Capitolo 41 ⛵ Amara scoperta ⚓

2.3K 161 49
                                    

Sanem

Per tutto il giorno mi aveva tormentato il pensiero di cosa dovesse parlarmi Can. Al lavoro non ero riuscita a concludere nulla di buono. Scrivevo e cancellavo, riscrivevo e ricancellavo. Quel pomeriggio avevo anche il corso d'inglese ma non riuscii a concentrarmi e nel test finale di quella sessione feci più errori di quanti ne fossero consentiti. Questo stava a significare che la volta successiva avrei dovuto ricominciare il capitolo. Per fortuna la mia memoria fotografica registrava tutto e avrei velocizzato la ripetizione.
All'uscita dal corso, a pochi isolati dalla casa editrice, non vidi Can. Eravamo rimasti, come ogni volta, che mi avrebbe aspettata fuori dallo stabile. Pensai che sicuramente aveva dovuto trattenersi al lavoro e, distratto, non era riuscito nemmeno a mandarmi un messaggio per avvisarmi. Mi guardai comunque intorno pur sapendo che non c'era, di solito lo trovavo seduto sulla panchina di fronte l'ingresso. Senza scoraggiarmi, m'incamminai verso l'agenzia. Giunta al portone, chiamai Can che mi rispose al secondo squillo.

«Amore, scusa se non ti ho avvertita. Ho appena terminato. Tempo che sistemo e scendo» disse, sentendomi sollevata.
Chissà perché avevo temuto che se ne fosse andato via senza aspettarmi.

Nel mentre cacciavo via quel pensiero, non mi accorsi che a due passi da me qualcuno mi osservava. Quando sollevai lo sguardo, vidi Polen. Mi fissava con aria di sfida. Non capivo. Sul suo volto di nuovo quel sorriso indecifrabile. Cercai di restare calma, di radunare tutto il coraggio e la sfrontatezza che mi avevano contraddistinta tante volte di fronte agli attacchi di chi non mi vedeva di buon occhio. Ricordai di quando volli sfidarla con l'arco. Non ne avevo mai tenuto uno in mano in vita mia, mentre lei era un'abile arciere. Eppure, non avevo temuto di fare una figuraccia davanti al mio capo, avevo solo voluto dimostrare che niente e nessuno mi avrebbero schiacciata.

«Cosa ci fai qui?» chiesi, cercando di mostrarmi sicura.

«Buonasera, cara Sanem!» rispose. «Passavo da queste parti, non sapevo che anche tu lavorassi qui.»

«Come vedi!» replicai, pensando che aspettasse suo fratello.

Solo in quel momento mi accorsi che aveva per mano un bambino. Il piccolo, che doveva avere più o meno sui quattro/cinque anni, ci osservava curioso, in silenzio, come se non capisse la nostra lingua. Gli accennai appena un sorriso, per poi lanciare uno sguardo interrogativo a quella donna. L'ansia mi assalì di nuovo ma cercai di ricacciarla via.
Sentii dei passi alle mie spalle. Mi voltai e vidi arrivare Can. Non appena uscì dal palazzo rimase allibito vedendo Polen. I suoi occhi caddero sulla piccola figura che lei teneva per mano. Can mi sembrò quasi in imbarazzo. Vidi i muscoli delle sue braccia contrarsi.

«Can, che bello rivederti!» disse Polen sorridendo.

Rivederti? Guardai l'uomo accanto a me, sempre più irrequieto. Non potei far a meno di rimanere perplessa.

«Cosa vuoi, Polen?» chiese Can.

«Aspetto Yiğit» fu la risposta. Poi guardò il bambino. «Ah, lui è Adil, mio figlio» aggiunse, passando con lo sguardo dal piccolo a Can.

Non capivo perché lo guardasse insistentemente, ma mi accorsi del sorriso enigmatico spuntato sulle sue labbra.
Can continuò a fissare ancora qualche istante il piccolo Adil, per poi intrecciare la sua mano con la mia e trascinarmi via di lì senza parlare.

🌟

Can

Non smettevo di fissare il viso di quel bambino che probabilmente poteva essere mio figlio. Poteva avere all'incirca quattro anni, ma com'era possibile che non ne avessi mai saputo niente? Come aveva fatto Polen a nascondermi la gravidanza? Per quanto i nostri incontri si limitavano ad un paio di volte l'anno, non riuscivo a capacitarmene. Non erano mai trascorsi più di nove mesi tra un incontro e l'altro, come aveva fatto a tenere un segreto così evidente?

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora