5. CLAN HALLANDER

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Alle sette e mezza in punto, Carol viene a chiamarmi per la cena e si offre di accompagnarmi in sala da pranzo.
Non ci penso neanche a rifiutare.
Non ho nessuna voglia di perdermi nei meandri della mia nuova casa, non quando il mio stomaco brontola come un disperato, stuzzicato dagli aromi di carne cotta e pane appena sfornato che aleggiano nell'aria.

Le parole di Alizée su mio padre mi riecheggiano ancora nella mente e la rabbia continua a farmi ribollire il sangue nelle vene.
Ma il pensiero di incontrare l'intera cucciolata degli Hallander riesce temporaneamente a scacciare qualsiasi sentimento che non sia la paura.
Per quanto mi sforzi di sembrare tranquilla, non posso fare a meno di asciugarmi le mani sudate sui jeans e mordicchiarmi il labbro.

Carol si accorge del mio nervosismo e mi appoggia una mano sulla spalla, rivolgendomi alcuni incoraggiamenti con un sorriso odiosamente comprensivo.

Ma nessuna banale frase sdolcinata presa dai baci Perugina potrebbe mai prepararmi psicologicamente a ciò che mi aspetta.

Appena viene aperta la grande porta di quercia a doppio battente, mi ritrovo osservata dal Clan Hallander al completo... o quasi.

All'estremità della lunga tavolata imbandita è posizionata Alizée Hallander, identica a come l'ho lasciata un quarto d'ora fa nel suo studio.

«Signorina Storm, sono grata che ti sia unita a noi finalmente» dice in tono sferzante, subito dopo il mio ingresso.

Per una volta, ho il buonsenso di non ribattere. Non ci riuscirei neanche volendo. Ho la gola così secca che mi sembra aver mangiato il deserto del Sahara.

«Ragazzi, questa è Keeley Storm. Vi avevo avvertiti che sarebbe arrivata domani, ma ha voluto farci una sorpresa e venire prima. Mi aspetto che la facciate sentire la benvenuta e parte della famiglia. Ora, presentatevi come si deve» ordina, scoccando uno sguardo ammonitore ad uno dei suoi figli, il più piccolo forse, che risponde con un sorrisetto sfrontato.

Mentre pronuncia queste parole, la voce di Alizée è autoritaria, decisa.
La voce di qualcuno che non chiede, ma pretende... ed è abituata ad ottenere.

Guardandoli, mi rendo che se c'è una cosa che tutti i figli di Alizée hanno in comune è la bellezza.
Sono tutti dannatamente attraenti.

«Io e lei ci siamo già, ehm, conosciuti» dice timidamente Simon, sistemandosi gli occhiali con un gesto imbarazzato.

Deve essere ancora traumatizzato dal nostro primo incontro.

«Io sono Eileen. Grazie al cielo, sei arrivata. Giravano troppi maschiacci in questa casa» esordisce l'unica ragazza presente, che sembra più un clone giovane di Alizée piuttosto che sua figlia.

Ha gli stessi occhi verde oliva dalle lunghe ciglia, stesso piccolo naso arrotondato, stessa spolverata di lentiggini sulle guance, stesse labbra sottilissime e stessi capelli ramati, che però porta sciolti sulle spalle in una fluente cascata di boccoli.

Deve essere gemella di Simon perché è praticamente la sua versione al femminile.

Nonostante l'espressione gentile, in lei c'è qualcosa che non mi convince.
Mi guarda in un modo strano... troppo strano.
Come se sapesse qualcosa che io non so... o forse sto diventando solo più paranoica del solito.

Il ragazzo seduto alla destra di Alizée, vestito con uno sfarzoso smoking con tanto di cravatta e pochette, si alza e si avvicina a me.

«William Hallander, ma puoi chiamarmi Liam» si presenta, baciandomi delicatamente il dorso della mano. «È un onore fare la tua conoscenza, signorina».

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