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Qualche giorno dopo...

La vacanza è ufficialmente finita, prepariamo le valigie con qualche ricordo in più e qualche emozione in più e ci dirigiamo verso l'aeroporto.

Aspettiamo il nostro volo per Detroit e nel frattempo beviamo dei freschi frullati alla frutta.

Sentiamo tutto il discorso della signorina che annuncia il nostro volo e ci dirigiamo verso il gate giusto.

«Evie!» esclama Joshua dalle mie spalle prima di inoltrarmi verso il gate. «Grazie.» sussurra avvicinandosi. «Ci vediamo in biblioteca.» sorrido andando via.

Sono in aereo seduta tra Ella e Jenna, questa volta Ella ha voluto il posto vicino al finestrino e gliel'ho ceduto per educazione. Metto i miei auricolari nelle orecchie e ascolto la musica in modalità offline. Grazie alla musica e ai miei viaggi mentali, il volo sembra durare meno di cinque minuti. Siamo già nella magica Detroit e si respira la solita aria.

Usciamo dall'aeroporto e trovo mio padre che è venuto a prendere tutte noi, mi abbraccia fortissimo e mi dice di essergli mancato, ricambio l'abbraccio e l'affermazione e poi dritti verso casa.

Tornata a casa, mi fiondo immediatamente sul mio divano comodissimo e prima di ricevere l'interrogatorio di mio padre riposo un po' gli occhi.

«Com'è andata?» chiede sedendosi sul divano spostando le mie gambe. «Benissimo! Los Angeles è bellissima.» dico entusiasta e poi inizio a raccontargli tutto quello che abbiamo fatto rimuovendo i dettagli sui ragazzi che lo farebbero imbestialire. Ad interrompere il mio racconto è il campanello, si alza per andare ad aprire felice e si scusa per avermi spezzato l'entusiasmo.

«Tesoro, ho invitato la Signora Wilson e suo figlio a cena da noi.» dice aprendo la porta facendomi roteare gli occhi.

Mi alzo per salutare Rose e le lascio un dolce bacio sulla guancia che viene ricambiato subito. Vedere mio padre abbracciato ad un'altra donna è altamente disgustoso.

«Non volevo venire, ma sai com'è mia madre.» si difende Ethan sbuffando. «Sarebbe stato meglio.» sbuffo a mia volta. «Avresti preferito cenare con la coppietta adulta disgustosa?» chiede. «Non esiste nulla che sia peggio di te.» dico cattiva. «Siamo tornate più acide di prima...wow.» sussurra.

Ceniamo in silenzio perché sono concentrata sulla coppietta e poi Ethan mi invita ad uscire in giardino con lui per fumare.

«Ti torturi così...» mi dice. «Smettila di guardarli e di cercare di trovare una spiegazione.» continua incuriosendomi. «L'amore non ha una spiegazione.» conclude poetico. «Quello non è amore.» rispondo acida. «Chiamalo come vuoi.» fa spallucce. «Domani è un mese che è morta mia madre, non può essersi innamorato di un'altra dopo un solo mese.» dico triste. «Evie...Evie...Evie...» dice con tono altezzoso. «Che vuoi?» sbraito. «Davvero non l'hai capito?» mi chiede confondendomi. «Tuo padre e mia madre si frequentano da prima della morte di Star.» sostiene sicuro. «Che ne sai tu?» chiedo confusa. «Li ho visti già un po' di mesi fa e mia madre ha confermato.» dice senza sentimento.

«Allora ho ragione io.» dico. «Cosa?» domanda. «L'amore vero non esiste. È tutto una grande menzogna.» affermo. «Ci convinciamo che sia amore vero e che l'amore in sé esista, solo per essere felici, anzi, per fingere di essere felici.» concludo.

Ethan interrompe un lungo silenzio con un suo sfogo: «Anche i miei genitori non si amavano davvero.» incomincia. «Avevo dodici anni quando è successo, ero un ragazzino a cui piacevano molto le ragazzine, mi piaceva stare al centro dell'attenzione, soprattutto l'attenzione delle femmine.» ridacchia. «Poi, una sera, sono tornato a casa e ho trovato mia madre piena di graffi e lividi seduta in un angolo del salotto mentre piangeva disperata...Mio padre era lì, la guardava e il suo sguardo non emanava nemmeno un emozione, né tristezza né rabbia né piacere, guardava il vuoto.» continua con gli occhi lucidi rivolti verso il basso. «Il giorno dopo mia madre ha mentito dicendo di essere caduta e che mio padre stava lì impalato perché non sapeva cosa fare, cosa vuoi dire ad un ragazzino di dodici anni?» dice guardandomi negli occhi. «Ethan...mi-» m'interrompe. «La sera non sono uscito, ma ho detto ai miei il contrario, mi sono nascosto in cameretta e verso le nove di sera ho sentito mia madre urlare e chiedergli pietà, mio padre rideva e poi ho sentito mia madre piangere, piangeva fortissimo, io provavo il suo stesso dolore nonostante fossi a qualche metro di distanza, loro erano in camera da letto, la camera accanto alla mia, ho capito cosa stesse succedendo quando lui ha detto "E spero uscirai incinta puttana.", mia madre aveva tradito mio padre e mio padre si è vendicato abusandosi di lei e mettendole le mani addosso. Sapeva che non sarebbe finito in carcere perché in quanto marito e moglie nessuno avrebbe creduto che non fosse consenziente, infatti, mia madre non ha mai denunciato per non fare brutta figura con il vicinato.» prende fiato. «Il vicinato sa la verità, sa com'è mio padre.» dice piangendo. «Me ne vergogno tanto, non voglio che il mio cognome, la mia faccia, vengano associati ad un bastardo.» mi avvicino a lui sedendomi al suo fianco e gli permetto di poggiare il suo volto sulla mia spalla sinistra, mantengo il silenzio poiché penso non ci sia risposta migliore dell'ascolto silenzioso. «Non so perché ti ho raccontato questa cosa, non l'ho mai fatto con nessuno, nemmeno con Marvin.» dice prendendo la mia mano e stringendola forte. «Ha continuato.» sussurra. «In che senso?» chiedo sussurrando di rimando. «È scappato a New York qualche mese dopo e abbiamo saputo che ha stuprato un'altra donna e sua figlia, una ragazza di venti anni innocente.» afferma con la voce spezzata. «La donna l'ha denunciato, gli hanno dato solo due anni di arresti domiciliari e hanno incolpato la ragazza per aver indossato una camicetta scollata.» dice arrabbiato. «Che mondo di merda.» sussurro.

Arriva mezzanotte e la mamma di Ethan lo chiama per tornare a casa, ma lui invita la mamma ad andare da sola, vuole restare un altro po' qui, sicuramente perché non vuole farsi vedere con gli occhi gonfi.

«Mi ha fatto bene sfogarmi con te.» sorride. «Tieni.» dico porgendoli un bicchiere di acqua fresca. «E' per questo che quando tuo padre torna tu scappi di casa?» domando cauta. «Sì, non riesco nemmeno a guardarlo in faccia. Mi fa schifo Evie.» dico con la voce ancora rotta. «E bevi e fumi per lo stesso motivo...Vero?» chiedo. «Mi aiuta.» sostiene. «Alle serate non sfiorerei nemmeno per sbaglio una ragazza, non sai se ci sta o meno e siccome odio vedere le scene di pervertiti che si fanno una ragazza solo perché è ubriaca e in quel momento non sa dire di no, mi distraggo bevendo e fumando.» mi spiega tranquillo. «Sono ancora così cattivo e stronzo?» mi chiede ridacchiando. «Stronzo lo sei sempre.» lo prende in giro ridendo.

Si avvicina al cancello, mi saluta con un abbraccio sentito e mi ringrazia ancora per averlo ascoltato, gli lascio un dolce bacio sulla guancia e lo lascio tornare a casa sua da sua madre. 

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Ciao lettori e lettrici, come va? 
A me bene, si avvicina la sessione estiva e sono incasinata con gli esami e le lezioni, però ce la posso fare! 
Se mi vedete meno attiva del solito è proprio a causa dell'Università, ma come posso aggiorno con più capitoli, in modo tale da non farvi sentire troppo la mancanza! ahahah 

Spero che vi stia piacendo il romanzo e spero che lo continuiate a leggere. 
Fatemi sapere cosa ne pensate. 
Sono ben accette anche le critiche costruttive. 
Vi voglio bene. 

-Frey.

INCASTRO (IM)PERFETTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora