Ventiquattro.

200 16 18
                                    

'Cause baby you look happier, you do

My friends told me one day I'll feel it too

And until then I'll smile to hide the truth

But I know I was happier with you

Ed Sheeran


<<Fai come se fossi a casa tua>> le disse Aleksandar mentre le faceva strada all'interno dell'appartamento. <<Questa è la camera degli ospiti. Non è molto grande, ma spero possa andare bene>>

<<E' perfetta>> lo rassicurò. <<Grazie ancora per l'ospitalità>>

<<Farà bene a entrambi>>

<<Come va la tua gamba?>> si informò lei.

Aveva notato subito che il ragazzo zoppicava.

<<Fa male, ma riesco a camminare, più o meno. La prossima settimana mi opereranno e poi dovrò affrontare la fisioterapia e la riabilitazione. I medici mi hanno detto che ho buone possibilità di tornare come nuovo a settembre>>

<<Sono felice per te, Alek>>

Lui sorrise e poi la lasciò sistemare i suoi vestiti, tornando in soggiorno.

Era arrivata da poco, eppure si sentiva già a suo agio. L'amico, nonostante il periodo difficile dovuto all'infortunio, aveva mantenuto il suo carattere solare e ottimista e ciò non poteva che farle bene.

Quando ebbe finito, si soffermò a osservare la stanza: pareti color panna e mobili di legno chiaro, un letto matrimoniale con la testata in tessuto e una finestra che dava sui vicoli del centro storico. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.

Prima di tornare da Aleksandar, la ragazza prese il cellulare e scrisse un messaggio a Betty, tranquillizzandola sul fatto che fosse arrivata a destinazione sana e salva. Aveva preferito non chiamarla; considerando il fuso orario e il lungo viaggio, probabilmente l'amica in quel momento si stava riposando.


Più tardi, quella stessa sera, ricevette una telefonata da Goran. Stava chiacchierando con Aleksandar, quando aveva visto il nome sul display e aveva sorriso istintivamente. Aveva salutato l'amico solo il giorno prima, ma le sembrava passata un'eternità. 

Si scusò con l'opposto e si diresse verso la camera, impaziente di poter parlare con la persona dall'altra parte del telefono.


<<Come è andato il viaggio?>> domandò immediatamente Goran alla ragazza.

<<Lungo>> si limitò a rispondere lei. <<Ma credo sia stata la scelta giusta>> aggiunse poi.

Il giovane sorrise. Era ancora preoccupato, ma sentirla tranquilla lo aveva rinfrancato un po'.

<<Aleksandar sta facendo il bravo?>> chiese con ironia.

<<Un angelo. Davvero, non ti preoccupare. Pensa solo a giocare e a vincere>>

<<Sarà meglio che vada, ora. Ci sentiamo domani. Buona serata>> la salutò.

<<Buona notte, Goran>>


Lo schiacciatore chiuse la conversazione e appoggiò il cellulare sul comodino, poi si voltò per tornare da Vladimir e Nikola, coi quali condivideva, come di consueto, l'appartamento.

Si immobilizzò nel vedere che il palleggiatore lo osservava dalla porta. Riconobbe subito la tensione nel suo sguardo e nel suo corpo.

Stava ancora pensando a cosa dire, quando l'amico se ne andò, chiudendosi nella sua camera e sbattendo la porta. Subito dopo, Goran udì il rumore di un oggetto, presumibilmente di vetro, che sbatteva e si frantumava in mille pezzi.

Si affrettò verso la stanza, passando così davanti a Vladimir, il quale aveva assistito alla scena senza sapere quale fosse stata la causa scatenante.

<<Che succede?>> chiese, infatti, il maggiore dei fratelli Kiljc.

Goran non rispose; avrebbe avuto tutto il tempo di spiegare all'amico come stavano le cose. In quel momento era più importante riuscire a calmare Nikola ed evitare che si facesse del male scagliando oggetti vari contro le pareti.

<<Perché nessuno mi dice mai niente?>> udì ancora Vladimir chiedere.

Lo ignorò di nuovo; sapeva che avrebbe immaginato cosa aveva fatto arrabbiare il fratello in quel modo. Lo conosceva bene quanto lui.

Senza bussare, aprì la porta della stanza ed entrò.

Lo trovò seduto sul bordo del letto, chinato in avanti, con la testa bassa e i gomiti appoggiati sulle ginocchia. A terra, in un angolo, giacevano i resti dell'abat-jour che, precedentemente, si trovava sul comodino.

Si fermò sulla porta, indeciso: non riusciva a decidere se fosse meglio lasciarlo sbollire o parlargli subito. Alla fine, optò per la seconda soluzione e gli si sedette accanto.

<<E' andata a Perugia?>> gli chiese Nikola dopo alcuni minuti di silenzio.

Goran percepì il dolore nella voce del palleggiatore e si domandò come l'amico potesse sopportare quella situazione.

<<Sì. E' la soluzione migliore possibile. Io e Betty non volevamo che restasse a Cuneo da sola, sai... Non sta ancora bene...>>

<<Ed è colpa mia>> sentenziò l'altro.

Goran si prese qualche secondo per rispondere.

<<Non ha più senso discutere di colpa, Nik. Hai preso una decisione e devi accettarne le conseguenze. Ora devi pensare a Matija e a Nataša. Sono loro, adesso, la tua famiglia>>

Nikola non si mosse.

Per un po' i loro respiri furono l'unico rumore all'interno della camera.

<<Non amerò mai Nataša come amo Alessia>> mormorò, infine, l'alzatore.

Lui sospirò.

<<Probabilmente no. E io credo ancora che tu abbia fatto un errore madornale. Ma se questo è ciò che vuoi fare davvero, allora devi lasciarla andare. Per il bene di entrambi>> L'amico sollevò gli occhi fino a incrociare i suoi. <<Prima o poi Alessia starà di nuovo bene e andrà avanti con la sua vita. Non sarà adesso, e non sarà con Aleksandar, ma presto o tardi succederà>> disse ancora Goran. <<E io non voglio vederti soffrire più di quanto tu non stia già soffrendo>>

By your SideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora