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Sono le otto di sera, Joshua mi accompagna da mio padre e ne rimane incantato nel vedere l'azienda da così vicino, così lo invito ad entrare con me.
«Papà, lui è Joshua un aspirante scrittore e un lettore ossessionato quasi quanto me.» sorrido. «E' un piacere conoscerti Joshua.» sorride gentile mio padre. «Fagli vedere gli uffici amore, io intanto ultimo il mio lavoro.» mi consiglia.
L'azienda di mio padre è divisa in tre piani, l'ufficio di mio padre si trova all'ultimo piano insieme ad altri due uffici dove ci sono gli addetti alla revisione e alla stampa. Al secondo piano, ci sono gli uffici di coloro che scelgono quale libro pubblicare e apportano varie modifiche che poi verranno accettate o rifiutate da coloro che revisionano l'opera. Al primo piano ci sono le segretarie e l'ufficio del "social media manager". Non so perché il suo ufficio si trova al primo piano e non insieme agli altri, non l'ho mai capito. Mi avvicino alle segretarie per salutarle e mi accolgono felici e sorprese. Mi conoscono da quando sono minuscola ed era da tanto che non le vedevo.

«Non ci credo! Evie!» esclama la segretaria più grande. «Sei cresciuta tantissimo!» continua felice. «Beh, avevo nove anni l'ultima volta.» rido. «E ti sei anche fidanzata!» urla l'altra segretaria. «No...Non siamo fidanzati.» rispondo imbarazzata. Joshua ridacchia e cambia argomento ponendo loro delle domande sul loro lavoro e sull'azienda in generale.

Mio padre scende a prendermi e ci dirigiamo insieme verso la sua auto, Joshua mi saluta con un bacio affettuoso sulla guancia e questo fa ingelosire mio padre che, ovviamente, pensa a male.

«Cambiati in fretta, stanno per arrivare gli ospiti.» mi obbliga. «Cazzo, mi ero dimenticata! Vado!» urlo salendo le scale che portano alla mia stanza. . Per fortuna oggi siamo tornati nella mia dolce villa, sono stati velocissimi e io sono felicissima di essere tornata nella mia dimora.
Apro tutte le ante dell'armadio della mia stanza e videochiamo la mia migliore amica, l'unica che può aiutarmi a scegliere. «Qualcosa di formale quindi...» dice pensierosa osservando attentamente quel po' che riesce a vedere dal telefono. «E' una cena importante.» le ricordo. «E potrebbero avere figli sexy...» dice ancora pensierosa. «Ma sei seria? Muoviti.» la rimprovero. «Quel vestito nero a tubino con la scollatura quadrata e i decolleté vanno più che bene.» decide. «Quale? Ne ho tre, scema!» inizio a sclerare. «Quello accanto al vestito rosa, l'unico che vedo.» ride. «Ok. Sei un tesoro, ti voglio bene, a domani.» chiudo la telefonata di fretta.

Scendo le scale vestita e profumata e sento già le voci, quindi sono arrivati e io odio sentirmi osservata. Ho raccolto i capelli in una coda alta, altrimenti li avrei dovuti lavare e il tempo non c'era.
Arrivo in salone e il cuore smette di battere appena il figlio degli amici di mio padre si volta verso di me sbarrando gli occhi. Sono tutti vestiti eleganti, la signora è veramente bella, da due occhi color cielo che hanno ipnotizzato pure me.

«Evie, vieni tesoro.» mi accoglie papà vedendomi in imbarazzo totale. «Loro sono i Wilson.» mi presenta alla famiglia che già conosco, purtroppo. «Sei uguale a tua madre.» afferma la Signora Wilson. Sorrido.
«Lui è mio figlio, Ethan.» lo spinge verso di me il padre. «Avete la stessa età se non sbaglio.» continua il papà con grande entusiasmo. «Lo so.» rispondo a bassa a voce con tono distaccato. «Vi conoscete?» chiede mio padre guardando i nostri occhi che non riescono a guardarsi nemmeno per un secondo. «Sì.» rispondiamo all'unisono annoiati. «Meglio! Potete tenervi compagnia a vicenda durante il nostro viaggio di lavoro!» esclama la mamma. «Viaggio di lavoro?» chiediamo insieme sconvolti. «Tesoro, dovevo dirtelo oggi...» sussurra papà. «Non farmi fare figuracce, poi ti spiego.» mi sussurra ancora all'orecchio. «Papà di che viaggio parlano?» insisto a bassa voce. «Nemmeno mio figlio lo sapeva, non preoccuparti Stephan.» afferma il papà di Ethan.

Ci sediamo a tavolo appena arrivano le pizze dalla nostra pizzeria italiana preferita e mentre loro iniziano a parlare del più e del meno io ed Ethan manteniamo il silenzio e cerchiamo di non far incrociare gli sguardi nemmeno per sbaglio. Fino a quando le nostre mani si trovano sulla stessa bottiglia di coca cola e "discutiamo" per chi deve versarla prima. «Prima le donne.» dice. «Prima i deficienti.» rispondo. «Prima quelle insopportabili.» continua. «Prima gli stronzi.» ribatto. «Ok.» dice con aria fiera.
Versa la coca cola nel suo bicchiere di vetro e poi mi porge la bottiglia con poca gentilezza.

«Allora? Possiamo sapere qualcosa in più su questo viaggio o dobbiamo giocare ad indovinare come sempre?» chiede Ethan irritato. «Come Evie sa, sua mamma molto spesso lavorava anche a New York.» afferma sua madre con tono paziente. Non deve essere facile convivere con suo figlio, poverina.
«Si.» rispondo. «Hanno organizzato una festa di addio in suo onore, lì ci sono molti avvocati importanti che la stimano e ci hanno invitato.» dice sorridendo verso mio padre. «La prossima settimana sono a Los Angeles, non posso esserci.» dico schietta. «Non preoccuparti tesoro, la festa è questo weekend.» risponde subito mio padre. «Venerdì è il compleanno di Ella, papà.» dico preoccupata. «Ci sarai.» mi assicura il padre di Ethan.
«Dobbiamo venire per forza?» chiede Ethan. «Parla per te, io voglio andare.» lo ammonisco. «Sì, verrai con noi, può essere una buona opportunità anche per te.» risponde la madre sorridendogli.

Andiamo in giardino insieme, perché lui deve fumare e perché suo padre ci ha obbligati ad andare insieme e iniziamo a discutere e a punzecchiarci come nostro solito.

«Spero di non avere il posto vicino a te in aereo.» dico. «Cambierei posto.» dice disgustato. «Per te può essere solo un onore, il problema è il mio, non voglio passare nemmeno cinque minuti con te.» rispondo a tono. «E allora perché sei qui? Non ci metto meno di cinque minuti per fumare questa sigaretta.» ridacchia. «Sono costretta.» roteo gli occhi. «Mio padre viene a Detroit una volta all'anno e quando viene mi mette in disordine tutto.» dice pensieroso, sedendosi sull'amaca. «Sono separati?» chiedo curiosa. «Già. Si vede, no? Mia madre ci prova spudoratamente con tuo padre e a lui non interessa niente, a lui non interessa mai niente.» mi fa notare indicandoli dalla vetrata che affaccia sul salone. «Perché ce l'hai così tanto con tuo padre?» chiedo. «Sembra una brava persona.» aggiungo. «Non capisci un cazzo Scott.» si altera e va via buttando la sigaretta nell'apposito contenitore.


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Ciao lettori e lettrici!

Come va? Siete tornati in presenza a scuola o siete ancora in DAD?

Sono qui per svelarli un altro volto del romanzo: Charlotte Nelson. 

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