Capitolo 14 ⛵ Mediterraneo ⚓

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Sanem

Navigavamo a sud delle coste italiane quando intravidi, tra le acque di quel mare un po' torbido a causa del via vai di imbarcazioni, una bottiglietta. Mi sovvenne il ricordo di quelle sere tristi passate sul pontile a scrivere bigliettini che poi sigillavo nei flaconi di quelle amare medicine che erano diventate le mie compagne quotidiane. La fissavo, non riuscivo a vedere se al suo interno ci fosse qualcosa. Il ricordo di quei giorni mi costrinse a spostare lo sguardo oltre. Non m'importava più. Il dolore era ormai lontano e la felicità era lì vicino a me.

«Sei pensierosa!» Sentii la voce di Can a pochi passi da me.

Mi voltai verso lui e lo vidi intento a sistemare una cima. Sollevò lo sguardo su di me e si fermò, in attesa, pensai, di una risposta.

«Ho visto qualcosa in mare» ammisi.

Lasciò perdere la cima e venne a sedersi accanto a me, lanciando un'occhiata fugace alle acque e tornando poi a fissarmi. Corrugò la fronte aspettando che io parlassi.

«Ho visto galleggiare un flacone... uno come quelli che usavo per chiudere al suo interno il mio dolore.» Le parole uscivano a fatica dalla mia bocca ripensando a quel periodo.

Allungò una mano sulla mia guancia accarezzandomi amorevolmente.

«Ho sempre sperato che tu potessi trovarle e... tornare da me... nonostante alcune parole fossero impregnate di una rabbia profonda da scriverti di non tornare più.»

Mi si strinse il cuore al ricordo di quei momenti dolorosi.
Can abbassò lo sguardo contrito ed afflitto, sapevo che in fondo al suo cuore non si sarebbe mai perdonato per avermi abbandonata. Avvolsi il suo viso nelle mie mani e gli sollevai la testa.

«Ma nel mio cuore eri vivo più che mai e ci saresti rimasto fino alla fine dei miei giorni anche se non fossi più tornato. Ero morta ma continuavo a vivere per te.»

Cercai di penetrare i suoi occhi con i miei con una tale intensità da poterne leggere l'anima. Intravidi un vortice di sentimenti, dal rammarico per avermi fatta soffrire alla voglia di regalarmi la gioia assoluta, dalla rabbia per essere stato troppo orgoglioso al desiderio di stringermi fra le sue braccia e non lasciarmi più.

«Ti amo, vita mia!» sussurrai, sorridendogli dolcemente.

«Ti amo, anima mia!» sussurrò a sua volta, lasciando trasparire anche sulle sue labbra un sorriso intriso d'amore.

Nell'aria si alzò una leggera brezza, un brivido di freddo percorse la mia pelle ma non ci badai, ero persa nei suoi occhi che imploravano i miei di non staccarsi dal suo sguardo. Quanto amore riuscivano a trasmettere! Quell'amore che era per me il mare infinito della mia esistenza.
Lunghi istanti trascorsero prima che Can mi chiedesse se volessi recuperare quel flacone.

«Il passato può continuare a solcare le onde, può seguirci se vuole, ma la sua fine è cominciata quel giorno sul pontile quando hai sfiorato il mio polso» risposi.

Non avremmo dimenticato, quello era certo, ma avrei lasciato al mare quelle bottigliette in cui avevo suggellato il mio dolore.

Guardai il telefono sentendolo suonare, era un messaggio di Ayhan: “Amica mia, sto ripartendo. Con CeyCey non è andata. Poi ti racconto. Ti abbraccio”
Restai male, avevo sperato che tra loro due le cose si fossero rimesse a posto. Sia Ayhan che CeyCey mi avevano raccontato di essersi visti molte volte in quel periodo. Ayhan spesso aspettava CeyCey fuori l'agenzia in attesa che lui finisse di lavorare, facevano lunghe passeggiate, cenavano insieme e ci era scappato anche qualche bacio. Sembrava essere rinato l'amore ed io ero felicissima per loro. Avevo sentito la mia migliore amica tre giorni prima e non mi aveva accennato niente, mi aveva detto solo che non aveva più venduto la casa, non ne aveva avuto il coraggio, c'erano troppi ricordi legati alla sua infanzia, ai suoi genitori, alla nostra amicizia. E forse un giorno lei ed Osman sarebbero tornati.
Anche CeyCey non mi aveva detto nulla, il giorno prima. In realtà dal suo tono di voce avevo capito che qualcosa non andava ma avevo creduto fosse per il lavoro. La campagna pubblicitaria di Mackinnon esigeva il massimo impegno e sia lui che Deren non avevano un attimo per rifiatare. A breve ci sarebbe stata la presentazione. Immaginavo come si sentissero: entusiasmo e terrore allo stesso tempo.
Ricordai i progetti di cui ero stata io la responsabile...

Can aveva affidato a me il ruolo di copywriter, ero stata io la mente assoluta della "Compass Sport" e della "Red Mode". Avevo avuto un successo clamoroso ma ricordai perfettamente il panico che mi aveva assalita entrambe le volte prima di salire sul palco ed esporre il frutto del mio lavoro davanti ad una platea che puntava gli occhi su di me. E la prima volta, con la "Compass Sport", il panico mi aveva dato le vertigini: ero salita sul palco col mio vestito di un blu elettrico, i tacchi erano una tortura per i miei piedi, mi sentivo a disagio ed ero emozionata. Avevo aperto il programma per la presentazione delle slide ma lo avevo trovato vuoto. Tutto il mio lavoro cancellato. Volevo piangere ma non potevo. La mia mente sembrava non ricordare più una parola. Guardai giù dal palco: Leyla era esterrefatta, CeyCey terrorizzato, Ayhan preoccupata. Ma poi i miei occhi avevano incontrato quelli di Can, quegli occhi che mi mancavano da morire, nei quali avrei voluto perdermi senza più distogliere lo sguardo. Con un cenno mi aveva infuso coraggio, i suoi occhi esprimevano piena fiducia in me. Non lo avrei deluso. Senza esitare ancora, avevo introdotto il discorso per la presentazione, guardando costantemente Can che mi faceva cenno con la testa di continuare. Gli applausi finali ed i sorrisi dei miei colleghi, ma soprattutto dell'uomo che amavo, erano stati la mia vittoria. E proprio alla fine di quella serata, Can aveva preso il mio viso tra le mani e mi aveva baciata, chiedendomi di essere di nuovo la sua ragazza.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora