Capitolo 19.

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Quella mattina ti eri svegliata davvero presto, ferma davanti al lago e avvolta nel tuo cappotto pesante, osservavi l'acqua cristallina infrangersi tra i sassolini della riva, una sigaretta appena accesa in mano.

Zulema e Macarena dormivano ancora, al caldo delle loro coperte all'interno della roulotte.
Ancora non eri riuscita a capire come avevi fatto ad eludere i sensi acuti dell'araba che aveva il sonno davvero leggero, e il suo braccio destro ormai sempre ancorato alla tua vita.

Sobbalzasti vistosamente, quando ti sentisti abbracciare da dietro, un peso sul tuo capo, e un profumo inconfondibile.

Dicevi? Eludere? Ah, che ridere.

Sorridesti a uno di quei piccoli gesti di affetto che da qualche giorno a questa parte, dopo la vostra litigata sul tetto del caravan, erano diventati così presenti tra di voi.
Ovviamente solo quando Maca non era nei paraggi.

Ma andava bene così.

<< sono le 6:00 del mattino, cosa ci fai in piedi? >> chiese infatti Zulema, posandoti un bacio tra i capelli.

<< non riuscivo più a dormire. >> rispondesti con un'alzata di spalle, aspirando il tabacco bruciato, passandole poi la paglia e facendole fare un tiro direttamente dalle tue dita.

<< incubo? - domandò ancora, a tono basso, non volendo spezzare la quiete che si era creata. - questa notte non facevi altro che muoverti. >>

Annuisti leggermente, stringendo le mani su quelle della donna in cerca di conforto.

<< fissare l'attenzione sull'acqua mi calma, non voglio prendere i farmaci. Non voglio rimbambirmi e non capire un cazzo per tutto il giorno. >> le confessasti, ricordando qualche giorno prima, quando per colpa di una allucinazione avevi dovuto assumere gli antipsicotici, e ti eri trovata in completa catalessi sul letto, senza parlare della preoccupazione palese delle due donne.

<< vuoi parlarne? >> Zulema prese ad accarezzarti le braccia, rimanendo sempre alle tue spalle.

<< il sogno è sempre il medesimo del carcere, rivedo le violenze di mio padre come spettatrice esterna e non posso fare niente per salvare la me dodicenne. Urlo, cerco di allontanarlo dal mio corpo, ma non succede niente... >> raccontasti con lo sguardo perso nel vuoto.

Il silenzio prese il sopravvento tra voi due, entrambe ad osservare il lago di fronte a voi.

<< nel pomeriggio dovrò andare a fare dei giri, prendo la macchina. >> le anticipasti girandoti tra le sue braccia e guardandola in viso.

<< dove devi andare? >> ti chiese, indurendo lo sguardo, quasi di rimprovero.

<< a fare compere, a qualche chilometro da qui c'è un centro commerciale con diversi negozi interessanti. >> rispondesti tranquillamente, capendo già il motivo per il disappunto della donna.

<< ti accompagno. >> si impose, alzando un sopracciglio ed imponendoti quella sua decisione.

<< sei ricercata, vorrei dirti solo questo. >> incalzasti Zulema, rispondendole a tono, sospirando successivamente.

<< e tu sei scomparsa, come la mettiamo? >> continuò l'araba, incrociando del braccia e chinandosi leggermente su di te.

<< Zule, devi stare tranquilla, è giorno, non mi succederà nulla. Se ti fa stare più serena posso indossare una parrucca e mandarti dei messaggi ogni mezz'ora. >> ridacchiasti facendo combaciare il tuo corpo al suo, posando senza esitazione il mento al suo sterno.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora