Capitolo 43.

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(Piccola nota a inizio capitolo, ad un certo punto ci sarà l'indicazione per poter iniziare ad ascoltare questa meravigliosa canzone, per un'esperienza completa vi consiglio l'ascolto)


Sembrava quasi un cliché.

Quella mattina stava piovendo, esattamente come nei film.

Eri seduta su d'una sedia raccattata al momento, fornita di fortuna da un giardiniere che girava nei paraggi in quanto non riuscivi a reggerti in piedi.

Castillo era esattamente alle tue spalle, l'ombrello rivolto nella tua direzione, per coprirti il capo da quel temporale così impetuoso e violento da comunque inzupparti i vestiti.

Avevi il viso reclinato leggermente all'indietro, lo sguardo spento, nessuna luce negli occhi.

Le lacrime non smettevano di uscire dalle tue iridi, inumidendoti continuamente il viso di sale.

Era dall'inizio della cerimonia che non avevi smesso di piangere, ormai avevi smesso anche di provare a trattenerti ed asciugarti gli occhi.

Ti tremavano le gambe, le mani, che spuntavano per metà dalle maniche dell'enorme felpa nera, nonostante fosse piena primavera sentivi tremendamente freddo.

La sua felpa nera.
"Fearless"
Quella con Elsa, la sua preferita.

Il tuo sguardo vagò dalla superficie idrorepellente nera dell'ombrello, per posarsi sulla figura anziana davanti a te che strada blaterando qualcosa su Dio e il perdono dei peccati.

Il prete stava gesticolando, coperto anche lui da un parapioggia sorretto da un chierichetto, stava parlando a quei pochissimi presenti in quel momento, guardandovi ad uno a uno.

Non stavi ascoltando, e non ti interessava di certo cercare di capire cosa stesse dicendo.

Ti sentisti stringere leggermente la spalla sinistra, il dottor Garcia che non smetteva di guardarti preoccupato, in una sorta di conforto non richiesto ma sicuramente apprezzato.

Osservasti come il parroco, con il turibolo, avesse cominciato a benedire la bara sotto di lui, esattamente davanti ai tuoi occhi.

<< qualcuno di voi desidera dire qualche parola, prima di lasciare riposare la nostra compianta sorella? >> disse l'uomo anziano, lisciandosi le pieghe della tonaca viola.

<< non sta riposando, è morta. >> sussurrasti, in preda a qualche momento di poca connessione con l'esterno.

Non stavi bene, le allucinazioni erano tornate e sembravano essere più pressanti che mai.
Neanche l'aumento del dosaggio e l'aggiunta di nuovi psicofarmaci era servito a qualcosa.

<< cosa hai detto, (t/N)? >> ti chiese il terapista, avvicinandosi al tuo corpo gelato dalla pioggia.

<< non sta riposando, è morta. >> rispondesti a voce più alta, continuando ad osservare la cassa di legno lucido.

L'uomo guardò alle sue spalle, di sfuggita, Castillo che aveva assunto un'espressione sconsolata mentre scuoteva la testa.

<< (t/N)... >> ti chiamò, sconvolto dalla tua freddezza in contrasto con le lacrime che avevano cominciato a cadere più copiose che mai, più forti di prima.

Il dolore e l'indifferenza che cozzavano, che si scontravano come le teste di due arieti.
Sembravi due persone all'interno dello stesso corpo, in una sorta di dissociazione di personalità.

Il tuo personale meccanismo di difesa con qualche, enorme, falla: la tua testa che non riusciva completamente a proteggerti da quella situazione che stava diventando eccessivamente pesante e annullante per te, per il tuo fisico, per la tua fragile mente.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora