Capitolo 47 ⛵ Per amore ⚓

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Can

Un altro tuono squarciò nuovamente il cielo. Il mare di fronte a me iniziò ad ingrossarsi lasciando che le onde a riva sbattessero fragorosamente sulla battigia. Il sole scomparve completamente lasciando posto solamente a nuvoloni grigi che da un momento all'altro avrebbero riversato in quell'angolo di terra un'ingente quantità di pioggia. Un leggero vento accarezzava il mio viso senza però essere fastidioso. Questo mi permise di restarmene seduto sulla sabbia ad osservare quello spettacolo della natura, finché non fosse iniziato a piovere. Mi sarei poi rifugiato nella villetta di Gustav, con la speranza che Sanem mi raggiungesse. Dentro di me, però, avvertivo una sensazione di smarrimento, di vuoto, quasi di paura, nonostante la telefonata inattesa ricevuta qualche ora prima.

Sullo schermo del telefono era apparso un numero sconosciuto al quale, in un primo momento, mi ero rifiutato di rispondere. Non avevo voglia di parlare con nessuno. Al secondo tentativo, avevo invece deciso di accettare la chiamata.

«Pronto?»

«Pronto, Can?» La voce all'altro capo del telefono non mi era sconosciuta.

«Sono io, con chi parlo?» chiesi, giusto per averne la conferma.

«Sono Yiğit. Ho bisogno di parlare con te urgentemente» disse con un tono di voce che mi era parso abbastanza allarmato.

«Non abbiamo nulla da dirci» esclamai.

«Fermo, Can, non riattaccare. C'è qualcosa d'importante che devi sapere. Non ti avrei chiamato se non lo fosse.» Sembrava davvero serio.

«Cosa vuoi?» domandai freddamente. Non riuscivo a tollerare la sua voce.

«Dove possiamo incontrarci?» chiese a sua volta.

«Possiamo parlare per telefono, ora sono fuori città» risposi, senza rivelargli dove fossi. Non gli doveva importare.

«Ok, Can, permettimi allora di parlare. Quello che ti dirò cambierà le cose, ma è giusto che tu sappia la verità.»

«Di che verità parli?» domandai, cercando di non spazientirmi.

"Eccolo," pensai, "ora tornerà all'attacco, come previsto. Ma stavolta non l'avrà vinta."

«Si tratta di Polen.»

A quelle parole mi bloccai, i miei pensieri sbagliati furono spazzati via come da una folata di vento.

«Polen!» esclamai quasi tra me e me.

«So che te ne dovrebbe parlare lei ma dubito che lo farà, per questo mi sono permesso di intromettermi. So bene che a causa del mio comportamento passato tu non voglia nemmeno sentir parlare di me, ma ti assicuro che questa volta sono dalla vostra parte, tua e di Sanem.»

«Avanti, Yiğit, parla!» chiesi incuriosito, nonostante fossi ancora scettico davanti alla sua resa.

«Polen ti ha mentito. Adil non è tuo figlio.»

«Cosa stai dicendo?» gli chiesi, quasi credendo di aver capito male. A che gioco stavano giocando?

Yiğit mi raccontò della sfuriata avuta quella stessa mattina con sua sorella, con cui ancora non ero riuscito a parlare. Rimasi in silenzio ad ascoltare e a pensare.

«Can, davvero stavolta le mie intenzioni non sono cattive. Non credi che avrei approfittato della situazione? Sto andando persino contro Polen» disse, captando una punta di dispiacere mentre diceva quest'ultima cosa. Mettersi contro il proprio fratello o sorella non era una cosa piacevole.

Nonostante gli credessi, forse più per il fatto che era una verità che desideravo, provai a telefonare di nuovo alla mia ex. Dopo alcuni insistenti tentativi finalmente rispose. Non fui per niente calmo, le inveii contro senza darle subito modo di parlare. Cercò in un primo momento di giustificarsi, ma poi crollò. Il suo pianto non m'impietosì, al contrario, fu solo l'ulteriore conferma che voleva incastrarmi. Riagganciai arrabbiato e il mio pensiero andò subito dapprima al piccolo Adil, che non meritava una madre come lei, e poi alla mia Sanem. Dovevo urgentemente chiamarla. Il suo telefono, però, risultò spento. Provai a chiamare Gustav ma nemmeno da lui ebbi risposta. Non sapevo cosa fare. Non potevo tornare a New York, semmai Sanem mi avesse raggiunto al mare. Decisi di aspettare il pomeriggio, nonostante volessi correre da lei. Provai ancora a chiamarla ma tutto taceva. Non mi restò che aspettare, col cuore leggero ma allo stesso tempo stretto in una morsa che non riuscivo a capire.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora