Capitolo 20 ⛵ Incubo ⚓

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Sanem

Quello che avevo visto mi sconvolse, avvertivo la terra risucchiarmi come sabbie mobili. Mi sentivo come annebbiata, svuotata di me stessa, della mia stessa essenza che non era altro che Can. La testa mi scoppiava, le lacrime non si fermavano e iniziai a tremare anche di freddo nonostante l'aria fosse molto calda. Avevo cercato di calmarmi e di convincermi che quell'uomo non fosse Can. Raccolsi tutte le mie energie e ricominciai a cercarlo tra la folla. Niente. Non c'era. Presi il telefono sperando che avesse provato a cercarmi. Silenzio. Composi il suo numero. Il telefono dall'altra parte squillava, uno, due, tre... sette squilli. Riattaccai e riprovai finché non attaccò la segreteria. Staccai e con le mani tremanti gli scrissi un messaggio, "Dove sei?", anche se sapevo che sarebbe stato inutile.
"Forse è tornato in camera" pensai. Ma il ricordo di ciò che avevo visto s'inchiodò nuovamente nella mia testa. Se fosse tornato in camera mi avrebbe avvisato e invece...

«Ti prego, Can, perché?!» mormorai mentre la sensazione di prima tornava ad impadronirsi di me. Ricominciai a piangere. Non potevo più restare tra la gente, la musica iniziò a darmi fastidio e, cercando ancora una volta di ricacciare indietro le lacrime, mi avviai verso la struttura per rifugiarmi in camera.

Mentre camminavo, anzi barcollavo, finii più di una volta per urtare ragazzi che non persero tempo a fare allusioni. Sicuramente davo l'impressione di essere ubriaca, sentivo le gambe cedermi. Uno di loro mi afferrò per un braccio facendomi una proposta indecente, ma ero così assente che non capii nemmeno bene le sue parole. Riuscii solo a percepire "...dietro il chiosco..." e di nuovo l'immagine di Can con quella ragazza mi colpì in pieno petto facendomi mancare il respiro.
Quel ragazzo non mi lasciava, io non avevo la forza di staccarmi e se non fosse stato per l'intervento di qualcuno chissà cosa sarebbe successo.

«Sanem. Sanem, stai bene? Rispondi, Sanem, cos'hai?»

Alzai lo sguardo e riconobbi Levant. Non mi ero nemmeno resa conto del suo arrivo, mi ritrovai seduta su uno dei divanetti che circondavano la piscina.

«Dov'è Can?» chiese Levant, rendendosi conto che ero ancora da sola e in uno stato catatonico.

«Non lo so» mentii.
Non volevo ammettere nemmeno a me stessa che in realtà Can era con un'altra.

«Adesso calmati, respira e bevi un bicchiere d'acqua.»

Levant mi mise tra le mani tremanti un bicchiere colmo d'acqua e mi aiutò a portarmelo alle labbra. Bevvi avidamente come se fosse stato un alcolico che mi avrebbe consentito di stordire i miei pensieri.
Passarono alcuni minuti e riuscii a tornare lucida.

«Ti senti meglio?» chiese Levant.

«Cosa è successo? Perché sei così sconvolta?»

Lo guardai, mi sembrò davvero preoccupato per me e avevo bisogno di sfogarmi.

«Can è... lui... l'ho visto con un'altra... sul retro del bar... loro...» Non riuscii a terminare la frase che le lacrime tornarono a riempire i miei occhi e il mio corpo ad essere scosso dai singhiozzi.

«Ma cosa dici, Sanem? Ti sarai sicuramente sbagliata, anche se... perdonami se te lo dico ma... prima, come già ti ho detto, ho visto Can parlare con una ragazza e... mi sembravano molto in confidenza.»

Le parole di Levant mi assestarono un altro colpo.

«Che vuoi dire?» chiesi, pronta ormai ad avere conferma dell'amara verità.

«Beh, Can non è mai stato un uomo in grado di avere una relazione stabile per molto tempo, così come si stanca di rimanere a lungo nello stesso posto. E' uno spirito libero e... sinceramente quando ci siamo incontrati questa mattina sono rimasto sorpreso di vedervi insieme.»

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora