Capitolo 16: Honor

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MEGAN'S POV.
Era arrivata l'ora del verdetto. Affiancai Ivar. Non sembrava nervoso. Anzi, manteneva una calma che mi preoccupava.
Restami accanto... mi aveva suggerito, ed io, incurante degli altri, gli stringevo la mano al suo fianco.
Quando gli avversari si avvicinarono, osservai con orgoglio Ubbe e Bjorn sorridere a Hvitserk.
Non mi sorprendevo che non salutassero Ivar. Ivar li aveva condotti fin lì, incurante della sua famiglia, per poter rivendicare il suo nome da sempre associato alle sue fragilità. Il suo voler essere imprevedibile e inarrestabile... era ciò che più mi attraeva eppure in quel momento non riuscivo a sopportarlo. Stava ferendo TUTTI i suoi fratelli e non se ne rendeva conto.
"Mi appoggerai, qualsiasi sia la mia decisione?" Mi domandò improvvisamente mentre Lagertha si avvicinava per discutere le trattative.
"Certo Ivar. Non aver mai il minimo dubbio su questo. Appoggerò qualsiasi tua decisione per quanto mi possa far arrabbiare."
Lo rassicurai. Gli accarezzai dolcemente la guancia e gli posai un bacio.
Gli occhi infuocati di mio fratello mi fecero ritornare velocemente al mio posto.
Era rigido e ansioso. Aveva accettato una sfida che non gli spettava. Per colpa mia...
"Non è giusto. Ragnar non avrebbe voluto questo. Sta soffrendo nel Valhalla a causa nostra!" Urlò Lagertha attirando l'attenzione di tutti.
Björn l'affiancò, consapevole di pensarla allo stesso modo:
"Non voglio scontrarmi con i miei fratelli . Non voglio farvi del male..."
Ubbe era già corso al fianco di Hvitserk.
"Ivar..." continuò Lagertha, "vincere o perdere andrebbe sempre a tuo svantaggio, se vincessi tutti ti odierebbero per aver combattuto contro i tuoi fratelli, eredi di Ragnar. Perdere significherebbe combattere contro il tuo orgoglio. Non lottiamo per un posto che è già nostro di diritto. Io mi sono solo ripresa ciò che era mio..."
La mano di Ivar stringeva ancora più forte la mia e non riuscivo a capire se fosse per l'ansia o la rabbia.
"Non combattiamo. Ritorniamo quelli di un tempo. Hvitserk... noi siamo cresciuti insieme. Sei la persona più importante della mia vita. Non posso sfidarti ..." Ubbe era quello che più di tutti desiderava la pace .
In cuor mio speravo Ivar accettasse la resa. Quando si alzò per andare incontro ai fratelli il cuore di tutti si fermò per qualche secondo.
Lasciò la mia mano per sorreggersi sul suo ferro. Speravo solo prendesse la decisione migliore.
"Va bene. Non lottiamo più. Rendiamo onore a questa pace." Sussurrò procurando l'ira di re Harald.
Ivar lo zittì: "Mi sento ancora in colpa per la morte di Sigurd, non posso permettermi di portare un altro fratello sulla coscienza."
"Portate i calici e brindiamo alla pace tra i figli di Ragnar!" Ordinò Lagertha esultante.
Mi avvicinai cauta ad Ivar che non sembrava esattamente l'emblema della felicità. Il suo sguardo cupo scrutava attentamente il campo , non si accorse nemmeno che lo stessi seguendo.
"Sono orgogliosa di te..." sussurrai posandogli un bacio sulle labbra. Fu un gesto avventato e spontaneo che, con mia sorpresa, Ivar non respinse: "non esserlo..." .
Scossi il capo e lo baciai di nuovo. Ad ogni mio tocco il suo volto si rilassava.
"Sto per fare una cosa che non approverai" mi informò accarezzandomi i capelli.
"Non fa nulla, purché tu non mi ferisca..."
Il suo sguardo si incupì, mi posò un bacio sulla fronte e si allontanò.
Hvitserk, al contrario di Ivar, era l'uomo più felice del mondo. Felice di poter riabbracciare i suoi fratelli.
Qualcuno si avvicinò lentamente alle mie spalle. Era Björn. Lo avevo riconosciuto dal suo passo sicuro e autoritario;
"Le hai messe, ti stanno bene..." .
Avevo usato le sue forcine per legare i capelli in una treccia lunga e ordinata. Freydis aveva compiuto un miracolo facendomela partire dalla sommità del capo.
"Grazie..." farfugliai imbarazzata.
Björn era l'unica persona che riusciva a procurarmi soggezione e ogni volta che mi rivolgeva la parola mi sentivo vulnerabile e in panico.
"Sei riuscita a convincerlo. Complimenti..." si congratulò.
Non volevo accettare quel complimento non del tutto veritiero.
"Non è così spietato come sembra..." difesi Ivar. Mi sentivo in dovere di difendere il fratello più incompreso ma dal cuore grande. O almeno, era quello che fino ad allora mi aveva dimostrato.
Björn mi si avvicinò, la sua mano segnò il confine del mio volto facendomi confondere:
"Il fatto che non lo sia con te non implica che sia una persona migliore, presto te ne accorgerai..."
Provai a ribattere ma Ivar mi bloccò.
"Megan... vieni a brindare anche tu." Mi ordinò implicitamente.
Il suo volto corrucciato e cupo mi  insospettirono ma cercai di rilassarmi e seguirlo.
Anche Björn mi affiancò. Fu lui a passarmi il bicchiere pieno. Non avevo mai bevuto ma lì me lo permettevano.
"Un brindisi ai figli di Ragnar riuniti e ad una nuova Unione!" Brindò Lagertha.
Ero così distratta dal sapore amarognolo del vino irriconoscibile che non mi accorsi di ciò che mi stava accadendo attorno.
Ivar aveva riversato il suo bicchiere sulla faccia di Ubbe: "Quanto sono blu i miei occhi?"
Guardai Hvitserk e notai la delusione nei suoi occhi.
La pace era improvvisamente e inaspettatamente terminata.
"Ogni volta che i miei occhi sono blu ho più possibilità di rompermi le ossa!" Continuava Ivar.
Volevo sprofondare. Lo sguardo arrabbiato di Ubbe riassumeva l'illusione di tutti.
"Non posso perdonare Lagertha per aver ucciso nostra madre. Come puoi farlo tu?" Non avevo mai visto Ivar così arrabbiato. Aveva scelto di rivendicare sua madre invece che riconciliarsi con i fratelli . Trovavo ingiusto il solo dover scegliere una cosa simile.
Il mio cuore iniziò a palpitare più forte. Stavo per ricombattere. I miei nemici erano i fratelli di Ivar e Hvitserk.
Cacciai fuori la mia spada e mio fratello mi affiancò di slancio.
Eravamo sotto tensione. Anche il campo avversario si era preparato ad affrontare quella guerra.
"Non ora. Non qui." Sussurrò Lagertha rattristata. E tutti ci ritirammo a preparare i nostri piani.
Re Harald e Ivar discutevano il loro progetto di guerra. Hvitserk in un angolino era in silenzio.
Andai da lui e senza dirgli una parola lo abbracciai. Non ci volle molto affinché singhiozzi silenziosi bagnassero la mia armatura.
"Ti voglio bene, Hvitserk. Ti voglio bene..."

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