25. IL NUMERO

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Edric è disteso sul divano di fronte ad uno dei televisori, profondamente addormentato, con la testa posata sul petto di Alaric, che gli accarezza i capelli corvini con dolcezza.
Nel sonno, i suoi lineamenti sono rilassati e, per la prima volta, il suo volto è sereno e pacifico.
Non c'è nessun altro, a parte loro.

«Solo un ballo, eh?» replica Eileen sarcastica.

«Posso spiegare! Non ho avuto scelta!» esclama lui, girandosi di scatto. «Edric era stanco, ci siamo seduti ed è crollato. Solo un mostro lo avrebbe spostato... insomma, guardalo! È adorabile».

«Deve essere stata una sofferenza atroce per te» ammicco scherzosa.

«Ti giuro che non ho approfittato di lui. Non l'ho neanche toccato». Poi si accorge che sta ancora giocherellando con le sue ciocche nere. «Va bene, sì. Ma non ho fatto nient'altro».

«Ric, lo so. Mi fido di te». Eileen si avvicina al fratello e lo scuote leggermente. «Ed, dobbiamo andare».

«No, sto bene qui» mugugna, accoccolandosi ancora di più contro il suo torace. «Tranquilla, lui è buono con me. Non mi farà del male come Daniel».

«Cosa significa, Eileen?» domanda Alaric sospettoso.

«Lascia stare».

Avvolgendolo con un braccio, il ragazzo stringe Edric a sé, quasi a volerlo proteggere. «Se quel bastardo di Daniel ha osato sfiorarlo, voglio saperlo».

Un'espressione disperata si dipinge sul viso di Eileen. «Non posso! Ho promesso ad Edric che non ne avrei parlato con nessuno!»

«Scusate» li interrompo. «Noi andavamo di fretta, giusto?»

«Cavolo, hai ragione! Se la mamma ci becca, siamo tutti morti!»

«Già, ed io vorrei arrivare ai diciotto anni, grazie».

Impieghiamo almeno cinque minuti a svegliare Edric e a costringerlo ad alzarsi. Alla fine, con gli occhi rossi e i capelli ancora più arruffati del solito, si rimette finalmente in piedi.

Alaric adagia la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi. «Non hai idea di quanto avrei voluto che tu fossi sobrio» sospira con malinconia. «Buon compleanno, cucciolo».

«Keeley». Eileen mi prende per il gomito, tirandomi in disparte. «Quello che hai visto... può restare tra di noi?»

«Gli altri non sanno che Edric è gay?»

Rimane a fissarmi con uno sguardo disorientato per un attimo, poi sbatte le palpebre, ridestandosi. «Come lo sai?»

«L'ho scoperto per caso» rispondo vaga. «Sinceramente, non mi interessa il suo orientamento sessuale».

«Neanche a me. Ma, per colpa di nostra madre, Edric si è convinto che sia una cosa sbagliata di cui vergognarsi» mormora Eileen in tono afflitto. «Non ne vuole parlare con nessuno, non ancora. Prima deve riuscire ad accettarsi da solo».

Le faccio un sorriso rassicurante. «Va bene, manterrò il segreto. Parola di Keeley».

Trascinando Edric con noi, torniamo nell'atrio adiacente al corridoio con gli armadietti e puntiamo verso Klaus e Kal, che ci aspettano fuori dalla porta spalancata, in cima alla gradinata.

«Keeley, aspetta!» grida una voce, facendoci girare.

Eileen sgrana gli occhi, orripilata. «Oh cazzo!» E si acquatta sul pavimento alle mie spalle, imprecando in tutte le lingue che conosce.

Con passo svelto, Jonas mi raggiunge e si ferma di fronte a me. Per quanto elegante, il suo completo candido è sgualcito e fradicio, tanto che i pantaloni gli fasciano alla perfezione le gambe, mettendone in risalto i polpacci robusti. Anche i suoi capelli sono bagnati e gli aderiscono alla fronte, neri e lucidi.
L'unico indumento asciutto sembra la giacca che indossa sopra la camicia che, grondante d'acqua, è diventata quasi trasparente e lascia intravedere i muscoli ben definiti del suo petto.

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