Capitolo 6: A Sky full of stars

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Indossai dei pantaloni per l'addestramento. Erano più comodi della mia armatura, sicuramente però mi aspettava qualcosa di più complesso degli addestramenti con Heahmund.
Raggiunsi Hvitserk sulle mura che affacciavano all'entrata di York.
"Come stai?" Gli domandai lasciando delle armi sul terreno.
Era pensieroso. I suoi occhi assenti scrutavano un punto indefinito. Era un po' titubante nel rispondermi ma poi lo fece , sciogliendomi il cuore per la fiducia riposta nei miei confronti.
"Vedi laggiù?!" Iniziò indicando un luogo tra gli alberi.
Annuii con il capo velocemente.
"Il cibo non arriva e vedo un'ombra che non mi piace. Credo che stiano per attaccarci." Rivelò piano.
Ebbi il cuore a mille. Stavamo per tornare in battaglia e mio fratello sarebbe venuto da me.
"Grazie Hvitserk per esserti confidato. Ti rivelo anche io qualcosa. Assalire il traino con il cibo è la strategia di mio fratello. Stanno per attaccarvi".
"Attaccarci" mi corresse con un sorriso mentre mi lanciava la spada che raccolsi prontamente.
Ricambiai il suo sorriso e tesi la spada sulla sua spalla in segno di concentrazione e inizio dell'allenamento. Anche lui fece lo stesso.
Il nostro allenamento, però, terminò presto.
Una freccia diretta verso di noi ci spinse a nasconderci ed evitare di farci vedere.
Hvitserk mi spinse sul terreno ristretto e mi incitò a non fare rumore fino a quando non sarebbe calato il silenzio più totale.
"Non ci hanno visto, non avrebbero continuato a lanciare frecce se ti avessero scorto tra le mura." Affermò Hvitserk convinto trovando un modo sicuro per poter entrare nella sala di Ivar.
Tirò un sospiro di sollievo una volta rientrati.
"Hai i riflessi pronti." Osservai guardandolo negli occhi.
"È solo questione di pratica , sono sempre sugli attenti" rispose distogliendo lo sguardo.
Non capivo perché tutti si comportassero così con me.
Sembravano interessati, affascinati da me per poi distogliere lo sguardo e rispondermi freddamente senza un apparente motivo.
Lasciai correre e lanciai le armi prestate ai piedi di Ivar che ci aveva raggiunto, seppur con fatica. Mi allontanai senza una riverenza nè nulla, eppure non potei fare a meno di avvertire il suo sguardo curioso su di me.
Raggiunsi Freydis, l'unica che volessi vedere al momento.
Era nella camera che mi avevano riservato, mentre sistemava un abito sicuramente riservato a me.
"Ho preparato l'acqua per il bagno e questo abito per la cena di stasera, spero vada bene." Sussurrò cauta mentre mi mostrava un abito color ciano tendente all'azzurro. Era stupendo. Cadeva dolcemente sul petto e le braccia lasciando piccole aperture sugli avambracci. Era stretto sul ventre per poi cadere morbidamente fino ai piedi.
"Freydis... è stupendo . Hai ripreso alla perfezione lo stile del Wessex." Mi complimentai facendole spuntare un sorriso.
"Se tornerò mai a Sherborne, ti farò dono dei miei abiti e gioielli. Ne sono troppi e a te starebbero benissimo." Le sussurrai avvicinandomi alla toeletta. Lasciai i capelli lunghi sciolti. Erano così lisci che contrastavano con quelli delle altre signore inglesi. Io però li amavo, riuscivo a legarli o pettinarli senza difficoltà .
"Sei bellissima Megan" sussurrò Freydis piano porgendomi un cerchietto da aggiungere ai capelli ma che rifiutai cercando di non essere scortese e mostrando un sorriso.
"Riuscirai senza dubbio a conquistare Hvitserk..." affermò improvvisamente facendomi sussultare.
"Non ho mai pensato una cosa del genere..." sussurrai imbarazzata scostando il mio volto.
Non solo non avevo mai avuto storie romantiche , non avrei mai potuto immaginare che accadesse con un vichingo.
"Hai mai sedotto un uomo?" Domandò piano accarezzando lentamente il mio abito.
Arrossii violentemente e scossi la testa.
Era peccaminoso, lo sapevo bene. Sapere che mi trovassi in un popolo che viveva nel peccato mi stava iniziando a spaventare. Mi scostai provocando un suo risolino.
"La cena deve essere pronta..." sussurrò per distogliermi dall'imbarazzo.
Farfugliai un sì confuso e mi allontanai.
Nella sala per la cena calò il silenzio più totale quando entrai. Hvitserk lasciò cadere il suo cibo mentre Ivar mi osservava attentamente mettendomi ulteriormente in imbarazzo.
"Allora esiste anche della femminilità in te, Megan." Ironizzò Ivar facendomi roteare gli occhi.
"Tanto per illuminarti, Ivar, a Sherborne indosso solo abiti femminili ed ho già ricevuto 3 proposte di matrimonio escludendo quella di Alfred." Ribattei lasciando il piatto intatto dinanzi a me.
"Non lo voglio , Ivar. Hai migliaia di norreni da sfamare e il cibo è scarso a causa degli inglesi e si presuppone che io sia una di loro, quindi è anche a causa mia. Donalo a loro." Sussurrai allontanandomi.
Ritornai sulla balconata che affacciava alle mura. Il sole era calato e le stelle alimentavano il timore che la mia scelta di restare lì fosse una follia.
Ivar mi raggiunse e , con mia agonia , provai rammarico nel vederlo soffrire ma pur sempre sforzarsi per raggiungermi.
"Fermati..." gli sussurrai preoccupata ma rifiutò qualsiasi aiuto.
"Hai già fatto l'eroina abbastanza. Ascoltami." Iniziò prendendomi il viso, in modo che fissassi i miei occhi nei suoi.
"Finché sarai mia ospite nessuno oserà dire nulla. Non sarà una piccola porzione di pollo a sfamare i norreni. Io ho voluto liberarti e sarai mia responsabilità finché non deciderai di andare via. Se vuoi puoi farlo anche adesso..." sussurrò piano creando un improvviso distacco.
Quelle parole mi fulminarono. Ero completamente incerta sul mio destino. Mi sentivo fuori luogo lì ma così libera che non avevo più bisogno di fuggire con la mia Luna per allontanarmi dalla monotonia.
"Non voglio andarmene, Ivar. Però..." iniziai per rivelargli i miei dubbi ma lui mi anticipò.
"Ti giuro sugli dei che non ucciderò tuo fratello." Mi tranquillizzò accarezzandomi un braccio.
"È l'unica persona che mi è rimasta..."rivelai cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere.
"Lo so, e so anche cosa si prova a veder morire l'unica persona che tiene a te." Si lasciò andare sedendosi sulle mura.
"Ti riferisci a tua madre?" Domandai cauta, certa che non avrebbe reagito bene alla mia curiosità. Invece...
"Sì. Bjorn e sua madre me la pagheranno cara." Promise più a se stesso che a me. Avvertivo uno dei motivi della sua rabbia imponente.
Mi venne un'idea.
Lui mi aveva regalato una promessa preziosa e una delle sue debolezze.
Decisi di proporgli una strategia.
"Ivar, gli inglesi stanno per invaderci ma io ho un'idea." Iniziai.
"Sentiamo..." sussurrò posizionando il suo bastone in ferro dinanzi a sè in posizione d'ascolto. Un inglese non mi avrebbe mai preso in considerazione.
"Alfred una volta mi mostrò un libro sui romani in latino, voleva parlarmi del suo progetto di tradurli in inglese* e... i romani utilizzavano delle fogne. Qui a York ci sono. Sarebbero perfette per nascondervi e fingere che qui non ci sia più alcun vichingo. Crederanno che ve ne sarete andati e invece, mentre festeggeranno deponendo le armi, entrerete in attacco." Rivelai con il cuore in gola.
Stavo ponendo la mia più totale fiducia al nemico.
Ci pensò un secondo su e mi sorrise provando ad alzarsi.
"Non capisco più se dover odiarti o ammirarti..." rivelò piano sorprendendomi.
"Tra l'odio e l'ammirazione vige un confine sottile che può essere varcato in ogni momento. Un po' come l'amore e la paura. Non sai mai quando stai perdendo la prima a favore della seconda e viceversa..." sussurrai cercando i suoi occhi che mi scrutavano incuriositi.
"Continua a parlarmi di questa teoria affascinante. Come fai a collegare amore e paura?" Domandò dolcemente, quasi ne fosse attratto.
"L'amore è come un riparo sicuro..." iniziai osservando la luna, "quando sei spaventato, provi paura e credi che tutto stia per crollare, per cedere e trascinarti giù con sè, è l'unico appiglio sicuro, quello che ti permette di restare a galla, diventando la costante sicura che credi non morirà mai. Poi subentra la paura. La paura di perdere quella persona , di non avere un finale felice... quella paura che porta alla distruzione. Paura di non respirare, di non vivere più. Questa è la linea sottile che divide l'amore e la paura."
Seguì un silenzio carico di tensione.
Non osavo guardarlo negli occhi eppure sentivo il suo sguardo su di me.
Si alzò e sentii il suo respiro lento sulle spalle semi scoperte.
"Vieni con me..." si limitò a dire.
Annuii distrattamente e sicuramente rossa per l'imbarazzo.
Mi portò nelle stalle. Avanzava piano ed io lo aspettavo esitante.
"È arrivata oggi, spingeva forte i cancelli. Credo che ti appartenga..." sussurrò con un sorriso mentre mi indicava un punto lontano.
Mi avvicinai con il cuore in gola sicura di aver capito bene a chi si riferisse.
Luna era lì . Nonostante il manto nero macchiato di fango restava regale ed elegante. Corsi ad abbracciarla mentre Ivar mi seguiva a fatica.
Luna mi riconobbe all'istante. Mi aveva seguita fin lì. Il nostro legame era indistruttibile.
"Sei magnifica stasera. Forse è il momento che lo ammetta." Sussurrò Ivar piano alle mie spalle, sembrava quasi imbarazzato.
Mai quanto me. Sapevo bene che quelle parole ai piedi della luna avrebbero avuto un effetto diverso alla luce del sole. E sarebbe tornato l'Ivar tenebroso di sempre.

* re Alfred ha un ruolo importante nella cultura inglese proprio per le traduzioni di opere importanti e l'istruzione che diede al popolo.

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