"Si passa una vita intera a ricercare quel posto che vorremmo chiamare casa, e quando accade... semplicemente sentiamo finalmente di poter tornare a respirare.
Casa mia era lui, e tale sarebbe rimasto.
Per l'eternità."Ryan
Quella mattina, dalla finestra, entrò una luce accecante che mi costrinse a svegliarmi. Sbuffai prima di aprire gli occhi, ma non appena ritrovai accanto a me il viso di Rose, ancora intenta a dormire tranquillamente, mi accorsi di star sorridendo solo dopo svariati minuti.
Mi voltai verso di lei e, con delicatezza, le accarezzai i lunghi capelli mossi che erano disordinati lungo il cuscino. Le scostai una ciocca dal viso stando attento a non svegliarla, per poi posare un braccio sul suo fianco coperto da una mia maglietta. Nel ricordare il giorno precedente mi vennero in mente i nostri sguardi complici, le nostre risate seduti sul divano in salotto mentre guardavamo un quiz show di cui non sapevamo mai le risposte, i pugni leggeri che lei si ostinava a darmi nonostante sapesse non mi smuovessero nemmeno, giusto per quelle battute scomode che le rivolgevo dal nulla.
Se solo qualche mese prima mi avessero detto che presto mi sarei ritrovato con lei accanto ancora una volta, probabilmente avrei fatto il possibile per ignorarlo e rinnegare ciò che era stato pur di non soffrire, eppure mi è bastato rincontrare i suoi occhi quel nostro giorno di università per accorgermi di quanto, invece, io avessi ancora bisogno di lei.
Mi ostinavo a credere il contrario, a dire di aver smesso di darle importanza per proteggermi il cuore, ma bastarono i suoi occhi per farmi rimangiare ogni mia singola parola. Troppo ferito, troppo orgoglioso, troppo pentito. Era questa la verità e ogni parola, paragonata a lei, diventava effimera e volava via, come un granello di sabbia solitario su uno scoglio finito lì per caso, a cui basta una leggera folata di vento per poter volare via e finire nel mare.
A me bastava lei, lo sapevo dal primo istante in cui la vidi cinque anni prima, eppure in quegli anni lontani da lei cercai in ogni modo di nascondere ciò che provavo, perché sapevo sarebbe bastato un piccolo dettaglio per ricadere nel suo ricordo. E accadde spesso, a dirla tutta, in quegli anni lì.
Ogni più piccolo dettaglio mi riportava in mente quello che eravamo stati ma che non eravamo più, e la cosa peggiore era che non riuscivo ad evitarlo.
Fingere disinteresse, spesso, è il primo segnale per dimostrare quanto invece ancora abbiamo un cuore vulnerabile.
In quei due anni distanti divenni uno di quelli che, pur di proteggere anima e cuore, preferivano dimostrare di non averne, perché se solo qualcuno avesse visto ciò che ero davvero si sarebbe reso conto di quanto il mio cuore, seppur ancora presente, era incatenato al ricordo di una ragazza con degli immensi prati incontaminati negli occhi.
Io, come tanti, preferii dimostrare di essere qualcosa che non ero, perché se solo la gente mi avesse visto per ciò che ero davvero si sarebbe accorta di un'anima troppo vulnerabile. La cosa peggiore era che, seppur tenessi di rimanere ferito, ero consapevole che mi stessi chiudendo in me stesso perché speravo in un suo ritorno, certo del fatto che, per quanto avessi provato a negarlo, lei era l'unica in grado di prendersi davvero cura di me.
Tra una carezza e l'altra mi accorsi tardi che si fosse svegliata, ed ero quasi tentato nello scusarmi con lei per questo se non fosse stato che i suoi occhi, in quell'istante, mi avevano fatto rendere conto di quanto ne fossi diventato dipendente.
«Buongiorno...» sussurrò lei con voce impasta dal sonno.
«Buongiorno» dissi invece io sorridendole, «Dormito bene?»
«Benissimo, se non fosse stato per qualcuno che mi è rimasto avvinghiato per tutta la notte sarebbe andata anche meglio.»
«Lo terrò a mente per domani...» dissi io avvicinandomi a lei. «...poi me ne dimenticherò, e quindi si sposterà al giorno dopo, e poi quello dopo ancora.»
«Avrà mai fine questo circolo vizioso?» Mi chiese lei sorridendo.
«Mh, no» dissi io baciandola piano sulle labbra. «Non credo proprio.»***
«Non posso perdere tempo Ryan, devo studiare per le cose che mi sono lasciata dietro!» Disse Rose sorridendomi e opponendo resistenza al mio tentativo di farla sedere accanto a me sul divano.
«Oh andiamo Rose, come se non sapessi che ti manca poco da studiare» dissi catturando il suo sguardo sorpreso, «Cosa credi, che non sapessi che ti sei messa a studiare mentre eri all'ospedale?»
«Chi te l'ha detto?»
«Allora è vero!» Dissi io facendole rendere conto che le mie erano pressoché delle supposizioni. «Il dottore ti aveva detto di riposare!»
«Avevo troppi argomenti indietro...» disse lei colpevole.«Certo, non sia mai che la prima della classe perda il suo esame» dissi ridendo e facendole alzare gli occhi al cielo. «Credi di farcela a recuperare tutto per fare gli esami insieme a noi?»
«Se metti in discussione una cosa simile inizierò a credere che tu non mi conosca come invece dici di fare» disse lei guardandomi con ovvietà. «Se ora tu mi lasci posso andare a studiare, cosa che dovresti fare anche tu, oltretutto.»
«Solo un pochino...» dissi io facendole un'espressione fintamente dolce per far sì che provasse a cedere.
«Devo studiare, Ryan» disse lei avvicinandosi a me e dandomi un leggero bacio a fior di labbra. «Fra un paio d'ore sono di nuovo da te, puoi starne tranquillo.»
«Un paio d'ore?! Sai quante disgrazie potrebbero accadere in due ore? No no, facciamo un'ora.»
«Un'ora e mezza» disse lei mettendomi in disordine i capelli. «E non scenderò a compromessi.»***
«Rose!» Dissi entrando di scatto nella stanza dove stava studiando e vedendola sobbalzare dallo spavento.
«Santo cielo, Ryan!» Disse lei portandosi una mano al petto. «Non puoi entrare in una stanza in questo modo, tantomeno se c'è qualcuno concentrato!»
«Mea culpa, ma ho delle novità molto importanti da comunicarti» dissi sorridendole e affiancandomi a lei. Chiusi di scatto il libro da davanti ai suoi occhi, e con un enorme sorriso portai la sedia dove era seduta all'altezza del letto dove, poco dopo, mi sedetti io. «Sai che, ogni tanto, la tua amica ha anche delle ottime idee?»
«A me spesso e volentieri preoccupano le sue idee» disse guardandomi confusa. «Ma il fatto che una di queste ti piaccia particolarmente mi terrorizza ancor di più.»«Preparati, tesoro mio» dissi fingendomi uno di quei mariti che affidava alle proprie mogli nomignoli stucchevoli. «Fra un mese si va a Los Angeles!»
«Cosa?» Mi chiese guardandomi confusa. «Fra un mese abbiamo gli esami Ryan, come vi salta in mente di partire per le vacanze?»
«Il giorno dopo la fine degli esami andremo in vacanza, partiremo tutti assieme a passeremo le due settimane migliori della nostra vita. Sappi solo che io non te lo sto chiedendo, ti sto semplicemente preparando psicologicamente.»«Devo ricordarmi di bloccare ogni contatto che hai con Becky quando non ci sono» disse lei portandosi una mano sul viso disperata. Risi vedendola così, e prendendole il viso tra le mani le dissi: «Tranquilla, posso sempre chiamare Jacob o Brendon, sappiamo che anche se hanno discusso sarebbe pronto a farsi tutta Denver a piedi per lei.»
«Gli altri ragazzi che dicono di questa vostra fantastica idea?»
«Gli altri hanno già iniziato a preparare le valige.»
«Anche Brendon?!»
«Soprattutto Brendon» dissi sorridendole compiaciuto. «Dovrà pur mettere fine a questa crisi tra lui e la mora, non credi?»«Sì, ma...»
«Nessun ma, Miller» dissi io avvicinandomi a lei. «Fra un mese esatto saremo tutti diretti a Los Angeles, abbiamo già prenotato tutto.»
«È solo un'ora e mezza che sto chiusa qui dentro Ryan! Come avete fatto ad organizzare tutto in così poco tempo?!»
«Guarda bene l'orologio Rose» dissi compiaciuto porgendole il mio cellulare. «Due ore, te l'avevo detto che, in due ore, può accadere di tutto.»
STAI LEGGENDO
Nel ricordo di noi due
ChickLitAlenoire Rose Miller ha sempre e solo avuto una priorità nella sua vita: diventare un'importante figura nel mondo dell'architettura. Per farlo si sa, serve decisamente tanta dedizione e passione, capacità nel prevedere le mosse degli avversari e, so...