Capitolo 38.

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Ti svegliasti mugugnando infastidita e anche indolenzita.
Il sole, dall'unica finestra disponibile in stanza, aveva deciso di attraversare la tenda e di posarsi esattamente all'altezza dei tuoi occhi, non un centimetro più in su o più un basso.

Portasti una mano proprio in quel punto, cercando di tornare al buio per continuare a dormire, ma il chiarore del giorno che vedevi dalle palpebre serrate ti portò a sbuffare silenziosamente e finalmente aprire gli occhi.
Osservasti con discreto interesse il soffitto bianco, percorrendo quasi con ossesso una crepa che spiccava al centro e visibile anche da dove ti trovavi, cercando di percepire quanto più in fretta possibile il tuo corpo ancora intorpidito dalla notte precedente.

Ricordasti solo in quel momento quello che era successo con la tua regina araba, con la tua donna: quello scambio reciproco di piacere e finalmente l'unione sia delle vostre anime che dei vostri corpi.
Arrossisti rapidamente, portandoti le mani sulle guance in fiamme e ripercorrendo ogni singolo momento nella tua testa.

Il tuo "ti amo".
Oh, il suo "ti amo".
Quanto l'avevi sognato, quanto volevi che te lo confessasse.. e finalmente era successo, finalmente te l'aveva detto, già, dopo che ti aveva sussurrato tremante che aveva un... tumore, che stava morendo.

Il tuo sorriso vacillò subito, e tornasti seria immediatamente dopo.
Zulema, la tua donna, la tua vita, il tuo amore... stava morendo.
Quella realizzazione ti colpì come un pugno allo stomaco, tornando vivida e reale, presente e soffocante.
Facendoti rimpiangere la notte e il sonno, dove il mondo e le sue brutture non erano percepibili.
Dimenticando per qualche ora che la vita era una fottuta merda.

Come entrambe avevate cercato di fare.

La consapevolezza che da un giorno all'altro se ne sarebbe andata, e questa volta in maniera irrecuperabile, ti fece portare immediatamente gli occhi su di lei: la cercasti nella stanza, trovandola affianco a te, ancora avvolta dal lenzuolo di cotone bianco, nuda e splendida.
Sentisti solo in quel momento la presenza del suo braccio attorno alla tua vita, e inconsciamente portasti le mani a stringere quel frammento di pelle bianca e calda, cercando di tranquillizzarti il più possibile.

Di sentirla, reale, vera, vivida tra le tue dita.

Cercando di accantonare il problema fino a quando non sarebbe diventato troppo pressante e presente per poter far finta di nulla.
Perché ora non lo eri, oh no, non eri pronta a lasciarla andare, non eri pronta a dirle addio.

Non lo saresti stata mai, ma quello non era proprio il momento per pensarci.

<< mi stai facendo male... >> sussurrò una voce, ancora impastata dal sonno appena interrotto.

Sussultasti vistosamente, sentendo il cuore accelerare all'improvviso, quando la mano di Zulema prese a tracciarti la pancia dolcemente, in una carezza lieve che ti portò a guardare le tue dita strette spasmodicamente attorno al suo braccio.

<< sc-scusa. >> balbettasti, lasciando immediatamente la presa, e permettendole di avvicinarti al suo corpo con la stessa mano che ti stava coccolando.

La mora ti abbracciò stretta, volendo sentire il calore del tuo corpo, e capendo immediatamente che qualcosa non ti rendeva felice.
Che qualcosa non ti permetteva di essere serena: e lo aveva intuito immediatamente, solo guardandoti un secondo in viso, quale era l'argomento che ti turbava tanto.

Questo era uno dei motivi per il quale non avrebbe mai voluto dirti del tumore, della malattia.

Ti baciò la fronte e poi la tempia, per poi posare le sue labbra sulle tue, e tornare a guardarti in viso.
Ti sorrise, Zulema, accarezzandoti con il dorso della mano la guancia esposta, e tracciando con il pollice la porzione di pelle appena sotto l'occhio.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora