77. I PECCATI DEI PADRI PT.2

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Jason mi acciuffa prima che possa raggiungerlo, stringendomi la spalla così forte da farmi male. «Alt, ragazzina! Per quanto io sia uno strenuo sostenitore dell'amore, vorrei evitare scenette strappalacrime».

«Fanculo!» grido, dibattendomi nella sua morsa. «Se gli avete fatto...»

«Keeley» sibila Klaus. Solleva la testa, che prima gli ciondolava inerme sul petto, e mi fissa con un'espressione che passa in fretta dallo stordimento alla preoccupazione. «Keeley, stai bene?»

Mi viene quasi da ridere. È lui quello legato a una sedia, con un livido scuro sullo zigomo e il labbro tagliato, eppure il suo primo pensiero è che possano aver ferito me. «Oh sì. Anche tu in vacanza qui, biondino?»

«Non scherzare, Kee...»

«Niente chiacchiere» taglia corto Jason. «Ognuno di voi si metta in un cerchio».

«Jason, tutto questo è una follia». Ian divarica le braccia. «La colpa è mia. I miei figli, Klaus, Keeley... loro non ti hanno fatto nulla. Lasciali andare e prenditela con me».

Mio padre emette un verso sarcastico. «Grazie tante per avermi incluso».

«Ripeto: niente chiacchiere».

Appena ci siamo posizionati, Gregor toglie le manette a me e a papà mentre Lucas estrae una Colt e la consegna al loro capo. Con una rotazione del polso Jason scopre il tamburo dell'arma, che esce di lato, inserisce un proiettile in una delle camere vuote e lo fa ruotare.

Si gira verso di noi. «Le regole della roulette russa sono facili facili: io faccio le domande e voi rispondete, io vi dico cosa fare e voi eseguite. Se disobbedite, o dovessi avere anche il minimo sentore di una bugia...» Punta la rivoltella alla tempia di Klaus, che trasalisce. «Beh, vedremo quanta fortuna rimane al bastardo. Qualche dubbio?»

«Soltanto sulla tua sanità mentale» sibilo sprezzante.

Klaus si raddrizza sullo scranno, per quanto le corde glielo rendano possibile. «Ric è il mio migliore amico. Cosa credi che penserebbe di te, se sapesse che razza di persona sei?»

«Non lo saprà, e comunque non ha importanza. Non ho mai voluto un figlio, tantomeno con una donna».

«Mi dispiace, va bene?» interviene Ian disperato. «Ho chiuso la nostra amicizia perché ero convinto che fosse la cosa migliore anche per te. Io non ti avrei mai ricambiato...»

«Non ci arrivi proprio, eh?» Jason si gratta la mascella con la canna del revolver. «Non sono incazzato per la nostra amicizia, mica ho cinque anni. È stato il tuo fottuto opportunismo a darmi davvero fastidio».

«Cosa?»

«Quando quest'estate sei venuto a sapere del nascondiglio a Clayton della piccola Storm, chi hai supplicato di andare per trovare Maxwell e il registratore? Gladys? Alizée? No. Dopo avermi ignorato per anni, hai avuto il coraggio di venire da me» dice in tono gelido. «Loro, le donne che hai amato tanto, avrebbero mai fatto quello che io ho fatto per te?»

«Non ti ho mai chiesto di fare del male a Céline».

«Però ti ha fatto comodo. Inoltre, farmi la predica per aver ucciso Céline o Gladys sarebbe stato ipocrita da parte tua, considerato il ruolo che hai avuto nella morte di Elaine».

«È stato un incidente» balbetta Ian.

Klaus increspa le sopracciglia, ma resta a osservarmi in silenzio. Non ha distolto lo sguardo dal mio nemmeno per un istante e ciò ha contribuito ad allentare un po' la morsa di panico che mi serra il petto. Vorrei soltanto poter correre da lui e baciarlo, ma Gregor e Lucas sono piazzati ai lati della sala e sembrano non aspettare altro che un nostro passo falso.

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