Capitolo 33 ⛵ Buon compleanno, Can! ⚓ (Parte prima)

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Sanem

Aspettavo Can fuori dalla casa editrice, eravamo tornati indietro per aver dimenticato una cartellina ed era salito negli uffici per prenderla. Osservavo il via vai di gente sul marciapiede, le auto che clacsonavano nel traffico nell'ora di punta. Anche per questo preferivo non tornare a casa in taxi, stare ferma ad aspettare che la via si liberasse mi innervosiva, soprattutto dopo una giornata di lavoro. Ma all'improvviso i miei occhi si soffermarono su un tizio all'altro lato della strada intento a parlare al telefono, in quel punto le corsie erano solo due, per cui mi fu facile riconoscerlo. Yiğit. Cosa ci faceva a New York? Credetti per un attimo di aver preso un abbaglio, nonostante non fosse ancora buio. Restai ancora a fissare il lato opposto della strada col cuore che mi martellava nel petto. Fu nello stesso momento in cui i suoi occhi incrociarono i miei che sentii il portone dell'agenzia aprirsi, mi voltai e mi ritrovai Can di faccia.
Si accorse immediatamente che qualcosa mi turbava ma gli dissi che era solo stanchezza. Propose di prendere un taxi ma preferivo camminare. L'aria aperta mi faceva bene, mi rigenerava e camminare in mezzo alla gente mi avrebbe distratta. Parlammo solo di lavoro durante la mezz'ora di cammino verso casa, non accennai alla visione di poco prima, non volevo rovinare l'umore di Can, visto che il giorno seguente sarebbe stato il suo compleanno.

Rientrati a casa cercai di non pensarci più. In realtà ero davvero stanca, quella settimana era stata più intensa del solito. C'era stato l'incontro con gli altri scrittori che avevano aderito al progetto. Eravamo tutte persone di nazionalità diversa e oltre me altri due non parlavano inglese, per quanto lo masticassero non erano predisposti al dialogo. Per cui si aggiunsero altri due traduttori, oltre a Gustav. In più avevo sostenuto la prima prova del test d'inglese, per fortuna con buoni risultati. E dulcis in fundo, mi ero dedicata con molto più impegno alla scrittura del mio libro, avendo chiesto il permesso di poter andare via prima il venerdì. Volevo preparare una sorpresa a Can per il suo compleanno.

«Amore mio, vado a farmi una doccia, ho bisogno di rilassarmi» dissi.

«Allora io inizio a preparare la cena e dopo, se vuoi, posso farti un massaggio» disse Can allusivo.
Sapevo già come sarebbe terminato il massaggio.

«Va bene, amore!» risposi con un sorriso malizioso.

Raggiunsi il bagno, mi spogliai e m'infilai sotto la doccia. L'acqua calda rilassò tutti i muscoli del mio corpo portando via anche il pensiero di Yiğit. Piuttosto mi concentrai su quello che mi aspettava dopo e terminai la doccia più in fretta che potei. Nel rivestirmi, scelsi un semplice vestitino blu scuro a mezze maniche, in casa i riscaldamenti erano accesi e a tratti faceva persino caldo. Legai i capelli in una coda alta e misi un gran quantitativo di crema sul mio corpo. Sorrisi consapevole che avrebbe sicuramente fatto perdere i sensi al mio massaggiatore personale.

🌟

Can

Rientrammo a casa e, mentre Sanem faceva la doccia, mi accinsi a preparare la cena. Lasciai che fosse così, non volevo che si stancasse ulteriormente. Nella mia testa, di tanto in tanto, continuava a frullare il pensiero che qualcosa l'avesse turbata facendole cambiare repentinamente l'umore. Ma quando la vidi entrare in cucina, fresca come una rosa, quel pensiero svanì all'istante.

«Sei bellissima!» esclamai, mentre avanzava verso di me posando poi una mano sulla mia schiena. Con l'altra, invece, afferrò un pezzo di formaggio, che stavo tagliando, da mettere nelle omelette.

«Uhm! Non so se crederti,» replicò, «diresti che sono bella anche se indossassi un pigiama e dei calzettoni.»

«Perché è vero!» ammisi.

«Anche se indosso delle ciabatte con i conigli?»

Venne da ridere ad entrambi al ricordo di molto tempo prima...

Ero andato ad Agva per rilassarmi, per pensare alla mia vita, a cosa fare con Sanem che mi aveva tradito vendendo a Fabbri il nostro profumo. Ma lei, con l'aiuto di Leyla ed Emre, mi aveva raggiunto. Pur volendo starmene da solo, con lei lì divenne impossibile. La sera, poco dopo essere tornati ognuno nella propria camera, ero andato al bar del ristorante per chiedere dell'acqua e lei era lì, in pigiama e con le ciabatte con dei conigli, che chiedeva un'altra stanza poiché nella sua non funzionava il condizionatore e si gelava. Non essendoci camere libere, le offrii di dormire nella mia. Avevo un lettino in più, anche se per lei era piccolo, e dopo vari sbuffi e sospiri avevamo finito per condividere il letto matrimoniale. Dopo un tira e molla di coperte per tutta la notte, ci ritrovammo al risveglio incastrati in un abbraccio e con le gambe intrecciate, forse fu per il freddo, o forse per il desiderio represso di cercare entrambi la vicinanza l'uno dell'altra. Aprire gli occhi e vedere il suo viso, così vicino al mio, e respirare il suo profumo fu il risveglio più bello. E la voglia di baciarla, nonostante tutto, era tanta.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora