11. LA FOTO

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Capisci di essere sull'orlo della disperazione quando ti ritrovi a guardare una mosca, sopravvissuta alla fine dell'estate, come se fosse la cosa più interessante al mondo.

È questa la mia condizione, dopo aver trascorso le ultime tre ore e mezza davanti ad un odioso libro di storia romana.

Ma i romani, invece di avere nomi assurdi come "Tito Quinzio Flaminino", non potevano chiamarsi Pino e Gino?

Comunque, l'unica mia (magra) consolazione è quella di non dover sopportare da sola questa tortura.

Siamo tutti e sette raccolti intorno ad un lungo tavolo rettangolare, all'interno di una piccola sala appartata, immersi nel silenzio solenne tipico delle biblioteche.

Quando sono entrata, sono rimasta sconcertata dall'immensa quantità di libri.
File e file di scaffali straripanti di tomi e volumi che si susseguono in un labirinto di corridoi serpeggianti.
Il parquet d'ebano sembra inghiottire gli artigli di luce che penetrano dalle alte finestre ad arco, assorbendo sulla sua superficie scura i riflessi colorati dovuti ai vetri istoriati.

Io sono posizionata ad un'estremità del tavolo, con Kal alla mia destra che gioca di nascosto a tris da solo e Simon a sinistra che si raddrizza gli occhiali di continuo.

Di fronte a me, al capo opposto, c'è Klaus. Da quando si è seduto, non ha mai staccato lo sguardo dalle pagine, troppo concentrato nella lettura di un manuale sulle imprese di Giuliano l'Apostata.

Vi chiedete chi sia?
Beh, anch'io!

Per qualche ragione, continuo ad avere la sensazione che mi stia ignorando.
Che c'entri qualcosa con quel diario non tanto segreto?

«Arrivata da meno di ventiquattro ore e già spoglia Klaus con lo sguardo» sospira Kal rassegnato, distogliendomi dai miei pensieri.

Mi rendo conto solo adesso che devo averlo fissato ininterrottamente per almeno dieci minuti.
Ma l'ho fatto solo perché sto cercando di capire la ragione del suo comportamento, e poter decidere la mia vendetta.

Nient'altro.

«Non so di cosa parli. Stavo guardando la mosca che gli vola sulla testa» mento, indicando un punto a caso verso Klaus.

«È per questo che stai sbavando?»

Simon fa una piccola smorfia infastidita e stropiccia un angolo del libro. Chissà cosa gli ha fatto di male la biografia di Giulio Cesare...

Casualmente, gli occhi mi cadono sul foglio su cui Kal ha disegnato le piccole griglie per il gioco, e leggo il punteggio riportato: 5-1.

«Beh, almeno io non mi faccio battere a tris da me stessa».

«Se vinco sempre diventa noioso» risponde lui, scrollando le spalle.

Stamattina, il suo trucco è ancora più vistoso. Le palpebre sono cosparse di un ombretto azzurro, gli occhi sottolineati con una matita nera e le ciglia ritoccate sulle punte con del mascara dorato.

«Stai tranquilla, Keeley» soggiunge Eileen, sporgendosi oltre Simon. «Più della metà delle cameriere o delle cuoche più giovani della casa ci prova con Klaus. È normale».

«Non hai dimenticato qualcuno, sorellona?» Kal si schiarisce la gola, tamburellando le dita smaltate di un blu scurissimo sul tavolo. «Un certo bel ragazzo... affascinante... capelli neri...»

«Giusto! Anche Edric ha molto successo con le ragazze».

Kal le rivolge un'espressione imbronciata. «È chiaro che non sai riconoscere la qualità».

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