Sessantotto.

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I endure darkest hours and try turn black to white

Life slips through my hands and waits to return again

I made a choice

This figth seals my destiny

My vital signs are fading

I need to be revived

This sickness consumes all my lifeforce

I want to be revived

The Sorrow


Alessia aprì gli occhi e vide i raggi del sole filtrare dalla finestra. Era ancora appoggiata al petto di Goran. RIpensò a quella notte e avvampò ricordando la sua audacia. Rimase immobile ad ascoltare il battito del cuore del ragazzo, che dormiva ancora. Quella mattina non avevano impegni da rispettare, quindi si concesse del tempo per pensare, avvolta dalle braccia dell'amico.

Quando lo sentì muovere lo guardò e lo salutò:

<<Buongiorno>>

Lui la mise a fuoco e ricambiò il saluto.

<<Come stai?>> Alessia era ancora preoccupata per lui.

Nei giorni successivi avrebbe davvero realizzato che suo padre non  c'era più.

<<Sto... meglio>> rispose, non molto convinto. <<Tu?>>

<<Perché non dovrei stare bene?>> tentò di glissare.

Goran la fissò e parlò lentamente.

<<Lo so che ieri vedere Nikola ti ha fatto soffrire. Hai provato a nasconderlo, ma avevo capito che eri turbata>> fece una pausa. <<Avrei dovuto fermarti>> concluse con tono serio.

Lei gli rivolse uno sguardo interrogativo, prima di capire che lui si riferiva alla notte appena trascorsa. Non voleva che si sentisse in colpa: era stata lei che aveva iniziato tutto e, anche se era turbata, era cosciente di ciò che stava accadendo tra loro.

<<Smettila di dire così. Sapevo quello che stavo facendo e... Hai ragione, vederlo e parlare con lui è stato molto difficile ed ero provata. Ma non volevo complicarti una giornata già dolorosa>> si sollevò a guardarlo prima di continuare. <<Ieri sera avevo bisogno di te quanto tu di me>>

La confessione la fece arrossire, ma era giusto che lui sapesse.

Nel silenzio che seguì Goran le accarezzò i capelli.

<<A cosa pensi?>> gli domandò.

<<Penso che è già la seconda volta che finiamo a letto insieme e che continua a sembrarmi sbagliato. Non fraintendermi... E' stato bello, anzi molto bello>> le sfiorò la guancia con tenerezza. <<Ma siamo amici e non voglio rovinare tutto. Voglio che continui a fidarti di me e non posso usarti come una distrazione dal dolore ogni volta che...>>

<<Perché no?>> la domanda le scappò senza che neanche se ne accorgesse e colse di sorpresa entrambi.

Tuttavia si rese conto che era qualcosa di cui dovevano parlare.

<<Perché tu non mi ami. Perchè sei ancora vulnerabile, nonostante sia passato molto tempo dalla fine della tua relazione con Nikola. Perché non sei un oggetto che posso usare a mio piacimento. Un giorno ti innamorerai di nuovo e allora avrò solo rovinato la nostra amicizia>> aveva continuato ad accarezzarle il viso per tutto il tempo.

La giornalista rifletté su quelle parole.

<<Io mi fido di te e questo non potrà mai cambiare>> gli disse con decisione. <<Non ti incolperei mai di averti usata. Non so se mi innamorerò ancora o se sarai tu a trovare la tua anima gemella. Quello che so, qui e ora, è che abbiamo bisogno l'uno dell'altra. So che stanotte, e l'altra notte, il mio corpo ha reagito al tuo tocco. Perciò non voglio che tu ti senta in colpa. E se dovesse succedere di nuovo...>> lasciò la frase a metà.

Goran fissò i suoi occhi e le prese una mano.

<<Soltanto finché non torniamo a casa>> sussurrò. <<Poi tutto dovrà tornare come prima>>


I giorni successivi trascorsero tutti in modo simile: Goran stava fuori casa con sua madre e sua sorella tentando di sistemare tutti gli affari di famiglia prima del rientro in Italia e Alessia passava molto tempo con Maja. La sera si ritrovavano per cena e si sforzavano di fare conversazione - che Alessia comunque non capiva - e di mantenere una specie di routine, più che altro a favore della bambina.

Tra i due amici non era più accaduto nulla; tuttavia a volte si sorprendevano a vicenda con lunghi e intensi sguardi. Altre volte, quando erano uno accanto all'altra o si toccavano, percepivano qualcosa di simile al desiderio e alla tensione sessuale. Erano molto più consapevoli dei loro corpi vicini. Tuttavia nessuno dei due ne parlò apertamente: dopotutto, avevano un patto e discorsi del genere avrebbero solo complicato la situazione.


Era arrivato l'ultimo giorno della loro permanenza in Serbia; l'indomani sarebbero tornati a Cuneo. Era quasi ora di cena e Alessia stava riordinando il salotto in attesa che gli altri tornassero. Si accorse che la piccola Maja stava sfogliando alcune riviste sparpagliate sul tappeto e si avvicinò per sistemarle. Mentre le posava su un tavolino, scorse una piccola fotografia su una delle copertine. Aprì la rivista alla pagina indicata nell'indice e sentì il sangue gelarsi nelle vene.

Lasciò la bambina sul divano a guardare dei cartoni animati e uscì in giardino, dove avrebbe potuto rimanere da sola con sé stessa.

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