Capitolo 45.

432 31 49
                                    

Avete presente quella sensazione di pace, quasi di armonia con voi stessi, che si prova quando ancora avvolti dal tepore delle lenzuola calde dell'ennesimo inverno gelido, vi rendete conto che il mondo fuori, all'estremo di quella coltre di cotone non potrà mai raggiungervi?

Perché vi sentite al sicuro, immersi completamente in un universo che sembra quasi onirico visto dall'interno, dove la luce del giorno non arriva, perché avete ancora gli occhi chiusi e potete permettervi di sognare.
Di provare ad immaginare un mondo, uno spazio solo per voi, dove essere felici.

Era questo morire?
Si provava questo quando si lasciava definitivamente la dimensione terrena?
Non era spaventoso, ma strano: un limbo infinito, un lunghissimo corridoio scuro ma confortante, dove non esisteva la paura e il terrore, dove sentirsi quasi a casa.

Sentisti indistintamente il tuo corpo, o quella che pensavi fosse la tua anima, farsi poi pesante e un calore immenso ma non sgradevole sprigionarsi nel petto, all'altezza del cuore, che percepisti ancora battere lieve, in una cantilena di rintocchi ben assestati, precisi come un orologio.
Portasti una mano esattamente lì, sopra quel punto, percependo un suono, sottilissimo, quasi inaudibile.

Dove quel muscolo maledetto che scalpitava solo per una persona, aveva smesso di battere pochi minuti prima.
Stringesti le dita sopra la pelle, graffiandola quasi, e notando come sempre di più, quel luogo rassicurante diventasse via via sempre più chiaro.

Sempre più luminoso, fino a che il bianco candido e lucente non investi i tuoi occhi estremamente sensibili, che chiudesti immediatamente, inghiottendo quel nero, grigio rassicurante che ti stava cullando verso... l'ignoto.

Apristi le tue perle (c/o), quando notasti che quella luce non ti recava fastidio, anzi, ti permetteva di vedere quello che cercavi di percepire al buio.
Ti permetteva di osservare ogni piccola parte di quella stanza, dove tutta la tua vita ti stava passando davanti, come un vecchio film muto ma a colori, dove la protagonista eri proprio tu.

Rimanesti qualche istante ad scrutare quelle immagini forti, fatte di un passato da dimenticare e da un futuro che avevi deciso di interrompere fin troppo presto; quando all'improvviso la vedesti.

Zulema.

La tua Zulema, era lì con te.
Come ti aveva promesso non ti aveva lasciata, non ti aveva abbandonata e ti stava aspettando a braccia aperte, invitandoti a raggiungerla.
Era così bella, con quel sorriso dolce sulle labbra e i suoi occhi smeraldo truccati perfettamente, avvolta nella sua felpa enorme che le ricadeva morbida sul busto.

Ridesti, finalmente serena, felice dopo così tanto tempo, muovendo il primo passo, poi un altro ancora e ti ritrovasti a correre verso di lei.

Verso la tua libertà.

"(t/N)..."

Il tuo moto venne fermato immediatamente, ti ritrovasti immobile, con gli occhi sgranati a qualche metro dalla tua donna, che ti fissava con un'espressione corrucciata.

Portasti una mano verso di lei, quando ancora quella voce ripetè il tuo nome, e fu di nuovo nero.
Fu di nuovo oscurità, ma quella volta ti faceva paura.
Questa volta provasti terrore, ansia.

La chiamasti, cercasti di nominare la tua regina araba ma la tua voce non usciva, non suonava armoniosa.
Chiudesti gli occhi inconsciamente, coprendoti il viso con le mani.
Eri spaventata, speravi solo che Zulema ti prendesse la mano e ti portasse con lei, finalmente libere di vivere.

Vivere.
Vivere nel vostro universo.

Che non fosse terreno, poco ti importava.
Finalmente potevi vivere la con l'unica persona che volevi e che avevi sempre sognato di avere al tuo fianco.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora