15. SMETTILA DI PROTEGGERMI

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Un uomo sta camminando verso di noi, avvolto dalla lieve bruma che sfavilla tra i riflessi argentei di una timida luna appena spuntata.
La sua figura è immersa nella penombra gettata da stracci di nubi scure che addensano il cielo, ammantato di un blu pallido.

Nonostante ciò, posso distinguere il suo volto invaso da ciocche ribelli di scuri capelli ondulati e una rada barba sul mento e sulle guance.
Il suo aspetto trasandato è accentuato ancora di più dai vestiti: un trench sgualcito sopra una giacca di tweed grigia stropicciata e la camicia con un lembo che sporge fuori dai pantaloni.
Deve avere all'incirca la stessa età di Alan, sui trentacinque anni o poco di più.

Si ferma davanti al cancello arrugginito del negozio d'antiquariato, con la borsa della spesa che gli sbatacchia contro la gamba.
I suoi occhi sono di un azzurro così intenso che sembrano brillare nel buio mentre li dardeggia su ognuno di noi.

Quando il suo sguardo imperturbabile si posa su di me, l'ombra di un sorriso affiora sulle sue labbra per un secondo.

All'improvviso, provo una sensazione di disagio, come se avesse il potere di farmi sentire in colpa pur non avendo fatto nulla di sbagliato.

Anche agli altri deve fare questo effetto.
Lo capisco da come Jack si affretta a liberare Klaus o dal modo in cui Raf si paralizza con la mano posata sulle parti intime.
Perfino Jonas si agita irrequieto, spostando il peso da una gamba all'altra.

L'unico che non appare minimamente in soggezione è Klaus che lo fissa con un'espressione ostile.

«Vi ho chiesto che cosa sta succedendo» ripete l'uomo in tono pacato. «Chissa perché, ma dubito che questa sia una conversazione civile».

«Giocavamo a tombola» borbotto, rialzandomi con la schiena intorpidita.

Questa sta ufficialmente diventando una delle giornate peggiori della mia vita!

Forse, sarebbe stato meglio rimanere con Simon al Lucky House.

«Stefan...» esordisce Jonas cauto.

L'uomo solleva l'indice. «Sono il professor Reed per te, al momento. Mi fa sentire più importante».

La sua voce di una calma glaciale, bassa e gentile, mi ricorda il silenzio irreale che precede un'esplosione.

«Un insegnante?» ripeto scioccata. «È come essere salvati dal tuo peggior nemico».

Il professor Reed mi lancia un'occhiata fugace e, accorgendosi delle mie ginocchia sbucciate, assume un'espressione corrucciata.

«Ti hanno fatto del male?»

«La ragazzina non l'abbiamo toccata!» si difende Jonas indignato.

«Oltre che poco cervello, hai anche la memoria corta» obietto ironica. «Ti sei dimenticato la parte in cui mi spiaccichi contro il muro?»

«E tu della parte in cui mi dai un calcio nelle pa... tra le gambe?» replica Raf torvo, massaggiandosi il punto in questione.

«Per quanto le usi, non sarebbe una grande perdita» commenta Jack divertito.

Il professor Reed appende la borsa della spesa, da cui spunta una baguette, ad una sbarra del cancello e si avvicina a Klaus, ancora inginocchiato a terra.

«Stai bene, Klaus?» chiede premuroso.

Lui si limita a voltare la testa dall'altra parte, senza rispondere.

«Se lo merita» ringhia Jonas. «E tu, Stefan, dovresti odiarlo più di noi per quello che ha fatto ad Elizabeth!»

A quel nome, il volto dell'uomo ha uno spasmo e sembra invecchiare di anni in un secondo.
Una ruga profonda gli si forma sulla fronte e i suoi occhi scintillano ancora più intensamente, accesi di una luce malinconica.

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