1- Nuove esperienze e vecchie conoscenze

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La prima regola per assicurarsi che tutto vada secondo i piani
è quella di non avere piani.

«Devo forse ribadire il concetto? Non ho bisogno di parlare!» gridai esasperata alzandomi dal sofà in tessuto della casa in cui vivevo. Con gli occhi dei miei nonni puntati addosso andai nella mia stanza, chiudendo la porta alle mie spalle e fregandomene di aver appena fatto una scenata simile davanti a loro e ringraziando il cielo che, fortunatamente, mia sorella non fosse già a casa quel giorno.
Questo effettivamente non appoggerebbe la mia descrizione da ragazza razionale e con la risposta pronta, ma c'è una risposta a tutto, ed ora ve la spiegherò con molta oggettività.
Ripeto, molta oggettività.

Quando quella mattina nonno John mi aveva accompagnata al mio primo giorno di college non avevo certamente pensato all'inferno che sarebbe stato per me quell'evento. Sarò sincera, non l'avevo nemmeno preso in considerazione.
Dire che era surreale per me essere lì sarebbe da ipocrita, avevo lottato in ogni modo pur di arrivarci e non sarei riuscita a dire neppur provandoci che era un miracolo il mio ingresso al college. La University of Colorado Denver era tutto ciò per cui avevo smaniato per anni ed anni, senza chiedere niente a nessuno e mantenendo tutto con le mie mani. Le nottate passate sui libri, le mattinate con sguardo chino a prendere appunti piuttosto che distrarmi con il primo soffio d'aria che passava erano state ardue, ma avevano portato i loro frutti e questo era ciò che contava. La borsa di studio al college più importante di Denver non è da sottovalutare, e proprio questa non ha fatto altro che aumentare quella modestia che, onestamente parlando, mi ha sempre contraddistinta.
Mi resi conto poco dopo però dell'immensa fortuna che avevo ad essere lì, perché per quanto avessi dato sempre il massimo per poter camminare a testa alta lì dentro il corso degli eventi quotidiani era tremendamente significativo, e certamente non era da escludere che una buona dose di fortuna mi aveva concesso di poter essere lì.
Andai a passo spedito verso la segreteria, chiedendo un po' in giro per evitare di perdermi come spesso accadeva. Una volta giunta lì mi affacciai al bancone dove, poco più dietro, sedeva una donna sulla quarantina dai capelli castani che smanettava al computer in cerca di informazioni a me non concesse.

«Buongiorno» enunciai piano, e solo quando finalmente mise a fuoco la mia figura potei ricevere una sua risposta. «Sono qui per gli orari e l'elenco delle aule».
«Certo, dimmi pure il tuo nome».
«Alenoire Rose Miller» dissi mantenendo lo sguardo sulle azioni che compiva. Nulla d'irregolare, tutto dannatamente poco forzato e al culmine della facilità. Si vedeva che sapeva alla perfezione dove andare a ricercare le informazioni chieste, le stesse che mi consegnò poco dopo stampate su un foglio di carta con bastante nonchalance.
«La ringrazio, buona giornata» le dissi solamente prima di uscire dalla stanza e dileguarmi tra i tanti studenti che erano lì ammassati nei corridoi.

La prima ora sarebbe iniziata dopo circa una decina di minuti, perciò avrei dovuto raggiungere il piano di sopra più velocemente che potevo per non avere la preoccupazione di fare tardi il primo giorno.

"Lista delle cose da tenere a mente.
[...]
5- Non arrivare mai tardi."

Fortunatamente non ci misi molto ad arrivare nell'aula di storia dell'architettura contemporanea, e questo mi permise di poter prendere un posto nella terza fila non occupata praticamente da nessuno. L'aula era semi-deserta, e ciò mi permise di respirare a pieni polmoni ciò che sarebbe stato il giorno migliore della mia vita. Gli uccellini cinguettavano, il sole scaldava notevolmente chiunque incontrasse la sua traiettoria diretta e il clima era decisamente favorevole a fare da margine perfetto di quel dipinto giornaliero.
Poco dopo, sentii la seduta al mio fianco muoversi piano, così aprii gli occhi lentamente e vi trovai una ragazza dai lunghi capelli castani e dai grandi occhi marroni.
«Ciao, non era occupato vero?» mi chiese lei indicando la sedia, così negai distrattamente facendole cenno di poter stare tranquilla.
«Sono sollevata di essere arrivata in anticipo, il tempo non è mai dalla mia parte ma almeno al primo giorno di college sono riuscita a fare uno strappo alla regola. Sono Rebecka Lopez, molto piacere» disse lei porgendomi la mano, così ricambiai il gesto dicendole il mio nome.

Nel ricordo di noi dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora