Dieci.

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I'll face it with a grin

I'm never giving in

On, with the show

Ooh, I'll top the bill, I'll overkill

I have to find the will to carry on

On with the show

On with the show

Queen


Il riscaldamento era appena terminato e gli arbitri invitarono il pubblico ad alzarsi in piedi per l'inno nazionale. Non appena il tricolore fu dispiegato in mezzo al campo e le prime note di Mameli riempirono l'aria, un unico coro si levò dagli spalti, caricando l'attesa di ulteriori emozioni.

Alessia non cantava; si limitava a fissare le squadre allineate, saltando con gli occhi da Goran ad Aleksandar. Evitava accuratamente di soffermarsi su Nikola, non sarebbe riuscita a gestire il suo dolore e non voleva perdersi quella partita. Sperava che Goran e Juan vincessero, ma, allo stesso tempo, sapeva che anche Aleksandar si sarebbe meritato il successo.


I giocatori si avvicinarono alla rete per il saluto iniziale.

Nikola, in quanto capitano, si posizionò in testa e strinse la mano a Manuel, il palleggiatore e capitano degli avversari. Juan era subito dietro di lui.

Procedettero allo stesso modo con tutti gli altri giocatori, finché, più o meno a due terzi della colonna, non incrociarono Aleksandar. Juan osservò Nikola porgergli la mano, pronto a salutarlo, ma Aleksandar li sorprese, brontolando a denti stretti:

<<Ti si idiot>>

L'alzatore si immobilizzò un istante, ma l'altro era già passato oltre.


Il brasiliano non credeva di aver bisogno di una traduzione per comprendere il significato di quelle parole.


Nikola finì il convenzionale saluto agli avversari, nonostante il suo umore fosse decisamente peggiorato dopo la battuta dell'opposto. Solo un motivo avrebbe potuto spingere Aleksandar a rivolgersi a lui in quel modo: doveva avere saputo del matrimonio con Nataša.


Cuneo aveva vinto il primo set, Perugia aveva poi pareggiato il conto.

Juan controllò con la coda dell'occhio i suoi compagni, trovandoli tutti in posizione, concentrati. Poi studiò gli avversari.

La lotta ad armi pari contro gli umbri li stava mettendo a dura prova. Erano una squadra solida, ordinata, con un ottimo regista; forse, erano troppo dipendenti dal loro opposto. Aleksandar finalizzava almeno la metà degli attacchi totali senza apparente difficoltà. Considerando la sua giovane età, era pronto a scommettere che sarebbe diventato uno dei giocatori più forti del mondo.


Il gioco riprese e la battaglia in campo diede spettacolo. La maggior parte del pubblico tifava, ovviamente, per i padroni di casa, ma la curva ospite riusciva comunque a supportare i suoi beniamini.

Verso la metà del terzo set, Cuneo riuscì a guadagnare un paio di punti di vantaggio, grazie ad un doppio errore in attacco da parte di Aleksandar. Dall'inizio del match, era la prima volta che il giovane sbagliava così nettamente.

Juan lo guardò attentamente, ma non notò nulla di strano. Lo ringraziò, quindi, mentalmente e tornò a pensare al suo gioco.

Poco dopo, l'opposto serbo arrivò in zona di battuta. Lanciò la palla, eseguì la rincorsa, saltò e colpì con forza. Ma la palla finì lunga.

Tornò a studiare il giocatore. Sentiva che c'era qualcosa che non andava, aveva iniziato a sbagliare troppo spesso, regalando punti che, invece, sarebbero stati importantissimi per l'andamento del set.


Alessia osservò Aleksandar, inquieta. Se, da una parte, poteva momentaneamente accantonare i suoi problemi di cuore, dall'altra era preoccupata per l'amico. Dopo due parziali a livelli altissimi, nelle ultime rotazioni aveva faticato parecchio a metter giù palla e aveva commesso alcuni errori di troppo.

Cercò di cogliere qualunque indizio potesse svelarle che cosa gli stesse accadendo: confrontò i gesti, le espressioni, provando a trovare qualcosa di diverso dal solito.

E alla fine lo vide.

Era un dettaglio talmente piccolo che molti lo avrebbero giudicato insignificante, ma lei conosceva quel ragazzo e il suo modo di giocare e sapeva che, sebbene lui tentasse di nasconderlo, stava succedendo qualcosa.


Cuneo vinse il terzo parziale con uno scarto maggiore rispetto al primo.

Durante la pausa, l'allenatore di Perugia fece il possibile per caricare i suoi giocatori e poi prese Aleksandar in disparte, parlando con lui sottovoce.

Alessia non poteva vedere la faccia dell'amico, che le dava le spalle, ma vide la preoccupazione sul volto del coach ed ebbe la conferma ai suoi sospetti.

Nonostante ciò, pochi istanti dopo il ragazzo rientrò in campo, per quello che avrebbe potuto essere l'ultimo set della stagione.

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