Capitolo 7 ⛵ Un incontro inaspettato ⚓

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Sanem

Approdammo sulle coste greche nel tardo pomeriggio di una calda giornata estiva. Mi piaceva navigare per giorni senza toccare terra, mi sentivo libera come un uccello in volo. Una libertà diversa, forse la stessa che provava Can quando partiva e andava via lontano da tutto e da tutti. Un po' iniziavo a capirlo. Giunti al Pireo, il più grande porto della Grecia, chiesi a Can di scendere a terra. Ormeggiò la barca tra tante altre e c'incamminammo per le strade di quella città. Non amavamo i luoghi affollati ma era l'unica via più breve per poter raggiungere Atene, che desideravo visitare. Ci inoltrammo per quelle vie gremite di turisti, un vociare stridulo cozzava incredibilmente col silenzio di quegli ultimi giorni. Anche Istanbul era caotica, ero abituata in un certo senso, ma vivere giorni avvolta nel silenzio totale mi aveva rigenerata. 
La nostra passeggiata non durò molto, piuttosto ci informammo su come raggiungere la capitale che era a pochi chilometri da lì. Tornammo a bordo e ricevetti subito una telefonata di mia madre, preoccupata perché non riuscivo a chiamarla da più di ventiquattro ore a causa della mancanza di linea durante l'ultimo tratto di navigazione.

«Mammina, come stai?»

«Sanem, bambina mia, ma cosa è successo? Stai bene? Non riuscivo a chiamarti, il tuo telefono è sempre irraggiungibile.»

«Tranquilla, mamma, eravamo in mare aperto e purtroppo non sempre la linea prende. Ma ora possiamo parlare tutto il tempo che vuoi, siamo appena arrivati in Grecia e staremo qui qualche giorno. Come sta papà?»

«Ah, tuo padre sta bene, eravamo solo in pensiero per... voi!»

Aveva detto voi? Erano in pensiero per me e... Can? Avevo sentito bene?

«Stiamo bene, mammina, e viaggiare in barca è stupendo. Non avrei mai immaginato di sentirmi così libera!»

Sospirai e le raccontai non solo delle bellissime isole che avevamo visitato ma anche di quanto premuroso e attento fosse Can con me.

«Sono contenta che tu sia così felice, Sanem!»

Mi sembrò quasi che piangesse. Poi mi disse che c'erano delle novità. Ayhan, la mia migliore amica che si era trasferita all'estero con suo fratello Osman, sarebbe tornata per qualche giorno ad Istanbul e i miei le avevano proposto di alloggiare a casa loro, nella mia vecchia stanza, dove in passato ci rintanavamo spesso a sognare insieme ad occhi aperti e a confidarci i nostri segreti.
Ayhan era come una figlia per i miei genitori, lei ed Osman erano rimasti orfani da ragazzi e per loro avevano sempre avuto un affetto profondo. Avrei dovuto chiamare anche lei, non la sentivo da qualche giorno, un po' per colpa della linea telefonica e un po' per i suoi impegni lavorativi.

Salutai mia madre, la quale, prima di riattaccare, ci raccomandò di stare attenti. Mi si scaldò il cuore sapendo che ora non era più preoccupata solo per me ma che il suo pensiero fosse rivolto pure a Can. Ero più euforica che mai.

«Voglio prepararti qualcosa di speciale per cena» dissi a Can, che non capiva il motivo di tutta quella contentezza, e corsi ai fornelli.

Preparai i dolma mentre lui maneggiava la sua macchina fotografica. Non l'aveva utilizzata molte volte finora ma pensai che ad Atene valesse la pena immortalare tutto ciò che avremmo visitato. Quella città ricca di storia mi affascinava e non vedevo l'ora di scoprirla.

Servii i dolma, a Can piacevano tantissimo, soprattutto quelli che preparava mia madre. Forse non ero alla sua altezza, in cucina lei era una cuoca straordinaria, ma ci provavo e cercavo di metterci tutto l'impegno possibile.

«Sono commestibili, Sanem?» mi domandò Can mentre guardava con fare serio un dolma infilzato sulla forchetta.

«Come sarebbe?» chiesi quasi indispettita.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora