Trentaquattro.

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I'd never ask you cause deep down

I'm certain I know what you'd say

You'd say I'm sorry, believe me,

I love you but not in that way

Sam Smith


L'intervento stava durando più del previsto; Aleksandar era entrato in sala operatoria quella mattina, prestissimo, e dopo diverse ore non ne era ancora uscito.

Alessia aveva percorso un centinaio di volte il corridoio del reparto, aveva letto, aveva bevuto più caffè di quelli che si concedeva abitualmente, e non sapeva più cosa fare. Troppi pensieri la tormentavano: la preoccupazione per il suo amico in primis, ma non era solo quello. Senza la distrazione rappresentata da Aleksandar, la sua mente era fin troppo libera di vagare. E non era affatto un bene.

Nikola era tornato prepotentemente a turbarla. Sapeva di non averlo ancora dimenticato - anzi, sapeva di amarlo ancora profondamente - ma si era illusa di poter accantonare il suo ricordo. Invece, non appena era stata lasciata da sola con sé stessa, esso era ricomparso e, con lui, la morsa allo stomaco e il dolore nel petto.

Alessia guardò i genitori di Aleksandar, seduti a poca distanza da lei: anche loro erano nervosi, ma riuscivano a restare seduti e tranquilli con molto più successo. La giornalista rispose al sorriso che Vera le rivolse e poi si alzò per l'ennesima camminata lungo il corridoio.

Quello era il primo giorno, da quando aveva lasciato Cuneo, in cui sentiva, viscerale, la mancanza di Goran. Se fosse stato con lei, lo schiacciatore l'avrebbe confortata, abbracciandola e dicendole le parole giuste - oppure restando in silenzio, perché non sempre le parole erano la soluzione migliore. Lui l'avrebbe distratta e sostenuta. La lontananza del suo migliore amico le pesava, quel giorno, in modo indescrivibile.

La sera precedente, lui e Vladimir avevano inviato al compagno di squadra un videomessaggio di auguri per l'intervento, poi lei gli aveva telefonato per raccontargli la sua giornata e per sapere come stesse andando la preparazione. Mancavano due settimane all'inizio degli Europei e la ragazza sperava con tutto il cuore che la squadra serba ottenesse tutto ciò per cui stava duramente lavorando. E non vedeva l'ora di poter riabbracciare Goran.


Nel momento in cui Aleksandar aprì gli occhi, Alessia si precipitò al suo fianco. Dall'altro lato, anche Igor e Vera fecero lo stesso. Il giovane sbatté le palpebre, confuso, per poi voltarsi verso i suoi genitori e rassicurarli con un sorriso. La ragazza vide i lineamenti dei due distendersi e sua madre accarezzare i ricci dell'amico con tenerezza.

Anche lei era sollevata: per quanto non si fosse trattato di un intervento a cuore aperto, era stata comunque un'operazione lunga e complicata, che aveva necessitato di un'anestesia, e in cui c'era sempre stata la possibilità, seppur minima, che qualcosa andasse storto. Invece Aleksandar sembrava stare bene.

<<Ciao>> lo salutò, prendendogli la mano.

Lui girò il capo e la mise a fuoco. Deglutì e rispose al saluto con voce roca.

<<Non c'è bisogno di parlare>> lo sgridò lei bonariamente. <<Vedrai che tra qualche ora starai meglio>> lo incoraggiò.

L'opposto annuì e si appoggiò meglio ai cuscini, senza lasciare la sua mano.


Quando l'orario delle visite terminò, Alessia salutò l'amico e i suoi genitori, che si sarebbero fermati tutta la notte al suo fianco, e chiamò un taxi per tornare all'appartamento. Se tutto fosse andato bene, il giovane sarebbe tornato a casa l'indomani.


Aleksandar si mise a sedere, non senza qualche difficoltà, e avvicinò il vassoio su cui un inserviente aveva portato la cena: passato di verdure e mela cotta. Non era il suo menù preferito, ma si sforzò di mangiare tutto, dato che voleva tornare in forze il prima possibile per poter iniziare la fisioterapia.

Mentre beveva un bicchiere d'acqua e si schiariva la gola, controllò il cellulare, leggendo con sollievo un messaggio di Alessia che lo avvisava di essere a casa, sana e salva. Gli dispiaceva che dovesse trascorrere la notte da sola, ma i suoi genitori avevano insistito per rimanere in ospedale con lui e non se l'era sentita di dire loro di no.

Avvertì su di sé lo sguardo della madre, la quale era seduta sul letto, alla sua destra, e lo osservava.

<<Sto bene, mamma. Puoi smetterla di guardarmi così>> la rassicurò, sfidando il mal di gola.

La donna sorrise.

<<Lo vedo. Non sono preoccupata>>

<<Allora cosa c'è?>>

Vera si strinse nelle spalle.

<<Pensavo che tu e la tua amica siete una bella coppia>> disse con finta casualità.

Aleksandar sospirò.

<<Te l'ho già spiegato, noi non stiamo insieme>>

<<Conosco mio figlio. Tu provi qualcosa per lei>>

Il suo silenzio la spinse a continuare:

<<Forse anche lei prova qualcosa per te. Oggi era così preoccupata...>>

<<Non è così, credimi>> la interruppe, distogliendo lo sguardo.

<<Come puoi esserne sicuro?>>

Lui continuò a evitare i suoi occhi.

<<Alessia ama un altro, e sta soffrendo per lui. Io posso solo esserle amico>>

La voce gli morì in gola, mentre le dita esili della mano di sua madre gli sfiorarono la guancia.

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