4. CRUDELIA DE MON

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Ci sono persone che quando sono nervose non pronunciano neanche una parola.
Altre che mangiano in maniera smodata.
Altre ancora che tremano come delle foglie al vento.

E poi ci sono io che comincio a parlare delle cose più disparate, spesso non collegate tra loro da alcun nesso logico, neanche fossi in preda ad un disturbo ossessivo compulsivo.

È ciò che mi succede mentre mi dirigo nello studio di Alizée Hallander scortata da Carol, che ascolta pazientemente i miei deliri con un sorriso più falso dei nonni costretti a fingersi Babbo Natale per accontentare i nipotini.

La governante è arrivata in camera mia una decina di minuti dopo che ero entrata, proprio per avvisarmi che la padrona di casa era pronta a "ricevermi".
Per fortuna, ho avuto il tempo necessario a trovare un nascondiglio sicuro per il mio prezioso scrigno. Anche se non mi sarebbe dispiaciuto potermi riposare un po' sul letto, prima dell'incontro con il, anzi la boss.

Quando sono uscita dalla stanza, di Simon non c'era traccia, e nel tragitto non abbiamo ancora incrociato nessuno dei suoi compagni di cucciolata.

«E non ti ho ancora raccontato di quando Alan ci ha provato con la mia vicina dell'appartamento di fronte» continuo a dire, allungando un'occhiata in tralice a Carol. «Mi stai ancora ascoltando, vero?»

Lei impiega un paio di secondi ad accorgersi che le ho fatto una domanda e fa uno scatto, come se si fosse appena riscossa da uno stato di trance.

«Sì sì, certo che ti ascolto».

«Ecco, comunque, quel volpone di Alan ha usato la scusa di aver finito lo zucchero per andare a chiederlo alla vicina». Scuoto la testa con disappunto. «Ma ci scommetto che voleva la sua patata, mica il suo zucchero».

Carol si schiarisce la gola, chiaramente a disagio.

«Hai capito cosa intendo con patata, giusto?»

«Oh, ehm, sì».

«Insomma, è quella che volgarmente potremmo definire fi...»

«HO CAPITO» si affretta a precisare.

«Salve» saluto una ragazza che sta spazzando il corridoio. «Noi parliamo di patate. E tu che fai? Ah già, lavori. Che domande».

Mentre la superiamo, Carol rivolge uno sguardo di scuse alla ragazza, che ha preso a fissarmi con aria sconvolta.

«Penso che questa fosse la ventesima cameriera che abbiamo incontrato» commento incuriosita. «Che fine ha fatto il resto della famiglia Weasley... cioè Hallander? Ormai comincio a pensare che siano una leggenda per spaventare i bambini».

«I figli della signora Alizée hanno un programma di attività molto rigido. Dalle cinque fino alla cena, prevista per le sette e mezza, è l'unico orario che possono dedicare alle attività ricreative che preferiscono» spiega Carol con voce intrisa di affetto. Chiaramente è molto affezionata a loro. «Alcuni devono essere usciti, altri saranno in giro per la casa».

«Beh, considerate le dimensioni della casa, non mi meraviglia che non li abbiamo trovati. Insomma, è talmente grande che si potrebbe giocare a nascondino in cinquanta e ne uscirebbe una partita più lunga di una di Monopoly».

«Comunque, puoi stare tranquilla che li incontrerai presto. Torneranno tutti per l'ora di cena, senza dubbio».

«Lo dici come se fosse un obbligo che prevede la pena capitale in caso di violazione» ribatto sospettosa.

«Ma no». Carol fa un gesto vago con la mano, come per scacciare quell'idea, ma la sua espressione la contraddice. «Solo che la signora Alizée è abbastanza...»

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