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Sono al bar che aspetto Jenna stranamente in ritardo, è la mattiniera del gruppo, è vestita già dalle sette di mattina, ma evidentemente ieri sera hanno bevuto da far schifo e il post sbronza è sempre devastante.
«Non hai idea di cosa ti sei persa.» afferma Jenna senza nemmeno salutarmi, mi lascia un bacio sciapo sulla guancia e si siede di fronte a me pronta a raccontarmi dalla A alla Z la serata.

Sorseggiando i nostri frullati al cocco e nutella ripercorriamo tutti i momenti trascorsi ieri sera, io non c'ero e per come descrive i vari accaduti sembra di essere lì in questo preciso istante.

«C'erano anche Ethan e Marvin.» afferma facendo una lunga pausa speranzosa in una mia reazione che non ottiene. «Ethan era fatto più del solito, i suoi amici gli hanno fatto provare la cocaina e ha combinato il caos più totale, verso l'una di notte è stato sbattuto fuori dal locale.» racconta ridendo. «Che amici...» sussurro basita. «Ok, ma lui è grande e vaccinato, poteva rifiutare, invece abbondava la dose.» continua seria. «E' anche svenuto.» conclude la vicenda di Wilson. «Marvin è riuscito a baciare Ella?» chiedo ridendo pur sapendo la risposta. «No, ovvio che no, Ella ieri si è ubriacata, ma nonostante questo è riuscita a controllarsi.» m'informa prima di raccontarmi cosa ha combinato Marvin. «Marvin ha scopato con la barista del locale nella macchina di Ethan e hanno litigato in maniera molto aggressiva.» rivela ridendo contagiandomi. «Ecco perché è stato mandato via.».

Usciamo dal bar con la gola rinfrescata e il cervello pieno di informazioni, ci dirigiamo verso casa di Ella che ci ha appena mandato un messaggio con scritto "SOS" o deve sbarazzarsi di qualche ragazzo o deve uscire e non sa cosa mettersi.
Suoniamo un paio di volte e ci apre la sorella minore, Caroline, ci saluta sforzando un po' di gentilezza e ci indica dov'è la sorella.
«Tra un po' vomiterà anche l'anima.» ci informa con tono acido, come al solito.
«E non l'hai aiutata?» le chiedo. «Non m'interessa, non bevesse la prossima volta.» risponde altezzosa. «Stronza!» urla Ella dal bagno.
Sono cane e gatto, Caroline è l'opposto di Ella, nonostante abbia dodici anni è la ragazzina più sfacciata che io abbia mai conosciuto.
Ella ha finalmente finito di vomitare e ci invita a restare a pranzo con lei e Caroline poiché sono sole e si annoiano.

-Mamma non torno a pranzo, mi fermo da Ella. Vi voglio bene.

Accettiamo con piacere e aiutiamo Ella a preparare il pranzo.

«Sei ancora fidanzata con quel ragazzino biondo della tua scuola?» chiede Jenna curiosa verso Caroline che sta gustando il suo hamburger di carne.
«No, l'ho lasciato, dopo un mese mi aveva già annoiato.» risponde fredda e senza cuore. «Caroline, non riesci proprio a non rompere i cuori delle persone?» chiede sua sorella in modo severo. «E tu non riesci proprio a farti i fatti tuoi?» ed ecco che iniziano a litigare. «Non voglio essere sfigata come voi, Evie è l'unica saggia qui dentro, non si è mai fidanzata così non ha mai sofferto. Prima di farmi fare del male, come è successo anche a te Jenna, li lascio ed evito ogni lacrima gettata su gente non meritevole.» spiega senza dimostrare nemmeno mezzo sorriso.

Torno a casa e ripenso al discorso uscito dalla bocca di quella ragazzina un po' smorfiosetta che però forse ha capito molte più cose di me riguardo i ragazzi e l'amore in generale.

«Com'è andata al lavoro?» chiedo a mia madre che si siede accanto a me sul divano color panna del salone. Prima di rispondermi, raccoglie i suoi capelli ramati in una coda bassa e inizia a raccontarmi la sua giornata abbastanza leggera.

Si alza all'improvviso e attinge una foto che teneva nella sua scatola dei ricordi blu, non la apre mai, quelle poche volte che l'ha fatto ha sempre pianto e odia farsi vedere debole da me o da papà.
Mi porge la foto che ha tra le mani ed è una foto di lei da piccola sul divano insieme a mia nonna che la avvolge tra le sue esili braccia.
La nonna ha i capelli rossi, come i miei, sono lunghissimi e sono arricchiti da due ferretti oro super luminosi.
Mi emoziono nel vedere come mia mamma era felice tra le sue braccia e noto subito le lacrime di mia madre scendere sul suo volto pieno di lentiggini.
«Il momento appena trascorso mi ha ricordato questa foto.» spiega dolcemente. «Come sai, tua nonna era l'avvocatessa dei minori più apprezzata qui a Detroit.» continua forzando un sorriso nei miei confronti. «Mi ricordo che quando tornava dal suo ufficio, io smettevo di fare i compiti e mi sedevo accanto a lei sul nostro divano marrone rovinato e mi raccontava tutto quello che aveva fatto e tutte le novità del caso.» dice con un nodo alla gola che riesco a percepire subito. Sta per scoppiare. «Io ero curiosissima, volevo sapere come proseguiva il caso, che fine facevano i ragazzini, ogni cosa.» continua con le lacrime che scendono sempre più velocemente. «Era una donna speciale e tu le somigli così tanto...» afferma prendendo il mio volto tra le sue mani curate. «E' grazie a lei che hai capito di voler intraprendere la strada della legge e della giustizia?» chiedo facendole capire che il suo racconto m'interessa. «Sì. È sempre stato il mio punto di riferimento, sin da piccola.» ammette guardandomi dritto negli occhi. «Allora anche tu somigli tanto alla nonna Isabel.» sorrido. «Sei la mia colonna portante, sei il motivo che mi spinge a percorrere i tuoi stessi studi, sei colei che sogno di diventare un giorno.» continuo originando un sorriso sincero sul suo volto.

INCASTRO (IM)PERFETTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora