada giusta, perché sono una testa di cazzo assoluta.» ridacchia, «Ciao mamma, a presto.» sussurro riprendendo la borsa e uscendo, afferro il cellulare dalla tasca e digito il numero di Anne, «Ehi tesoro, devo riaccompagnarti a casa?» mi domanda, «Se puoi, sì, grazie.» dico con voce rotta, «Arrivo.» risponde frettolosa per poi chiudere la chiamata.Attendo qualche minuto lì fin quando non arriva la donna, intanto il cielo si è schiarito e l'ombrello è asciutto.
Una volta tornata a casa decido di sistemare un po' la situazione, dando una pulita anche. Invio anche un sms a Niall, dicendomi che ha balzato scuola perché c'era l'interrogazione di geografia... che scemo.
L'ho invitato qui e a momenti dovrebbe arrivare, fortunatamente non sono sola, «Ehilà!» esclama, «Ciao Nì.» lo abbraccio, «Grazie per l'invito.» dice, «Figurati, anzi, grazie a te, non sto molto bene moralmente.» confesso, «Capisco.» mi sorride. Gli ho parlato della situazione ieri sera, una volta che tuti sono andati via. Non sapevo cosa fare e mi sono affidata Niall, riesce a farmi ridere anche se il mondo va in fiamme, «Ho trovato Anne al cimitero, Harry le ha raccontato tutto.» alzo gli occhi al cielo, «Ah si? Perché non si fa i cazzi suoi?» domanda retorico, «È normale, è sua madre, anch'io lo facevo.» lo difendo, «Tu vuoi mettere tutti in buona luce.» mi sorride, «È la verità.» ammetto sicura facendolo ridere.Ore 20:30
Niall è andato via qualche oretta fa, al momento sono sul letto e sto per rispondere alla chiamata di Zayn, «Celly!» esclama dall'altra capo del telefono, «Zee, ciao.» mormoro, «Come mai non eri a scuola oggi?» mi domanda, «Credo sia facilmente intuitivo.» dico, «Ho sentito discutere Liam ed Harry, quest'ultimo l'ha anche spintonato.» ammette sviando il discorso di prima, «Che dicevano?» chiedo interessata, «Harry era incazzato da morire, nero come il catrame, ha detto che ti ha solo usata, che non sei un oggetto» mi spiega, «E basta?» insisto, «Insulti vari. Dove sei?» mi domanda, «Sono a casa.» dico, «Non vieni alla partita?» chiede, «No, Zayn,» rispondo «Ma è la prima partita dell'anno, ad Harry farebbe piacere.» afferma, «Non mi interessa.» ammetto con tono serio, «Vabbè, ciao Celly, stammi bene.» dice chiudendo la telefonata.
Cos'ho fatto? Perché ho detto "non mi interessa"? Cosa mi prende? Le lacrime si fanno spazio tra le mie guance nuovamente, come se per oggi non bastassero. Comincio a singhiozzare rumorosamente, mentre il respiro si fa sempre più corto e le punta delle mie dita riescono a schiacciare malapena quel campanello d'emergenza.
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Between love and competition || One Direction
FanfictionSei sedicenni, tutti diversi tra loro, si ritroveranno ad incontrarsi al loro terzo anno di un liceo londinese. Come finirà?