Quarantacinque.

171 10 6
                                    

Alone and defeated

It pains me to speak these words

But I mean it

Bad Suns


I ragazzi rientrarono mestamente nello spogliatoio; un silenzio pesante gravava sulle loro spalle mentre riempivano la stanza e si sedevano sulle panche. Nessuno di loro osava incrociare gli occhi degli altri. Persino Vladimir non aveva proferito parola.

Goran azzardò uno sguardo verso Nikola, solo per trovarlo nella stessa situazione di tutti gli altri: chinato in avanti, la testa bassa e le spalle curve.

Lo schiacciatore iniziò a togliere dal borsone il necessario per la doccia e i compagni fecero lo stesso.

//Meglio parlarne a mente fredda//

Stava per dirigersi verso il bagno, quando la voce di Nikola lo fece voltare.

<<Vi chiedo scusa>> il suo tono era risoluto, seppur mesto.

Tutti si immobilizzarono.

<<Oggi non sono stato un buon palleggiatore, né un buon Capitano. Non ho dato il massimo sul campo, non ho saputo aiutarvi a raggiungere il nostro obiettivo>>

Il giovane si guardò intorno prima di continuare:

<<Abbiamo perso contro una grande squadra, ma non abbiamo giocato come sappiamo, e la colpa è mia. Per questo, vi chiedo perdono. E vi prometto che farò del mio meglio perché una cosa del genere non accada mai più>>


Con i capelli ancora umidi, Goran finì di vestirsi e si avvicinò al suo migliore amico. Poco dopo, furono raggiunti anche dal maggiore dei fratelli Kiljc.

<<Si può sapere cosa è successo?>> esordì subito Vladimir.

 Nikola chinò il capo.

<<Mi dispiace che non siamo riusciti a vincere>> si scusò.

<<Non mi importa del match!>> esclamò il fratello. <<Voglio dire: mi importa, ma non voglio parlarne ora>> si corresse, gesticolando con le mani . <<Voglio sapere cosa ti ha sconvolto tanto da non poter giocare al tuo livello>>


Il più giovane sospirò e si sedette; poi, tirò fuori dal borsone il cellulare e fece scorrere le dita sullo schermo con movimenti fluidi. Ad un certo punto, girò il telefonino verso di loro.

Goran si avvicinò ancora di più, per poter vedere meglio, imitato da Vladimir. Nessuno dei due ebbe il coraggio di parlare dopo avere visto quelle foto.


Era disteso sul letto e non riusciva ad addormentarsi. L'adrenalina della partita e la preoccupazione per Nikola lo stavano tenendo sveglio.

Sapeva che Alessia aveva accompagnato Aleksandar al matrimonio del suo compagno di squadra; aveva evitato di dirlo a Nikola perché non avrebbe avuto senso, ma evidentemente lui lo aveva scoperto da solo.

Doveva ammettere che quelle foto potevano essere fraintese: Alessia e Aleksandar erano immortalati mentre ballavano, o mentre si abbracciavano, o ancora mentre ridevano e si scambiavano sguardi complici. Goran sapeva che tra i due non c'era nulla più di una bella amicizia - per lo meno da parte della ragazza, ma capiva come avesse dovuto sentirsi Nikola vedendo quegli scatti.

Sospirò. La situazione tra i suoi due migliori amici, invece che risolversi, si stava ingarbugliando sempre di più. E lui non sapeva cosa fare. Nel giro di un paio di giorni sarebbero tornati in Italia e Nikola si sarebbe trasferito a Milano con Matija e Nataša, aggiungendo così al quadro anche la distanza fisica. Lui credeva ancora, in cuor suo, che potessero sistemare le cose, trovando un compromesso che andasse bene a entrambi; ma non aveva idea di quale potesse essere.

By your SideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora