Ottantadue.

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Staring at the ceiling in the dark

Same old empty feeling in your heart

'Cause love comes slow, and it goes so fast

Well, you see her when you fall asleep

But never to touch and never to keep

'Cause you loved her too much, and you dived too deep

Passenger


La macchina era immersa nel silenzio. Nikola la stava riaccompagnando all'hotel, la radio era spenta e Alessia non sapeva cosa fare.


Subito dopo il match si erano recati in un pub poco distante dal palazzetto per mettere qualcosa sotto i denti. Nikola era affamato e aveva immediatamente cominciato a mangiare, mentre lei era rimasta immobile a fissare il suo piatto, senza neanche vederlo. 

Quando il palleggiatore se ne era accorto le aveva domandato se stesse bene, e lei lo aveva rassicurato. 

<<Non hai ancora aperto bocca>> le aveva fatto notare lui.

La ragazza aveva cominciato a balbettare, in imbarazzo.

<<No... Cioè, sì...>>

Che ci poteva fare? Era nervosa e agitata, sentiva un nodo alla bocca dello stomaco.

Nikola aveva posato la forchetta e l'aveva scrutata attentamente, poi aveva abbassato gli occhi.

<<Mi dispiace>> aveva iniziato. <<Immagino che per te debba essere difficile. Io non mi sentivo così vivo ed emozionato da molto tempo, ma evidentemente per te non è lo stesso>>

La giornalista si era morsa la guancia, tentando di trovare le parole adatte e cercando di non deluderlo.

<<La tua richiesta di ricominciare è stata un fulmine a ciel sereno, ormai mi ero rassegnata a vivere senza di te. Non è facile decifrare quello che sento, tuttavia ci voglio provare. Ma non posso riuscirci in poche ore>>

Nikola aveva annuito e aveva ripreso a mangiare. Lentamente, anche Alessia aveva svuotato il suo piatto. Nessuno dei due aveva più parlato finché non erano usciti dal locale.

L'aria, nonostante fosse primavera, a Milano era ancora fresca, e il giovane si era offerto di riportarla al suo albergo in auto.


Ed era così che si erano ritrovati seduti uno accanto all'altra, ognuno perso nei suoi pensieri. 

Alessia si costrinse a guardare il palleggiatore: quel silenzio la stava sfiancando, non ci era abituata. Non era mai stato così tra loro, non c'era mai stato quel tipo di imbarazzo.

Sospirò, prima di riuscire a trattenersi, e attirò così l'attenzione di lui.

<<Perché non mi dici semplicemente quello che ti passa per la testa?>> le domandò Nikola, continuando a fissare la striscia d'asfalto illuminata dalla luce arancione dei lampioni.

La giornalista tornò a guardare fuori dal finestrino e, dopo svariati secondi, finalmente trovò il coraggio di dare voce ai suoi pensieri.

<<Come ha reagito Nataša alla cancellazione del matrimonio?>>

La risposta dell'altro fu seria, ma immediata.

<<Puoi immaginarlo, non ne è stata felice. Ha tentato di convincermi in ogni modo, ha anche minacciato di non farmi più vedere mio figlio. Ma sa anche lei che non ci riuscirebbe: l'ho riconosciuto, e ho anche il test del DNA dalla mia parte>>

Alessia sussultò a quelle parole. Non voleva che Nikola perdesse Matjia.

<<E tu sei sicuro di ciò che stai facendo?>>

Il giovane parcheggiò di fronte all'hotel, spense il motore e si slacciò la cintura di sicurezza, poi si voltò verso di lei.

<<Ale, non cambierò di nuovo idea>> la rassicurò.

Lei distolse gli occhi, dubbiosa.

<<Come puoi dirlo? Tutti i motivi per cui mi hai lasciata sono ancora lì>>

Respirò a fondo, cercando di rallentare il battito fin troppo accelerato del suo cuore. Per un istante ebbe paura di poter avere un attacco di panico, e non ci sarebbe stato Goran accanto a lei... 

//Goran... Chissà cosa sta facendo?//

Gli aveva promesso di chiamarlo per raccontargli tutto. Le mancava la sua presenza rassicurante.

Poco dopo, si accorse che la sua frequenza cardiaca era diminuita; il pensiero dell'amico l'aveva distratta da quello che stava accadendo all'interno dell'auto.

<<E' vero>> le confermò il palleggiatore, cogliendola di sorpresa e riportandola alla realtà. <<Tutte quelle ragioni non sono sparite, ma ho capito una cosa fondamentale: che io senza di te non posso stare. E sono certo che sarò un padre molto più felice e sereno con te al mio fianco>>

Nikola non aveva perso la capacità di colpirla con le parole; Alessia si guardò le dita intrecciate e pensò a come avrebbe dovuto rispondere. Ma era troppo presto per farlo, doveva prendersi tutto il tempo necessario per decidere, perché non avrebbe mai potuto tornare sui suoi passi. La sua scelta avrebbe influenzato non solo i rapporti tra loro due, ma anche quelli tra loro due e Goran.

A quel proposito, si ricordò di dover controllare la situazione.

<<Hai parlato con Goran?>> gli chiese, speranzosa. L'amico non le aveva raccontato nulla, e lei non aveva chiesto, consapevole di quanto quella tensione tra i due lo stesse facendo soffrire.

Fu il turno di Nikola di distogliere lo sguardo.

<<Non ancora>> ammise il giocatore. <<Ti prometto che domani lo chiamo>> aggiunse subito dopo, probabilmente accortosi del suo sguardo dispiaciuto. 

Alessia gli sorrise, finalmente un po' più rilassata.

<<Grazie del passaggio>> si apprestò a salutarlo, afferrando la borsa. <<Adesso è meglio che vada>>

Nikola la bloccò, prendendole la mano con gentilezza e decisione allo stesso tempo.

<<Tornerai tra due settimane?>> volle sapere.

La giornalista annuì, fissando le loro mani, turbata dal calore della mano di lui sulla propria. Rimase immobile, da una parte avrebbe voluto restare così, dall'altra avrebbe voluto scappare e rinchiudersi nella sua camera d'albergo.

Quando rialzò gli occhi, il viso di Nikola era vicinissimo.

Lei temeva quello che stava per accadere, perché non aveva idea di come avrebbe reagito. 

Quando lui si avvicinò ancora di più, con un movimento quasi inconscio Alessia girò il viso, evitando le sue labbra.

Il suo cuore batteva così veloce che, probabilmente, anche il ragazzo poteva sentirlo. Percepì, più che vederlo, Nikola allontanarsi da lei.

<<Scusa. So che non avrei dovuto, ma trattenermi è sempre più difficile>> si scusò, abbandonando il capo contro il poggiatesta dell'auto. <<Vai, Ale. Buona notte>>

Alessia lo fissò un'ultima volta, poi aprì la portiera e, ancora scossa, scese dalla macchina e si rifugiò nell'hotel.

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