Capitolo 7.

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Ti accorgesti rapidamente di quanto quella situazione non facesse per te, no, decisamente.
Odiavi attendere, aspettare senza fare nulla, sederti in un angolo della stanza a guardare il muro di fronte a te.

Era una sensazione davvero del cazzo, ti sentivi quasi impotente di fronte a tutto quel silenzio che ti circondava.
Stavi fumando l'ennesima sigaretta della serata, seduta ora sul tetto (dove avevate comprato un paio di giorni prima e disposto delle piccole sdraio da giardino) ora sulle sulle scale della carovana e ora sul letto che condividevi con Zulema.

Il cellulare sempre a portata di mano, all'interno della tasca unica di una delle tue felpe colorate, con la suoneria attiva e mai in silenzioso.

Sbuffasti l'ennesima boccata di fumo, aprendo la finestrella della roulotte e facendo uscire l'odore di tabacco dal van, indirizzandoti ancora verso l'esterno di casa, mordicchiandoti l'unghia del pollice sinistro.

Osservasti l'orario sul tuo orologio da polso che segnava indistintamente le 23:00, la luna alta nel cielo ti faceva compagnia in quella lunga notte che sembrava non finire mai, nella tua solitudine, ad attendere.

Maca ti aveva avvisata con tono dolce, di non aspettarle in piedi, avrebbero sicuramente fatto tardi, ma come potevi dormire quando quelle due erano chissà dove a fare la loro prima rapina?

Flashback
Una volta tornate a casa e aver messo a posto la spesa, vi eravate sedute comodamente per trattare insieme anche di quella inaspettata convivenza, come avevi promesso a Zulema in mattinata.

<< le cose sono semplici, io e te - disse quest'ultima, rivolgendosi alla bionda che annuì elettrizzata - ci daremo al lavoro sporco, mentre tu - ora si rivolse a te con guardo impassibile - starai a casa e ci aspetterai, fai quel cazzo che vuoi, metti in ordine, pulisci casa, prepara da mangiare. Insomma... >>

<< devo farvi da cameriera? Io passo. >> le rispondesti con sfida, alzando un sopracciglio.

<< (t/N), ci serve qualcuno che sia pronto a far sparire ogni cosa, nel caso in cui dovesse andare in merda tutto. >> prese parola Macarena, non volendo che cominciaste a litigare proprio in quel momento.

Sbuffasti, annuendo nella sua direzione: alla fine, nel bene o nel male, avresti fatto lo stesso da "cameriera" per loro, senza neanche che Zulema mettesse in chiaro le cose.
Era il minimo che potessi fare, loro rischiavano la vita, al contrario tuo.

<< il piano Ramala? >> chiedesti, togliendoti le ciabatte e incrociando le gambe sul letto.

<< per quello dovrete aspettare ancora un po', sto ultimando le ultime cose. Lo vedremo insieme alle altre quando ci incontreremo. - rispose Zulema con tono molto convinto di quello che faceva, era una professionista e si vedeva lontano un miglio - a proposito di piano, rubia, ti do tempo quattro giorni per prepararti psicologicamente al primo colpo che faremo. >> concluse la mora, tirando fuori del tabacco e delle cartine per rollarsi una sigaretta e indicare con una mano la sedia di fronte alla sua incominciando a parlare animatamente di ogni particolare della loro prima rapina al casinò.

Da quel primo giorno di convivenza ne erano passati atri tre: Zulema era riuscita a recuperare la planimetria del locale d'azzardo e insieme Macarena avevano perfezionato il piano d'azione.
Non ci sarebbero stati eccessivi intoppi.
In qualche occasione la donna araba chiese anche il tuo contributo, domandandoti a bruciapelo cosa avresti fatto in determinate situazioni e modificando il colpo anche in base alla tua parole.

Ti fece piacere questo, voleva dire che nonostante tutto la mora ci teneva alla tua esperienza, poca, e al tuo almeno minimo coinvolgimento.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora