Ventotto.

168 13 8
                                    

Saw you walk inside a bar

He said something to make you laugh

I saw that both your smiles were twice as wide as ours

Yeah, you look happier, you do

Ain't nobody hurt you like I hurt you

But ain't nobody love you like I do

Promise that I will not take it personal, baby

If you're moving on with someone new


'Cause baby you look happier, you do

My friends told me one day I'll feel it too

And until then I'll smile to hide the truth

But I know I was happier with you

Ed Sheeran


Goran riattaccò, sorridendo sollevato. Per la terza sera di fila, Alessia gli era sembrata tranquilla. Non felice, questo no. Ma tranquilla. Ed era già un miglioramento importante. Durante le loro telefonate, l'amica gli aveva raccontato dei luoghi che Aleksandar le aveva mostrato e delle cose che avevano fatto. Sapeva che, normalmente, la ragazza non sarebbe scesa così dei dettagli, ma ipotizzava che fosse semplicemente un modo per evitare discorsi ben più dolorosi e scomodi. In ogni caso, era grato al compagno di Nazionale per il sostegno che le stava offrendo in quel periodo difficile.

Dei colpi alla porta lo riportarono alla realtà.

<<La cena è pronta!>> urlò Vladimir con la solita gentilezza.

Goran sospirò. Era stata una giornata massacrante, come tutte le precedenti da quando avevano iniziato il ritiro, e tutto quello che avrebbe voluto era un po' di tranquillità. Ma Vladimir evidentemente non era d'accordo. Nonostante la fatica e l'umore decisamente nero del fratello, lui non aveva apparentemente perso la sua grinta e la sua allegria. Sospettava che, almeno in parte, fosse una recita a beneficio di Nikola, per tentare di distrarlo dalla sua sofferenza.

Uscì dalla camera e raggiunse i due al tavolo. Il maggiore dei due fratelli stava riempiendo i piatti con una sostanza non identificata - si era auto eletto cuoco ufficiale del loro trio e non c'era stato modo di dissuaderlo - mentre Nikola, coi capelli ancora umidi per la doccia, stava terminando di apparecchiare.

Lo schiacciatore lo scrutò, sperando inutilmente in qualche segno di miglioramento. Non ne trovò. Era sempre silenzioso, l'aria cupa e mille pensieri per la testa; anche se era pronto a scommettere che il pensiero più ricorrente fosse una certa giornalista. In quei giorni di preparazione all'Europeo, il palleggiatore stava facendo di tutto per zittire il suo cervello e il suo cuore: era il primo ad arrivare in palestra e l'ultimo ad andarsene, si offriva volontario per esaminare le statistiche delle squadre avversarie e per qualunque altro compito, seppur piccolo e sciocco. Tutto pur di non dover restare solo coi propri demoni. Gli unici momenti in cui un sorriso illuminava il suo volto erano quelli in cui poteva sentire la voce del figlio al telefono.

Goran e Vladimir stavano soffrendo con lui, ma non sapevano cosa fare per aiutarlo. Potevano solo stargli accanto.


Quando Goran si sedette, Vladimir lo imitò, curiosando sul suo profilo social. Era l'unico dei tre ad interessarsi di una cosa come quella; l'amico e suo fratello non avevano mai voluto saperne. A lui piaceva scorrere le foto postate dai suoi contatti e lasciare qualche commento; era un modo per rimanere in contatto anche con persone che non riusciva a vedere spesso, ma che, per svariati motivi, erano importanti per lui.

Mentre aspettava che suo fratello prendesse posto insieme a loro, la sua attenzione fu catturata da uno scatto pubblicato sul profilo di un ragazzo che conosceva bene: si trattava di un selfie di Aleksandar in compagnia di una giovane dai capelli scuri. I due stavano mangiando un gelato ed erano sorridenti, benché lei avesse il viso rivolto altrove, nel chiaro tentativo di non farsi immortalare. Indugiò alcuni secondi su quella fotografia, felice di vedere l'amica un po' più serena dell'ultima volta in cui l'aveva incontrata. Sapeva che si trovava a Perugia, ma non aveva chiesto mai nulla di più a Goran, temendo che Nikola potesse ascoltare la conversazione e rimanerne ancora più turbato.

I suoi pensieri tornarono al presente nel momento in cui si rese conto dell'improvviso silenzio che regnava nella stanza. Sbatté le palpebre, accorgendosi che Nikola non era ancora seduto al suo posto. Titubante, alzò gli occhi verso Goran, il quale lo stava guardando con un'aria perplessa e allarmata. In un istante, comprese che, dietro di lui, pietrificato, si trovava suo fratello. Si voltò piano, oscurando immediatamente il display del cellulare e cercando qualche frase spiritosa da poter dire per alleggerire la tensione che si era venuta a creare, ma si bloccò quando posò gli occhi sul palleggiatore.

Il suo sguardo era fisso sullo schermo ormai nero, la mandibola contratta e la mano stringeva così forte il bicchiere di vetro, che Vladimir temette che si rompesse, ferendolo.

<<Nik...>> cominciò, esitante.

Ma l'altro posò il bicchiere sul tavolo e si diresse verso la camera da letto.

<<Ho perso l'appetito>> fu l'unica frase che pronunciò, prima di richiudersi la porta alle spalle.

By your SideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora