Capitolo 10.

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Macarena aveva un viso devastato, le lacrime che ancora le bagnavano le guance, gli occhi rossi dal pianto ancora in corso e i singhiozzi che le scuotevano le spalle.

Continuasti a guardare di fronte a te, una dozzina di mozziconi di sigaretta abbandonati all'interno del posacenere e le bottiglie di birra vuote ai piedi del divanetto di pallet.

<< cosa ti avevo detto prima che iniziassi a parlare? >> le dicesti, girandoti ad osservarla in faccia, con un sopracciglio alzato e un tono da te l'avevo detto io.

<< scusami... Scusami davvero! >> continuò a frignare, portandosi una mano per asciugarsi gli occhi.

Sorridesti leggermente, accedendoti un'altra paglia e infossandoti leggermente di più all'interno della felpa di Zulema.

Ci vollero diversi minuti, prima che la rubia smettesse finalmente di piangere.

<< io non avrei mai immaginato... >> ti disse tirando sù con il naso.

<< nessuno immagina una cosa del genere, tranquilla. È normale. >> rispondesti con un'alzata di spalle, ormai consapevole che la tua storia era più unica che rara, fortunatamente.

<< ora capisco perché Zulema ha questo comportamento nei tuoi confronti. - ragionò Maca, portando le mani all'interno delle tasche del cappotto imbottito, freddolosa come era e rimanendo qualche istante in silenzio - quindi ti ha parlato di Fatima. >> concluse, guardandoti, per poi soffiarsi il naso con un fazzoletto di carta.

Fortunatamente aveva smesso di piangere.

<< no, non mi ha mai raccontato di Fatima. Mi sono informata, però, qualche giorno dopo... E senza neanche troppa fatica, in realtà: Riccia sapeva tutti i cazzi e ramazzi della prigione! >> le dicesti aprendo le braccia, girandoti anche con il busto verso di lei.

La bionda scoppiò a ridere, da te poi seguita.

<< Kabila non sa mai farsi i fatti propri... Comunque, cosa ne pensi? Secondo te, si è suicidata? >> ti chiede Maca, con tono di voce basso, d'altra parte non sapevate quando sarebbe tornata Zulema e di certo non volevate farvi trovare ad esprimere congetture che l'avrebbero fatta soffrire.

<< no, per me no. Come puoi buttarti da così tanti metri di altezza, da un elicottero in volo, dopo che ti sei appena ricongiunta con tua madre e dopo averle scritto una lettera, chiedendole persino come ti aveva chiamata, realmente, appena nata? Semplice, non lo fai. Conosco fin troppo bene la psiche umana, disgraziatamente, e quello fidati, non è un comportamento di un suicida. >> le rispondesti estremamente sicura di te, avevi già avuto questa conversazione con Estefanìa in carcere, e lei la pensava come te.

Macarena annuì, probabilmente dandoti ragione, e forse maledicendosi per essere stata assente in quel periodo.

<< perché ti senti sfortunata nel conoscere la psicologia? Deve essere una delle cose più fighe del mondo! >> domandò lei, incuriosita dalla tua ultima frase.

<< io non conosco la psicologia, Maca, conosco la psiche. Sono due cose differenti: nella teoria sono ignorante, non ho la più pallida idea della vita, morte e miracoli dei più grandi esponenti di questa disciplina e men che meno di cosa parlano i loro studi. Sono solo molto brava a inquadrare le persone e capire ogni minimo aspetto di loro solo guardandole. Sono stata indottrinata, da quando ho memoria, a vedere il mondo in questo modo: a costruirmi un palazzo all'interno della mia testa, uno schedario abnorme, dove classificare ogni più piccolo movimento o gesto, anche involontario, sopratutto involontario, ed associarlo ad un determinato aspetto, emozione... E rigirarlo a mio favore. >> rispondesti cercando di rendere semplice un ragionamento contorto, che non potevi spiegare a parole in quanto imposto dentro di te.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora