Capitolo 6 ⛵ Desideri ⚓

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Can

Attesi che Sanem finisse di prepararsi e uscimmo a fare scorte di cibo e acqua per i giorni seguenti. Decisi che saremmo ripartiti quel giorno stesso, avevo bisogno di prendere ancora una volta il largo per lasciarmi andare al silenzio e alla tranquillità.

«Eccomi, amore mio, sono pronta.»

Facemmo un ultimo giro per la città prima di caricarci le braccia di buste. Ci fermammo su una panchina dalla quale si vedeva tutto il porto e l'immensità del mare che ci aspettava. Sanem poggiò la testa sulla mia spalla e io le accarezzai i capelli. Non doveva temere, non l'avrei più abbandonata. Le strinsi il naso tra le dita e iniziai a giocare con lei facendole il solletico, non lo sopportava ma dovevo farla ridere e anch'io avevo bisogno di rilassarmi dopo il sogno di quella notte, ero ancora un poco scosso e giocare con lei era un modo per scaricare la tensione.

«Ti prego, Can, fermati, soffro il solletico. Caaan!»

La sua voce stridula mi fece ridere. L'abbracciai e le tempestai il viso di baci.

«Andiamo» dissi alzandomi e tirando su anche lei.

«Can, che ne dici se prima di ripartire andassimo di nuovo alle cascate? E' davvero bello lì e chissà se ne troveremo altre così belle!»

Mi bloccai e mi sentii avvampare.
«Sanem, dobbiamo ripartire. E poi tornare lì, rifare quel tragitto scivoloso può essere rischioso.»

«E da quando hai paura del rischio?»
Mi guardò perplessa.

Effettivamente non mi faceva paura niente. Solo mettere in pericolo lei mi avrebbe spaventato. Certo, non era quello il caso ma avevo bisogno di una scusa.

«Da quando ci sei tu!» risposi.

«Potresti scivolare e farti male. Ammetterai che sei un po' maldestra e non voglio che ti succeda nulla.»

Continuava a fissarmi dubbiosa. Sapevo che come scusa non reggeva ma ritornare alle cascate mi avrebbe fatto impazzire.

«Di cascate ancora più belle ne troveremo, vedrai. Ma ora andiamo che voglio salpare subito.»

Mi dispiaceva non poterla accontentare ma tornare in quel posto avrebbe significato torturarmi, non avrei fatto altro che rivivere il mio sogno senza però viverlo veramente.

Entrammo in un paio di alimentari, comprammo anche qualcosa di già pronto da mangiare in giornata e Sanem volle acquistare dei souvenir.
Un'ora dopo avevamo già abbandonato Samos.

«Guarda qua. Sorpresa!»

Sanem aveva tra le mani una piccola scultura dove erano state incise e dipinte alla perfezione le cascate di Potami, il lago e lo scoglio.

«Non ci credo!» fu l'unica cosa che riuscii ad esclamare.

«Se noi non possiamo andare alle cascate, le cascate vengono da noi» disse euforica e sorridendo come una bambina che era riuscita, in modo seppur diverso, ad avere ciò che voleva.
«Che dici se la metto qua?»
Fece per posizionarla sul tavolino proprio davanti al timone, ossia davanti ai miei occhi.

«NO» scattai, come se stesse facendo qualcosa di male.

Si voltò sorpresa dal mio tono forte.

«No, Sanem, lì potrebbe... cadere e rompersi. Starebbe meglio in un posto più riparato, più sicuro» dissi con toni più calmi.

«Sì, forse hai ragione. Magari sul mobiletto vicino la cucina» disse ammirando la scultura.

«Anche dentro, magari» replicai a fior di labbra.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora