Capitolo 61

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Interminabili minuti di silenzio riempiono la stanza, in cui io e Lele siamo ormai chiusi da più di mezz'ora, senza nemmeno guardarci.

Cerco di afferrargli la mano, ma lui si allontana un po' da me e, finalmente, fa incontrare i nostri occhi "Dimmi che non sei stato davvero tu" il suo tono è basso e tremolante. Mi distrugge sentirlo così, ma non ho idea di cosa stia parlando.

"Dimmelo Tancredi. Ti prego" gli accarezzo una guancia, ma lui si scansa, come se gli avessi appena dato la scossa "Perché mi stai facendo questo Emanuele?" I suoi occhi si riempiono di lacrime, che in poco tempo gli rigano il viso "L'hai spinta da quelle maledette scale, e adesso il mio bambino non c'è più"
il bambino è morto.

La mia testa cerca di realizzare quello che Lele ha appena detto, ma senza rendermene conto mi ritrovo sommerso dalle lacrime anch'io "Il bambino non può essere morto. Mi stai prendendo in giro" mi lancia uno sguardo che emana odio e disprezzo "Come se tu non lo avessi progettato" lo guardo e mi asciugo gli occhi "Ma che cazzo stai dicendo?" Si mette in piedi di fronte a me "Sapevi già che lo avresti fatto. Me l'hai detto, quel giorno prima di andare in radio, ricordi?" Immagini di quel giorno mi tornano in mente:

"Che devo fare? Devo dirlo che Aurora è incinta?" Gian e Diego lo guardano confusi, ed io prendo parola "È ancora troppo presto. Falle superare almeno i quattro mesi. È passato solo un mese, potrebbe pure avere un aborto settimana prossima. Come lo spiegheresti ai fan?"

"Io non ho fatto nulla" scoppia in una risata isterica "vuoi dirmi che non vi siete visti?" Abbasso lo sguardo "Ci siamo visti, si. Ma non le ho fatto nulla. Lei mi ha insultato e.." mi blocca "Sta zitto. Non voglio sentire le tue scuse. L'hai spinta per farle perdere il bambino e ci sei riuscito. Complimenti, sei stato bravissimo" milioni di lacrime riprendo a rigarmi le guance, e con gli occhi appannati mi metto di fronte a lui facendo unire i nostri occhi "Non puoi pensare questo di me. Io ti amo cazzo. Ti avrei lasciato stasera, per farti tornare da lei." Mi guarda male e con tutto l'odio del mondo mi dice una frase che mi distrugge ancora di più "Sei così falso.. Come puoi dire di amarmi, e subito dopo dire che mi avresti lasciato? Noi abbiamo chiuso Tancredi. Scordati di me" mi spinge facendomi cadere a terra, e senza dire nulla mi lascia lì, per terra, tra milioni di lacrime e singhiozzi.

Ancora a terra, lancio un urlo.

Mi ha distrutto, di nuovo.
Gli avevo detto che non ne sarei uscito, ma a lui non è importato.
Mi ha distrutto e l'ha fatto per sempre.
È arrivato il momento di scordami per sempre di Emanuele Giaccari.
Non so come farò. Ma devo farlo. Devo farlo per me e per lui. Da adesso non esisterà più un noi. Siamo solo Tancredi ed Emanuele, due ragazzi che si amavano, ma che adesso sono due perfetti sconosciuti.

La porta della stanza viene spalancata da Martina, che si precipita nella mia direzione e mi aiuta ad alzarmi "Che ti è successo Tanc? Perché sei ridotto così?" Il ginocchio che sanguina, le labbra distrutte dai morsi, gli occhi gonfi ed il viso arrossato non credo mi diano un bel aspetto. Ma il dolore più forte è quello che mi sta inondando il cuore. È come se un vaso di porcellana fosse stato distrutto e qualcuno si stesse divertendo a lanciarmi i pezzi proprio in quel punto, facendomi ancora più male.

Mi aiuta a risedermi e mi accarezza il viso "Parlami ti prego" abbasso la testa, non voglio parlare con nessuno.
Voglio stare da solo ed in silenzio.
Ho bisogno di solitudine.
Pura e beata solitudine.
Quella vera. Quella in cui nessuno viene a disturbarti. Quella che ti fa rendere conto di essere un completo disastro. Quella che pochi conoscono, ma che io ho conosciuto come le mie tasche.

Non le dico nulla, le indico semplicemente la porta, ma lei mi abbraccia "Ti prego Tanc, parlami. Dimmi qualcosa." Nego con la testa e mi lascio cadere lungo il letto.
Afferro il mio telefono e le scrivo un messaggio "Per favore, lasciami da solo" una lacrima le riga il viso, ma con il suo grande cuore in frantumi, fa come le ho chiesto.

Mi infilo le cuffiette e afferro un foglio:
Mi hai distrutto.
L'hai fatto di nuovo.
L'hai fatto senza darci nemmeno peso.
Ti avevo detto che sarei morto se l'avessi fatto, ma a te non è importato nulla.
Mi hai distrutto il cuore, e non perché mi hai lasciato, ma perché mi credi un mostro capace di distruggere la vita di un bambino non venuto neppure al mondo.
Ti sei fidato di lei.
Non hai voluto ascoltarmi.

Avrei dovuto aspettarmelo.
Sapevo che prima o poi lo avresti fatto, ma una piccola parte di me si illudeva che tu davvero ti fossi innamorato, solo che lei aveva ragione.
Era una semplice confusione,la tua. Nient'altro.
E quindi adesso siamo qui. Io distrutto sul bordo del baratro, e tu li, con lei.
Sicuramente la starai stringendo e le starai sussurrando che la ami.
Sei un fottuto bastardo.
Ti odio così tanto, ti odio soprattutto perché non riesco a smettere di amarti.
Vaffanculo. Te lo dico con il cuore.
Vaffanculo, va via da me.
Ti prego.

Appena appoggio la penna sul tavolo noto che la maggior parte delle parole sono state sfocate dalle mie lacrime.
Odio essere così vulnerabile quando si parla di lui. È una parte di me che detesto.

"Tancredi, devo darti le dimissioni" un'infermiere mi appoggia una mano sulla spalla facendomi sussultare "Va tutto bene figliolo?" Annuisco e mi metto in piedi, infilandomi la lettera in tasca "posso visitarti prima?" Annuisco e mi appoggio sul lettino.

Non dico ne faccio nulla.
Sono come un bambolotto.
Zitto e immobile.

Uscito dalla camera di quel ospedale mi dirigo subito a casa e mi butto sul mio letto.

Le lenzuola impregnate del suo odore mi fanno riprendere il mio infinito pianto, che alla fine mi porta ad addormentarmi, proprio lì. Su quel letto in cui abbiamo passato i nostri migliori momenti.

"Come niente fosse"/Tancredi Galli"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora