«Vuoi stare fermo, Indiana Jones?» sbotto infastidita, dopo l'ennesimo stridio metallico. «Mi fai venire voglia di strapparmi i timpani».
Klaus mi ignora e continua a strattonare la manetta che lo lega alla sedia. Sono dieci minuti che tenta, invano, di liberarsi e ha ottenuto solo di scorticarsi la pelle, divenuta violacea intorno al polso.
Nonostante il caldo opprimente che impregna l'aria, porta la giacca chiusa fino alla gola ed è pallido come un cadavere.Ci troviamo in una grande stanza bianca con un pavimento lastricato di piastrelle, così lucido e pulito che ogni granello di polvere risalta sulla sua superficie linda.
L'arredamento consiste in lunghi ripiani di legno, su cui sono esposte riviste e opuscoli, o espositori di vetro con libri voluminosi su cui torreggia la scritta "best seller".
Due file di sedie basse dai braccioli di ferro, le gambe inchiodate a terra, corrono parallele lungo le pareti laterali.
Con un distributore automatico pieno di leccornie, infilato in un angolo accanto ad una macchinetta del caffè, e un piccolo schermo che pende dal soffitto, potrebbe essere quasi accogliente.
Ma l'assenza di finestre, la luce accecante e spettrale dei lampadari a gocce e l'aria condizionata sparata al massimo rende l'ambiente chiuso e soffocante.Getto un'occhiata torva alla porta di mogano dietro la quale Adam Greyson è sparito, dopo aver ritirato ad entrambi il telefono.
Ciò che mi turba, però, è che ha preso anche il mio coltellino svizzero. Non voglio perderlo, non posso... è l'ultimo, forse unico, legame che mi resta con papà. La sola prova tangibile e certa, oltre i miei ricordi, che conservo di lui.Dato che mi hanno lasciata totalmente libera, non avrei esitato a fiondarmi dentro l'ufficio del direttore. Non soltanto per riprendermi ciò che mi appartiene, ma anche per pretendere delle spiegazioni.
Malgrado le mie domande assillanti, infatti, durante tutta la salita fino all'ultimo piano dell'edificio, l'unica risposta che ho ricevuto dall'uomo, capo della sicurezza, è stato un silenzio tombale.
Anche quando gli ho schiacciato un piede con lo stivale, non ha proferito parola. Si è limitato a stringermi la spalla, tirandomi davanti a sé per farmi stare ferma.Tuttavia, ad impedirmi di compiere quell'irruzione, è la donna che ci sorveglia, piantata vicino all'ascensore. Il suo atteggiamento impassibile mi ricorda una guardia reale britannica, che prende vita nel momento in cui mi avvicino troppo alla zona proibita.
Con uno slancio potrei farcela, senza dubbio, ma non ne vale la pena: sono piuttosto sicura di aver sentito la serratura scattare dall'interno.Torno a sfogliare la rivista, posata sulle mie gambe, limitandomi a scorrere le immagini. Poi un titolo attira la mia attenzione.
«"Come gestire i capricci dei bambini"» leggo, sollevando la testa verso Klaus. «Magari funziona anche con te».Di nuovo, finge di non sentirmi, troppo preso dalla sua lotta contro le manette.
«C'è scritto che non devo assecondarti e che devo trattarti come una persona adulta».
Klaus fa uno scatto violento e l'anello d'acciaio gli scava nella carne, lacerandogli il dorso della mano. Si lascia sfuggire un verso sofferente mentre una goccia cremisi gli scivola sotto la manica.
«Aspiri a diventare il nuovo Capitan Uncino, per caso?» Notando che non intende desistere, gli afferro il braccio sinistro e lo blocco. «Sei mancino. Potrebbe servirti in futuro, questo».
Per un secondo, i suoi occhi si incastrano nei miei e posso leggere il tormento che offusca il grigio delle sue iridi. Un dolore più profondo di quello fisico.
«Non toccarmi» sibila, distogliendo lo sguardo.
Malgrado la voce permeata di rabbia, ho la sensazione che sia più una richiesta disperata, che un ordine perentorio.
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Remember
Romance"Se hai smarrito la strada, segui la nostra costellazione segreta: il Lupo Bianco non ti lascerà mai sola e guiderà sempre il tuo cammino". Keeley Storm è una di quelle persone che gridano il loro dolore nel silenzio e nelle battute, che ti trattan...