Capitolo 3 ⛵ Mitilini ⚓

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Sanem

Dopo aver cenato e messo ordine nella piccola cucina, feci una doccia calda e rilassante. Per quanto quel primo giorno di navigazione era stato abbastanza tranquillo, ero stata avvolta da mille emozioni che avevano scatenato in me un'adrenalina del tutto nuova.
Uscii dal bagno avvolta solo da un telo, sperando che Can non fosse nei paraggi, e in effetti non era lì. Mi vestii in tutta fretta indossando un vestito leggero con sfumature di azzurro che arrivava sotto al ginocchio e leggermente avvitato ai fianchi. Lasciai che i miei capelli mossi scendessero liberi sulle spalle e ritornai fuori.
Can non era più al timone, ormai aveva spento il motore da un bel po' lasciando che la barca oscillasse leggermente cullata dalle onde.
Mi voltai verso il ponte e lo vidi lì, di spalle, poggiato alla ringhiera, che scrutava il mare avvolto dalla sera e illuminato solo dal bagliore della luna.
Avvicinandomi notai che sul ponte aveva sistemato una morbida coperta di cotone con dei cuscini colorati. Sorrisi. Silenziosamente gli cinsi la vita da dietro e poggiai la testa sulle sue enormi spalle. Sentii le sue mani sovrapporsi alle mie e stringerle. Poi, si voltò lentamente e mi abbracciò, mentre sul suo volto si dipingeva un sorriso, quel sorriso che, irrimediabilmente, mi faceva impazzire.

«Dormiremo qui stanotte» disse guardandomi negli occhi e accarezzandomi una guancia, «sotto le stelle e cullati dal mare.»

Non riuscivo a crederci; quella mattina ero stata assalita dall'ansia di condividere con lui lo stesso letto mentre ora mi stava proponendo di dormire sotto le stelle.

«Vieni!»

Ci sdraiammo uno accanto all'altra. Avvolse le mie spalle così che io potessi poggiare la testa sul suo braccio. I nostri volti erano vicini tanto che sentivo la sua barba solleticarmi la guancia. Mi venne in mente la prima notte che passammo insieme: fu nel bosco, io chiusa in un sacco a pelo, lui sdraiato accanto a me su un tappetino. Gli avevo proposto di condividere almeno il "cuscino", una giacca che lui aveva arrotolato per farmi stare più comoda. Era sempre stato premuroso con me, anche quando eravamo ancora solo colleghi, cioè, lui il mio capo e io la sua dipendente. E così vicini ci eravamo incantati a guardare le stelle.

«Mi sorprendi sempre, Can» gli dissi, mentre con una mano mi allungai ad accarezzargli una guancia.

«Cosa ti aspettavi?» chiese.

«In verità nulla di così meraviglioso!»

Non potevo dirgli delle mie paranoie.

«Tu... sei meravigliosa!» E si voltò a guardarmi con quei suoi grandi ed intensi occhi scuri nei quali mi sarei sempre perduta.

I nostri sguardi passavano dagli occhi alle labbra, dalle labbra agli occhi. E poi ci baciammo, un bacio dolce, caldo, sensuale. Cosa potevo desiderare di più in quel momento?

🌟

Can

Cosa potevo desiderare di più in quel momento? Avevo tra le braccia la donna che amavo, la creatura più meravigliosa di questo mondo. Come avevo fatto un anno intero senza di lei? Ancora me lo chiedevo. La strinsi di più a me, il calore della sua bocca sulla mia mi mandava in frantumi, non avrei mai voluto smettere di baciarla, e il suo profumo... il suo profumo mi faceva impazzire.
Dovetti staccarmi dal suo viso. Non avrei voluto ma rischiavo di fare un passo di troppo. La guardai intensamente e lei dovette captare i miei pensieri perché avvampò.
Restammo abbracciati a guardare quel cielo infinito di stelle finché ci addormentammo.

Il giorno dopo navigammo ancora per alcune ore fino al porto di Mitilini. Rimanemmo lì un paio di giorni. Fittammo uno scooter e girammo tutta l'isola di Lesbo, fermandoci di tanto in tanto ad ammirare qualche panorama. Visitammo la foresta pietrificata, un parco archeologico con tronchi d'albero pietrificatisi milioni di anni fa in seguito ad un'eruzione vulcanica. Costeggiammo l'isola alla ricerca di insenature che affacciavano sul mar Egeo.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora