Capitolo 12.

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Sentisti dei copi sul finestrino dell'auto, il viso che avevi premuto sul volante era scattato in alto, verso la fonte di quel battito.

Davanti ai tuoi occhi si era palesato un uomo sulla trentina d'anni, alticcio, forse direttamente ubriaco: teneva una Tennent's in mano, e barcollava pericolosamente.
Aveva un sorriso eccessivamente ampio, e ti guardava: ti scrutava dal vetro, invitandoti a scendere dalla macchina, con voce biascicata.

Ma Cristo Santo, li trovo tutti io?

Bloccasti immediatamente la serratura dell'auto dall'interno, accorgendoti che avevi la macchina aperta, in quanto il tizio aveva abbassato pericolosamente la mano verso la maniglia della portiera.

Lo guardasti provare più volte ad aprire la vettura, anche con aggressività, invano.

<< brutta puttana! >> lo sentisti urlare da fuori, il suono ovattato dall'abitacolo.

Stavi per mettere in moto e svignartela da lì il più velocemente possibile, leggermente più sicura in quanto protetta dalla stazza del veicolo.

Successe tutto fin troppo in fretta: sentisti dolore al viso, e una mano che ti aveva preso il collo spingendolo verso l'esterno, capendo solo successivamente la dinamica del fatto.
Quella merda umana, con un pugno, aveva sfondato il vetro del finestrino, e delle piccole schegge ti avevano graffiato le guance.
Il tizio stava stringendo la presa, e l'odore dell'alcool ti investì prepotentemente.

<< adesso non fai più la preziosa, eh? >> continuò, lasciando cadere la bottiglia di birra dall'altra mano per aprire dall'interno la portiera.
In un momento di poca lucidità dell'uomo, che non era riuscito a coordinare i movimenti, allentò la presa su di te, permettendoti di tirargli un calcio dritto in mezzo alle gambe.

Mugugnò di dolore, barcollando all'indietro: non perdesti occasione per accendere il motore dell'auto, ti tremavano e sudavano le mani, l'istinto di sopravvivenza che solo in quel momento aveva deciso di giocare dalla tua parte per cercare di chiudere la portiera, ma con uno scatto, l'uomo fu su di te: con un braccio ti fece girare a pancia in giù, facendoti sbattere la gola contro il pomello delle marce, spezzandoti il respiro all'istante.

Rapidamente le immagini della tua prima aggressione in carcere di sommarono a quella che stavi vivendo.

Oh no! Questa volta no!

Apristi il vano porta oggetti, ravanando alla cieca dentro con una mano, dopo aver annaspato in cerca di aria e il cuore che batteva a mille per lo sforzo: sperasti di trovare all'interno una qualsiasi cianfrusaglia contundente, uno stiletto o un coltellino.

Insomma!

Quanto le tue dita sfiorarono un oggetto freddo e liscio, ti portasti in avanti con l'altro arto, sentendo che l'uomo ti aveva già abbassato i pantaloni.
Agguantasti la pistola a pieni palmi, stringendola fortemente e quando lui ti lasciò un secondo libera per slacciarsi il bottone dei jeans ti girasti di schiena, appoggiandoti all'altra portiera, quella del passeggero.

Uno sparo riecheggiò nella notte, nella notte di quel luogo isolato dal mondo.

Con le mani tremanti, osservasti il corpo dell'uomo imbrattare di sangue il sedile del passeggero, con la faccia rivolta verso la stoffa.
Con un piede, lo calciasti fuori dalla vettura portandoti verso l'esterno con metà busto: cadde di schiena, le gambe piegate in una posa assolutamente innaturale, un buco esattamente al centro della fronte.

Ti salì un conato di vomito, mente lasciasti cadere quasi scottata il ferro dell'arma sul tappetino dell'auto e rientravi definitivamente nella macchina, chiudendo il portello e stringendo il volante tra le mani macchiate di sangue, piccole goccioline che imbrattavano anche i tuoi vestiti.

Domani tornerà SerenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora