Capitolo 46 ⛵ Un'amara decisione ⚓

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Sanem

Rientrai a casa di Gustav, che mi raggiunse poco dopo. Trascorsi la notte a tormentarmi stringendomi nella maglia di Can, nel suo odore impregnato nel tessuto. Mi mancava da morire ma avevo bisogno di fare nuovamente il punto della situazione dopo le parole di Polen. Il suo era un vero e proprio ricatto ma non potevo permettere che Can vivesse lontano da suo figlio o che, per causa mia, gli fosse negato anche solo di stargli vicino. Lui era cresciuto senza l'affetto di una madre, non potevo permettere che anche Adil crescesse senza l'amore di suo padre. Non avrei potuto vivere con questo peso.

«Torni a casa tua, stasera?» mi chiese Gustav a colazione.

«Mi stai cacciando?» risposi di rimando.

«Lo sai che puoi restare qui quanto vuoi, ma casa tua è Can» disse serio.

«Non tornerò» esclamai, con lo sguardo perso nella tazza di cappuccino.

«Cosa vuoi dire?» chiese allarmato il mio amico.

«Oggi stesso parlerò col signor Dubelak e lascerò la casa editrice. Torno in Turchia» annunciai tutto d'un fiato.

«COSA? Sanem, aspetta, che stai dicendo? Ragiona.»

«Ho riflettuto tutta la notte. E' la cosa giusta» risposi poco convinta ma decisa.

«Che cosa è giusto, eh? Cosa, Sanem? Mollare il tuo sogno? Ciò che ti rende felice?» esplose Gustav, manco stessi lasciando lui.

«Non m'importa niente della casa editrice e del mio romanzo. Ricomincerò da capo.»

«Non parlavo di lavoro, Sanem. Parlavo di Can, del grande amore della tua vita, il tuo sogno, la tua felicità.»

Le lacrime iniziarono ad offuscarmi gli occhi. Il mio cuore straziato si sarebbe abituato di nuovo a soffrire in silenzio.

«Non dire nulla a Can. Mi odierà, lo so, ma è l'unico modo per non fargli perdere Adil» continuai, fra le lacrime che ormai erano finite nel cappuccino.

«Non sono d'accordo, Sanem. Devo dirtelo, questa volta chi sta sbagliando a scappare sei tu. Stai facendo un grande errore» disse Gustav, alzandosi poi dalla tavola e uscendo di casa pochi istanti dopo, lasciandomi da sola con il mio tormento.

Decisi che avrei raggiunto la casa editrice e avrei dato le dimissioni, dopodiché mi sarei recata a casa, sperando di non incontrare Can, per prendere alcuni effetti personali, sarei poi andata all'aeroporto e avrei preso il primo volo disponibile per la Turchia, a costo anche di effettuare qualche scalo, pur di scappare via.

🌟

Can

Trascorsi un'altra notte insonne a respirare il profumo intriso sulla bandana della mia Sanem. Allah, quanto mi mancava! Ma non avrei permesso che passasse un altro giorno lontano da me.

Scrissi un messaggio a Polen dicendole di incontrarci quella mattina al bar sotto l'agenzia per parlare. Dopo essermi preparato, nonostante fosse ancora presto, mi recai davanti alla casa editrice ed attesi che arrivasse Sanem.
La vidi da lontano, camminava col capo chino senza badare a dove metteva i piedi, a tratti sembrava sbandare per poi fermarsi e portarsi le dita agli occhi, presumibilmente per fermare qualche lacrima.
Mi avvicinai.

«Can, cosa ci fai qui?» chiese, sobbalzando non appena mi vide.

«Volevo vederti» risposi, cercando di forzare un sorriso. «Perché stai piangendo?»

«Non sto piangendo» mentì.

«Ah, no?» la provocai, sollevandole delicatamente il viso e puntando i miei occhi nei suoi. Erano vuoti, tristi, e vi lessi una sorta di paura, di angoscia che mi fecero rabbrividire.
Non avevo mai visto quello sguardo. Cercai di non dargli peso, pensando che, una volta risolto con Polen, avrei sistemato le cose tra di noi.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora