Capitolo 37 ⛵ Benvenuti! ⚓

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Sanem

Dopo una giornata di lavoro intensa ed inquieta, finalmente potevamo tornare a casa dove saremo stati solo noi due. Avevo intenzione di preparare qualcosa di buono e non pensare più all'incontro indesiderato. Avremmo visto un film in tv abbracciati sul divano, io mi sarei accoccolata fra le braccia del mio amore e probabilmente mi sarei addormentata, come al solito, cullata dal suo calore.

Can prese la mia mano e ci avviammo, ma, dopo pochi metri, ci ritrovammo faccia a faccia con Yiğit che usciva da una libreria poco distante dalla casa editrice.
Ci fermammo di colpo tutti e tre. Sentii la mano di Can stringere ancora di più la mia, come ad evitare che qualcuno potesse strapparmi via da lui.
Yiğit ci guardava imbarazzato. Notai il suo sguardo che di tanto in tanto abbassava per terra per poi tornare su di noi.
Fu questione di pochi attimi, anche se quel breve lasso di tempo sembrò un'eternità.

«Buonasera» proferì Yiğit.

«Buonasera» salutò Can freddamente, sicuramente solo per una forma di cortesia.

Fece per avanzare ed andare via, tirandomi per la mano, quando Yiğit parlò.

«Aspettate!» disse con tono quasi implorante. «Io vorrei...» lo vidi prendere fiato, «vorrei chiedervi scusa per tutto il male che vi ho causato. So di non meritare il vostro perdono ma voglio ugualmente chiedervi scusa. Non importa se non mi credete, se cambierete strada ogni volta che c'incroceremo. Non vi biasimo, farei anch'io lo stesso, ma permettetemi almeno di scusarmi. Ho agito in maniera subdola alle vostre spalle solo per un mio tornaconto personale e non ho fatto altro che procurarvi sofferenza. Sono stato un vigliacco e non me lo perdonerò mai. Ma allontanandomi, in questi mesi, ho capito quanto io abbia sbagliato e tutto il male mi si è solamente ritorto contro. Perdonami Sanem! Perdonami Can!»

Restai basita dalle parole di Yiğit, il mio cuore mi suggeriva di credergli e perdonarlo ma la mia mente era troppo razionale per cedere. Can, invece, rimase impassibile, osservava quell'uomo cercando di captare quale inganno celasse, ma non disse nulla. Solo, dopo la confessione di Yiğit, fece un lieve cenno di capo per poi tirarmi via dalla sua vista e proseguire sulla strada di ritorno verso casa.

Rientrammo. Can si precipitò a fare la doccia mentre io mi accinsi a preparare la cena. Non avevamo parlato lungo il tragitto. Le nostre menti frullavano pensieri che di sicuro non ci avrebbero reso la serata quieta come l'avevo programmata. Durante la cena chiesi a Can del suo progetto. Mi disse che era stato ultimato il primo dépliant e che entro un mese li avrebbero dovuti concludere tutti. A sua volta mi chiese a che punto fossi col mio romanzo. Gli risposi che non avevo una vera e propria scadenza, la priorità era il progetto in comune con gli altri scrittori, per cui, sicuramente, avrei concluso la mia storia non prima di riprendere il nostro viaggio in barca.
Non parlammo d'altro. Capimmo che l'interesse l'uno dell'altra sui nostri lavori, almeno per quella sera, era stato solo un modo per rompere il silenzio.
Per fortuna il mio telefono prese a squillare e mi sentii sollevata per quella distrazione.

«Leyla!» esclamai rispondendo subito alla videochiamata.
C'era anche Emre con lei ed io mi avvicinai a Can. Parlare con i nostri fratelli ci sollevò il morale, furono una ventata d'aria fresca.

Rimanemmo in videochiamata più di mezz'ora. Ci comunicarono che, se per noi non ci fossero stati problemi, la settimana successiva sarebbero venuti a trovarci. Feci salti di gioia all'idea di riabbracciare mia sorella dopo mesi e mesi di lontananza. Anche Can fu entusiasta della loro visita. Chiudemmo la videochiamata e, super felice, saltavo e giravo come una trottola per il salotto. Tutti i pensieri negativi di quel giorno sembrarono spariti nel nulla. Buttai le braccia al collo di Can che mi afferrò per la vita e mi sollevò. Non smettevo di sorridere. Lui mi osservava estasiato.

Il viaggio di Can e SanemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora