Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur Nomen Tuum:
adveniat Regnum Tuum:
fiat voluntas Tua,
sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum
cotidianum da nobis hodie,
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos
dimittimus debitoribus nostris.
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a Malo.Pregai, quando le luci dell'alba illuminarono il nostro cammino e i primi schiamazzi dei soldati stonarono le mie orecchie. Lo facevo sempre. Pregavo prima di ogni allenamento ma quel giorno era diverso. L'intensità che impiegai era l'immedesimazione della tensione accumulata nel mio corpo. Indossai l'elmo prima che qualcuno si accorgesse di me. Quando il primo suono dell'olifante trombò nella selva, mi raggruppai agli altri. Con mio disappunto mi accorsi che anche il principe Alfred era lì con noi. Non avrei contato sul fatto che fosse un buon combattente ma , sicuramente, a seguito della morte di re Ecbert, re Aethelwulf avrebbe voluto che i suoi eredi conoscessero i ruoli di un vero monarca. Aethelred e Alfred erano ancora giovani, avevano più o meno la mia età, eppure avevamo imparato a nostre spese quanto fosse precaria la vita di un re.
Notai anche mio fratello, al fianco del re, a spiegare le strategie della battaglia. Mi affiancai a loro senza rendermi partecipe e dare sospetti. Avevo ancora una piccola possibilità che mio fratello fosse così concentrato sulla ferocia norrena che non mi notasse. Avevo sentito molte storie sui norreni. Li descrivevano come mostri, con elmi adornati da ossa di animali terrificanti che li rendevano simili a creature diaboliche. Erano rozzi, sporchi e del tutto lontani dalla nostra realtà. Inoltre la loro ferocia era tale che, durante la battaglia, le loro iridi sparissero e lasciassero spazio ad un bianco macchiato da vene rosso fuoco pronte ad esplodere. Ero pronta ad accertarmi che tutte le dicerie fossero vere. Lo dubitavo fortemente. I pagani non erano altro che persone come noi ma , mentre noi pregavamo Dio, loro vivono per degli dei illusori che avrebbero sancito il loro destino.
Quando il secondo suono di olifante trapelò nell'aria, iniziammo il nostro cammino verso York. Lì avremmo attaccato. Lì i norreni si erano stabiliti e stanziati lacerando un'intera popolazione e profanando la loro chiesa. Ricordo ancora la sensazione di orrore che provai quando origliai la conversazione tra il re e mio fratello e seppi ciò che avevano fatto alle donne del posto. Nonostante credessi ancora che il re aveva sbagliato nei loro confronti e loro avevano il diritto di vendicarsi, non avrebbero mai dovuto trattare uomini innocenti come se fossero delle cose da usare e gettare. La nostra anima ci rendeva unici e quel giorno avrei dovuto affrontare una delle sfide più difficili : Osservare l'anima di una persona spegnersi e abbandonare il corpo. Avevo sempre pensato, infatti, che l'anima vivesse negli occhi e che , sul letto di morte, quando l'anima volava in cielo, questi ultimi perdessero tutta la loro lucentezza, tutto il loro bagliore.
Mentre Luna, il mio cavallo, proseguiva il suo cammino a passo degli altri, pensavo a se sarei stata capace di una simile responsabilità.
"DA QUESTO MOMENTO IN POI NON SUONEREMO PIU'. DOVREMO ESSERE QUANTO PIU' SILENZIOSI POSSIBILE PER COGLIERLI DI SORPRESA. CHIARO?!" Ordinò il re seguito da un consenso generale che rappresentava il caos prima della quiete. Di fatto un momento dopo ci fu un silenzio tombale. Anche i cavalli smisero di far rumore. Sembrava quasi fosse magico.
Apprezzavo re Aethelwulf. Era il primo a rischiare la vita per proteggere i suoi sudditi e non si era mai tirato indietro. Per quanto ne sapessi, era un buon cavaliere e riusciva sempre a rialzare gli animi degli altri soldati.
Quando arrivammo alle mura di York fui sorpresa di essere accolta da un silenzio più spettrale del nostro. A quell'ora i norreni avrebbero dovuto festeggiare e invece... non si sentiva anima viva. Il re ci incitò a conservare la calma. Abbandonammo i nostri cavalli e salimmo insieme lungo le mura. Credevo fosse un'impresa difficile e, invece, sembrava che ce la stessimo facendo alla grande.
Mi arrampicai aiutandomi con le pietre sovrapposte in maniera disordinata. Quando raggiunsi l'alto fui meravigliata nello scoprire che ci fosse il vuoto più totale.
"Dobbiamo raggiungere la chiesa..." bisbigliavano tutti facendo passaparola. Mio fratello era già sceso dalle mura e perlustrava il territorio con quello sguardo serio tipico dei suoi momenti di concentrazione.
Scesi anche io. Con uno slancio caddi sul suolo bagnato che attenuò il colpo. Nonostante ciò mi feci male ugualmente.
Il cielo era grigio. Stava per scatenarsi una tempesta , quasi come se anche la Terra stesse combattendo con noi. Iniziai il mio cammino seguendo mio fratello. Era l'unico di cui mi fidassi in quell'esercito. Il silenzio vigente ci ossessionò a tal punto che pensai stesse per scoppiare una bomba. Come al solito non mi sbagliai.
Inconsapevole di chi fossi mio fratello mi spinse a terra e , subito dopo, un'ondata di frecce colpì il nostro gruppo.
Iniziai a vederli. Si nascondevano nell'ombra e tra le finestre delle mura. Erano perfettamente umani, come noi. Forse con un po' meno Timore negli occhi.
Strisciai sul terreno bagnato incurante di sporcarmi. La pioggia scendeva a gradinate mentre raggiungevo i vicoletti nascosti della cittadina.
I norreni erano ovunque e avevano un vantaggio: loro vedevano noi, noi nessuno. Era una caccia al lupo impossibile da portare a termine.
Quando fui certa di essere sola mi alzai. Le frecce si nascondevano tra le gocce d'acqua mentre il mio unico intento era trovare l'Alpha e sbloccare la situazione.
Fu in quel momento che lo vidi. Osservava la battaglia dall'arco di una finestra. Il suo volto era oscurato e nascosto da un mantello nero, l'unico segno di riconoscimento erano i suoi occhi, così azzurri da perdersi nel grigio della pioggia .
Quando si accorse che lo stessi osservando , i suoi occhi si spostarono su di me, e un'onda d'odio si impossessò del suo volto. Poco dopo sparì.
Questo fu il movente che mi spinse a cercare gli altri. Mi aveva inquadrata e di sicuro mi avrebbe cercata e uccisa.
Lo rividi poco dopo. Tutti i soldati erano radunati in un solo luogo mentre il ragazzo scrutato poc'anzi avanzava con un carro e l'elmo e , con il colpo di uno dei soldati cadde a terra.
Era quello il momento giusto per colpirlo, era vulnerabile e non avrebbe reagito...
nessuno si mosse... nemmeno quando uccise uno dei nostri e il suo sangue gli bagnava il volto di cui ora riuscivo a intravedere i lineamenti delicati ma tenebrosi .
Non smetteva di ridere, una risata alquanto rude e irrisoria che metteva in mostra denti perfettamente dritti e puliti.
"Vet du ikke hvem eg er? Du kan ikke drepe meg . Vet du ikke hvem eg er? Eg er Ivar the Boneless..."
Non sapete chi sono? Non potete uccidermi! Non sapete chi sono? Sono Ivar The Boneless.
Rimasi stupefatta dalla forza di un uomo che avevo appena realizzato fosse uno storpio. Non capii il significato di tutte le sue parole, conoscevo poco il norreno . Eppure compresi che fosse il figlio di Ragnar Lothbrok, il famoso Ivar the Boneless.
Nessuno osò toccarlo. La rabbia nei suoi occhi era tale da sembrare puro fuoco.
Fu la sua scena a richiamare la sua armata. Poco dopo, infatti, fummo sommersi da norreni inferociti.
E , in quel momento, avvenne l'aspettato.
Uccisi la prima persona. Osservare il suo volto tramortito mi fermò qualche secondo e qualcuno alle mie spalle mi salvò. Era Heahmund . Si era accorto della mia debolezza e mi aveva salvato.
Approfittai del suo aiuto per riprendermi e continuare a combattere. Questa volta funzionò. Con l'appoggio inconsapevole di mio fratello, presi il coraggio di cui necessitavo e iniziai ad uccidere chi mi veniva incontro. Ne arrivò uno, poi un altro .... ne arrivarono altri ancora finché non mi convinsi di dover colpire l'origine... Ivar.
Corsi più che potei verso di lui.
Riuscivo a notare i suoi occhi fissi nei miei in segno di sfida eppure non riuscii a bloccare il suo sorriso. Mi aspettava convinto che non lo avrei ucciso.
Proseguii ed ero quasi arrivata a lui quando qualcuno, inaspettatamente mi colpì con il suo scudo.
Caddi a terra dinanzi ai piedi del vichingo, figlio di Ragnar, e capitò ciò che assolutamente non doveva accadere.
L'elmo mi scivolò dalla testa facendo ricadere sinuosi i miei lunghi capelli lungo la schiena.
Per un attimo il tempo si fermò. Il sorriso divertito del ragazzo dinanzi a me si trasformò in stupore e curiosità. I suoi occhi ghiacciati si bloccarono nei miei in attesa di una mia reazione.
Non ebbi il tempo di reagire. Qualcun altro pensò a smorzare l'atmosfera.
"MEGAN!!!"
La voce di mio fratello rimbombò in tutta la città facendo calare il silenzio più totale.
Il volto di Ivar si spostò dal mio al suo e sorrise nuovamente di gusto.
"Prendetela!" Ordinò al suo esercito facendo ritornare la sua tanto odiata da me risata .
"Lasciatela stare! Lasciatela!" Urlò invano mio fratello. In quel momento la rabbia e la preoccupazione presero il sopravvento sul disappunto nei miei confronti.
Provò ad avvicinarsi a noi ma re Aethelwulf dichiarò la ritirata.
Osservai per l'ultima volta il suo volto corrugarsi innervosito
"Verrò a prenderti, Megan. Te lo assicuro!" Esclamò un' ultima prima che mi trascinassero via dalla sua vista.
STAI LEGGENDO
Love and Fear
Historical FictionMegan ha 17 anni ed è la sorella del vescovo Heahmund di Sherborne. Siamo nel IX secolo dopo cristo e i Pagani attaccano il Wessex e invadono York. Megan è così forte e testarda da manipolare e prendersi gioco di chi le sta attorno. Non a caso riesc...