Capitolo 8 ⛵ Non c'è rosa senza spine ⚓

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Can

Aprii gli occhi prima che la sveglia sul mio cellulare suonasse. L'avevo impostata temendo di non riuscire a svegliarmi in tempo ma l'avevo preceduta di venti minuti. Sanem aveva il viso ad un naso dal mio, quasi ogni mattina ci ritrovavamo così, come se anche nel sonno avessimo l'esigenza di sentire la presenza l'uno dell'altra, eravamo davvero due calamite la cui forza magnetica ci attraeva prepotentemente. Dormivamo abbracciati ma talvolta, quando faceva caldo, nel sonno i nostri corpi si staccavano, per niente ci lasciavamo andare alle due estremità del letto cercando, inconsciamente, dei punti freschi e alle volte trovavo Sanem distesa di schiena, con un braccio alzato sul cuscino, l'altro abbandonato sulle lenzuola a qualche centimetro dal suo corpo come se volesse prendere la distanza dal calore che lei stessa emanava. Una gamba stesa e l'altra leggermente piegata. La sua bocca un po' schiusa le dava quell'aria da bambina che mi faceva sorridere. Eppure, a guardarla bene, scorgevo in lei le fattezze di una donna, ormai non era più la ragazzina che avevo conosciuto circa due anni prima, ma era sempre la mia Sanem imbranata, maldestra, logorroica, dolce, sensibile, che s'imbarazzava davanti ad un complimento malizioso, gelosa se un'altra donna mi si avvicinava, esuberante e piena di vita. Quando m'incantavo ad osservarla mi veniva spesso in mente quel giorno in cui insieme ai miei migliori amici, Akif e Metin, dovevamo scegliere la modella per il servizio fotografico fatto a scopo di beneficenza. Eravamo nella tipografia di Akif e sfogliavamo le foto di alcune modelle ma nessuna di loro trovavo adatta... "La donna che cerco deve esprimere gioia e tristezza insieme, deve essere bella ma inconsapevole di esserlo, voglio che i suoi occhi siano lo specchio della sua anima. Deve essere forte e fragile, determinata ma anche romantica"... Nella mia testa immaginavo Sanem, era lei che incarnava le qualità che avevo appena descritto ai miei amici e ne avemmo tutti la conferma quando lei si palesò davanti ai nostri occhi; era venuta in tipografia a ritirare alcune stampe per una campagna pubblicitaria. All'epoca non capivo ancora cosa mi stesse succedendo, le donne con cui ero stato erano avvenenti ma piene di sé, consapevoli di giocare le loro carte in tutto con la loro bellezza. Forse per questo non avevo avuto mai una relazione seria, fuggivo sempre da tutto e da tutti e in un certo senso anche da loro. Sanem, invece, era lei a sfuggirmi. Non immaginavo lontanamente che per lei avrei perso la testa, ma m'incuriosiva quella ragazza dagli occhi castani ed intensi, con le sue espressioni buffe e la sua ingenuità. L'unica in agenzia che non indossava i tacchi e vestiva con una semplicità a suo modo seducente. Se qualcuno mi avesse detto che era lei la donna della mia vita avrei pensato che quella persona stesse dando di matto o che fuori di testa ci sarei andato io. E a quanto pare la vittima ero stato proprio io, Can Divit.

Osservai il viso addormentato di colei che era il senso della mia vita, non era rilassato come le altre volte, un leggero turbamento si poteva percepire attraverso le sottili rughe che solcavano la sua fronte. Era stata inquieta tutta la notte e chissà cosa stava ancora sognando. Non sapevo come farle capire che poteva stare tranquilla, lei era l'unica donna che volevo al mio fianco, e più di una volta durante la notte l'avevo stretta a me. Le accarezzai lievemente una guancia e le spostai una ciocca di capelli caduta sul viso, non volevo che si svegliasse e ricominciasse a tormentare i suoi pensieri. Era bella, anche col broncio era la donna più bella che esistesse. Respirai il suo respiro come fosse ossigeno per i miei polmoni, chiusi gli occhi e mi beai ancora cinque minuti di lei, stesa accanto a me con un braccio intorno alla mia vita.

Mi preparai cercando di non fare rumore. Sarebbe stato un incontro informale quello con Mackinnon ma decisi comunque di darmi un aspetto meno trasandato, più curato ma molto sobrio. Indossai dei semplici jeans e una polo e legai i capelli accuratamente. Lasciai un bigliettino sul cuscino per quando Sanem si sarebbe svegliata ed uscii.
Arrivai con leggero anticipo al "Cafè del Porto", non tolleravo essere in ritardo ad un appuntamento, mi accomodai ad uno dei tavoli e ordinai un tè, che non aveva nulla a che vedere con quello delizioso preparato dalle dolci mani della mia Sanem. Guardai l'ora, Mackinnon sarebbe dovuto arrivare a momenti ma alzando lo sguardo dal telefono vidi arrivare Ceyda.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora