Capitolo 30 ⛵ L'anello ⚓

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Sanem

L'incontro con i miei lettori newyorkesi avvenne in una libreria. Anche se era una splendida giornata di sole, il freddo non lasciava ancora la possibilità di programmare l'evento all'aperto. E poiché non volevo assolutamente presentarmi in un ambiente freddo e asettico, come auditorium o grandi sale grigie, proposi al mio editore di programmare più incontri in varie librerie della città. Mi sembrava l'ambiente più idoneo alla presentazione di un libro. Non ebbe nulla da obiettare, al contrario fu felice che gli avessi proposto più incontri.

Giungemmo alla libreria in perfetto orario. Il signor Dubelak, l'editore, mi disse che non c'era bisogno di arrivare con largo anticipo. Per cui, io e Can ce la prendemmo comoda. Trascorremmo la mattina a passeggiare, dopo esserci preparati con calma ed aver fatto una sontuosa colazione. Rientrammo per pranzo per poi prepararci per l'evento. Questa volta indossai il tailleur che avevamo acquistato in Florida, non era caldo ma era elegante e adatto al tipo di ambiente scelto. Can ne fu contento. Indossai poi solo la collana con la fenice e l'albatros intrecciati, mentre quella con l'anello la tolsi, pensai che sotto la camicetta ne stava bene una e scelsi quella più adatta ed in tema.

«Questa non la metti?» mi chiese Can.

Dallo specchio lo vidi prendere la collana con l'anello che avevo poggiato sul comodino.

«Credo che ce ne stia meglio soltanto una e questa credo sia la più indicata per l'occasione» risposi, stringendo tra le dita il ciondolo che avevo al collo.

«Forse è arrivato il momento che questo anello ritorni al proprio posto» asserì, guardando l'anello e poi me.

Ebbi la sensazione che nel suo sguardo ci fosse rammarico. L'ultima cosa che volevo era dargli un dispiacere. Indossavo sempre entrambe le collane e forse avevo sbagliato a toglierla ora.

«Hai ragione!» dissi avvicinandomi a lui e allungando la mano per riprendere quell'oggetto tanto prezioso. «Posso tenere pure quella. Sono stata una stupida a pensare di indossarne una sola.»

Ma ritrasse la sua mano che stringeva l'anello, abbassando su di esso lo sguardo.
Un magone alla bocca dello stomaco mi strinse il petto e mi fece salire le lacrime agli occhi. Sentivo di averlo offeso e non sapevo come rimediare.

«Can, io... perdonami!»

Alzò il viso ed incrociò i miei occhi pieni di lacrime.

«Non c'è bisogno di piangere, amore mio!» disse guardandomi con dolcezza e asciugando con la mano libera il mio viso.

«Ci tengo tanto a quell'anello, Can, non volevo toglierlo!» cercai di giustificarmi ma mi sentivo spregevole.

«Lo so, Sanem» continuò, abbassando di nuovo lo sguardo e parlando mestamente. «Hai ragione tu, non ci sta bene insieme all'altra collana. Non merita di stare lì.»

Cos'avevo fatto! Lo avevo ferito, lo avevo deluso. Mi sentivo così sciocca per aver pensato di separarmene anche se solo per poche ore.

«Can, ti prego!» lo implorai, cercando di nuovo di riprendermi la collana.

Si discostò di pochi centimetri e vidi le sue mani sfilare l'anello dalla lunga catenina. Stavo per sentirmi davvero male, iniziai a singhiozzare.

«Non farlo, Can!» lo supplicai.

«Cosa?» mi chiese, rigirando l'anello tra le dita.

«Non metterlo via» mormorai, aspettandomi una risposta che mi avrebbe uccisa ancora di più. Tremavo.

«Non voglio farlo. Ho detto che deve tornare al proprio posto» replicò sollevando lo sguardo, che stavolta non mi sembrava più dispiaciuto.

Un lieve sorriso affiorò sulle sue labbra e i suoi occhi mi parvero più dolci.
Inaspettatamente s'inginocchiò prendendo la mia mano destra. Sgranai gli occhi davanti a quel gesto. Infilò all'anulare quell'anello con la pietra di luna.
«E' questo il suo posto.»

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora