Capitolo 31 ⛵ Occhi negli occhi ⚓

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Sanem

Prima di presentarmi ai miei lettori, Gustav mi chiese di parlarmi due minuti. Per quel poco che lo conoscevo capii che era in preda al panico. Can mi fece un in bocca al lupo e dolcemente mi baciò la mano. Quanto amavo quel gesto! Gli uomini non usavano più farlo, nemmeno mio padre, ma Can tante volte aveva portato la mia mano alle sue labbra, baciandola, anzi quasi sfiorandola con una delicatezza unica. Adoravo anche quando fingeva di morderla, sentire quel contatto così intimo, a suo modo, mi faceva sentire sua.
Mentre baciava la mia mano, mi spinsi però verso di lui e gli stampai un bacio sulle labbra. Avevo bisogno del suo sapore prima di cominciare, come una boccata d'ossigeno prima di andare in apnea.

«Allora, dimmi, Gustav!» mi rivolsi al mio collega, dopo che Can si fu allontanato.

«Ho un problema, Sanem» disse con aria trafelata. Andava avanti e indietro con agitazione.

Mi venne da sorridere, mi ricordava il mio CeyCey.

«Che problema, Gustav? Cosa succede? Ti prego, parla, mi fai venire ancora di più l'ansia» lo implorai.

«Sanem, io non te l'ho mai detto ma...» Si fermò e mi guardò dritto negli occhi. Non sapevo davvero cosa aspettarmi. «Sono gay» pronunciò quelle parole a bassa voce che a stento le sentii.

Lo guardai a mia volta, rimasi stupita anche se me l'aspettavo, lo avevo intuito da alcuni suoi atteggiamenti ma non gli avevo dato peso, al punto che non lo avevo accennato nemmeno a Can, che s'ingelosiva ogni volta che nominavo Gustav. Al pensiero mi venne quasi da ridere.

«Perché ridi? Fa ridere questa cosa, Sanem?» mi chiese con disappunto.

«No, no, Gustav, perdonami, non ridevo di te» risposi subito.

«E allora perché ridi?»

«Pensavo a Can» ammisi «e che è geloso di te.» Scoppiai in una risatina che contagiò anche lui.

«Comunque il problema è un altro. Potrei non riuscire a tradurre durante l'evento.»

«E perché?» chiesi meravigliata.

«Fra i tuoi lettori ho visto il mio ex» disse agitandosi sempre di più.

Non sapevo che dire, ma lui continuò: «Abbiamo litigato mesi fa e non ci siamo più sentiti. Mi sta mancando l'aria, Sanem»

«Calmati, Gustav. Stai tranquillo, ci sono io accanto a te. Tu cerca di non guardarlo, ignoralo.» Gli passai una mano sul braccio per cercare di tranquillizzarlo. «Ora fai un bel respiro, bevi un sorso d'acqua e andiamo. Ok?»

«Non mi lasciare da solo» mi implorò.

«Non posso lasciarti, è impossibile. Chi traduce?» gli ricordai così che anche io avevo bisogno di lui.

Il signor Dubelak venne a chiamarci. Erano tutti in sala e aspettavano solo noi.
L'agitazione di Gustav, in realtà, servì a calmare la mia. Entrammo nella sala adibita all'incontro e un caloroso applauso mi accolse, facendomi sentire già l'affetto dei miei lettori.
Presi posto al centro del tavolo, proprio di fronte al mio Albatros che mi accolse col suo dolcissimo sorriso. Ai miei lati presero posto Gustav e il signor Dubelak.
Non feci più caso all'ansia del mio collega, ero assorta a rispondere alle domande che mi venivano poste. Gustav traduceva, per fortuna senza tentennamenti.
Di tanto in tanto, quando le domande erano sul mio Albatros, mi perdevo a guardare Can, come se intorno a noi non ci fosse nessuno. Senza rendermene conto, col gomito sul tavolo, poggiavo il viso sul palmo della mano e parlavo di lui con aria sognante. I nostri occhi s'incastravano come le tessere di un puzzle. Il suo sorriso mi faceva volare in alto come un uccello che si libra in volo. Poi ci pensava Gustav a riportarmi con i piedi per terra, scuotendomi il braccio, e cercavo di ricompormi. Vedevo l'ilarità del pubblico e poi il loro trasporto nell'ascoltare la mia voce.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora