Capitolo 30.

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Eri ferma sopra il tetto della roulotte, la tua amica sigaretta nella mano destra e un caffè americano amaro e parecchio annacquato nella sinistra, appena appoggiata sulla gamba incrociata.

Quella mattina non erano presenti nuvole, e il sole sembrava quasi spaccare le pietre cominciando a scaldare forse più del dovuto nonostante fosse Marzo inoltrato.
Eri da qualche giorno malinconica, i giorni passavano cosi velocemente da sembrare minuti, secondi, parevano quasi sfuggirti di mano: senza che neanche te ne accorgessi realmente eravate in procinto di compiere il grande colpo.

Sembrava ieri, sembrava solo ieri quando la tua donna ti aveva cercata per arruolarti in quella rapina dai tratti ancora impossibile da realizzare.

Sbuffasti quasi infastidita dai tuoi stessi pensieri, mentre ti portavi il filtro della sigaretta ancora alle labbra per aspirare l'ennesima boccata cancerogena.

Era il tempo.
Il maledetto tempo, che per la prima volta ti stava fottendo il cervello.

Non le allucinazioni.
Non il tuo amore non concretamente corrisposto della mora.
Ma il puto tempo.

Non avere più momenti da passare con quella stronza che ti aveva ancora una volta rubato il cuore.
Non poterle più recare fastidio e sentire la sua risata scocciata, consapevole che ti avrebbe permesso di farle di tutto...

Sentire la sua mancanza.

Perché ne eri consapevole: dopo quel colpo, se mai ne foste uscite vive tutte quante, ognuna avrebbe intrapreso la propria strada.
Una volta atterrate in Marocco con quell'elicottero, avreste deciso cosa fare della vostra vita.
Se restare, oppure rifugiarvi in una nuova normalità in un altro paese con mancata estradizione, o ancora tornare alla vita di prima con il rischio di essere costantemente sotto il mirino di qualche narcotrafficante.

E tu lo sapervi, lo sapevi benissimo, che Zulema sarebbe rimasta lì.
Che non ti avrebbe seguita.

E tu saresti stata disposta a rimanere?
Ma sopratutto, ti avrebbe permesso di rimanere al suo fianco?
Con lei, in quella terra meravigliosa, magari in riva al mare, ma con lei, con la sua presenza costante nelle tue giornate.

No.

Ti avrebbe cacciata, ancora, come aveva già fatto.

Per questo in quei giorni non eri dell'umore giusto, perché tutte quelle paure che avevi cercato di rimandare sempre, ripetendoti "è presto per pensarci", ti stavano presentando un conto salatissimo.
E faceva male.

Faceva fottutamente male.

Rilasciasti verso l'alto il fumo denso della tua sigaretta, concentrandoti un attimo sulla cartina che stava bruciando lentamente, sospirando appena.
Quel mezzogiorno, dovevate incontrarvi con le altre ragazze per concludere gli ultimi preparativi del piano, come avevate ripreso a fare, dopo le vacanze di Natale.

Non ne avevi voglia, non avevi voglia di vedere nessuno in realtà, che non fosse il viso candido dell'araba.

Sobbalzasti vistosamente quando sentisti una presenza lasciarsi cadere sulla sdraietta esattamente affianco alla tua, quasi da farti cadere il drum dalle mani.
Voltasti lo sguardo per incrociare quello sereno e leggermente preoccupato di Zulema, della tua regina.

<< che ci fa qui tutta sola? >> ti domandò, posizionandosi bene e leggermente voltata verso di te, rubandoti la paglia dalle mani per fare un tiro, senza una tua reale opposizione.

<< nulla. >> rispondesti vaga, sperando che non si impuntasse nello scoprire cosa non andasse in te, e lasciando che ammazzasse tranquillamente la sigaretta e la gettasse spenta da dove vi eravate rintanate.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora